APPUNTI TRA ARTE E POESIA

HOME / APPUNTI  DI UN VIAGGIATORE SCOMODO CON

L’ARTE CONTEMPORANEA A PORTATA DI MOUSE

APPUNTI  DI  VIAGGIO

 

Amo l’arte, trovo   ancora interessante visitare  le mostre e le rassegne in galleria, ma soprattutto amo il web, tutto ciò che vi è dentro, ormai  è una  condizione  irrinunciabile a chi si occupa e cerca di  diffondere l’arte. Non essendo succube del diritto d’autore e delle funeree biblioteche intese come archivi statici di conservazione della cultura ufficiale,  sono attratto immensamente dalla comunicazione in tempo reale dentro e fuori  il villaggio globale.  Da qui  nasce l’interesse profondo alla dimensione virtuale  con la creazione e la “messa in opera”  dello Spazio Ophen Art Gallery, del Bongiani Ophen Art Museum e  la piattaforma virtuale Sandro Bongiani Vrspace attivata nel 2021 con all’interno  Unique Space.  

Ecco chiarita la realizzazione delle  mostre interattive progettate  via Web  che io faccio e anche  la  conseguente presentazione di  una raccolta  che  seppur incompleta di testi critici e recensioni scritti in più di un ventennio di lavoro che oltretutto  risultano ancora  attuali e profetici. Testi che ho formulato nel tempo, suddivisi per autori, per dibattito e  anche per strategia poetica. Poi vi sono i testi recenti  al fuori di una inutile classificazione di tendenza e di parrocchia, dedicati  ai più importanti  artisti contemporanei, i miei artisti, quelli che io amo, i miei compagni di strada e di vita, Insomma, quasi una raccolta e una collezione ideale dei desideri che si trasforma   nel web da  archivio privato dei miei pensieri a  straordinario archivio  globale libero e  profondamente  democratico.   

Per caso o forse per necessità mi ritrovo ad essere oggi un interlocutore autosufficiente, un  pò artista, blogger, poeta, critico d’arte, gallerista, e  forse,  lucido osservatore del nostro  presente.

  Bongiani Arte Contemporanea

Segretery: Francesca Bonanno / http://www.ophenvirtualart.it/contatti.php

Biografia di Giovanni  Bonanno: https://ophenartecontemporanea.wordpress.com/2009/01/01/2/ 

 

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http://www.collezionebongianiartmuseum.it/

IL NUOVO MUSEO VIRTUALE ITALIANO

Il Bongiani Ophen  Art  Museum  è il nuovo museo on-line di Arte Contemporanea. Un nuovo spazio espositivo  creato e diretto da Sandro Bongiani  & Giovanni Bonanno in continua evoluzione che presenta  un’ampia scelta di artisti in “Permanenza Virtuale Con/Temporanea”, è un’opportunità unica per tutti coloro che vogliono godere la qualità e l’emozione dell’arte contemporanea.  Il Museo  Virtuale Italiano di Arte Contemporanea  non ha spazio fisico ed è visibile 24 ore su 24. 

Movement: Contemporary Art | Art Moderne | Photography | Mail Art Salerno, Italy Address: Via S. Calenda 105 84126 Salerno (Italia).

Phone: 089 56 48 159 Fax: 089 56 48 159

Contact-Directors/Staff

–  Sandro Bongiani &  Giovanni Bonanno e- mail: 

https://www.sandrobongianivrspace.it/

www.collezionebongianiartmuseum.it | www.ophenvirtualart.it    https://ophenartecontemporanea.wordpress.com/

IL  BONGIANI MUSEUM: LA COLLEZIONE BONGIANI OPHEN ART MUSEUMCONTEMPORARY ART

COLLECTIONCOLLECTION OF CONTEMPORARY GRAPHICS


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Artisti presenti

 Sala 1   Vettor  Pisani

 Sala 2   Mario  NIgro

Sala 3    Romano  Notari

 Sala 4     Joseph  Beuys

 Sala 5    Vittore  Baroni

 Sala 6    Paolo  Gubinelli

 Sala 7    Serge  Segay

 Sala 8    Anna  Boschi

 Sala 9    Ryosuke  Cohen

 Sala 10    Carlo  Ramous

 Sala 11    Guy  Bleus

Sala 12    Mariano Filippetta

 Sala 13    Bruno  Cassaglia

Sala 14   Mauro  Molinari

 Sala 15    Andrea  Bonanno

Sala 16    Alessandra  Angelini

Sala 17    Pascal  Lenoir

 Sala 18    Arnulf  Rainer

 Sala 19    Fausto  Melotti

 Sala 20   Gugliemo Achille  Cavellini

 Sala 21   Marcello  Diotallevi

Sala 22   Luciano  Pera

Sala 23   Emilio  Morandi

Sala 24    Stathis  Chrissicopulos

 Sala 25  Rolando Zucchini

Sala 26    Omar   Galliani

 Sala 27   Paolo Grassino

 Sala 28   Coco Gordon

Sala 29    Ray  Johnson

Sala 30    Franco  Massanova

Sala 31    Guillermo  Deisler

Sala 32    Ruggero  Maggi

 Sala 33    Giuliano  Mauri

Sala 34    Luciano  Caruso

Sala 35    Giuseppe  Modica

Sala 36    Vincenzo  Nucci

Sala 37    Clemente  Padin

 Sala 38    Ercole  Pignatelli

 Sala 39    Ernesto  Terlizzi

Sala 40    Marco Tirelli

Sala 41    Giulia  Napoleone

Sala 42    Paolo  Scirpa

 Sala 43    Shozo  Shimamoto 

 Sala 44    Francesco  Somaini

Sala 45    Mattia  Moreni

Sala 46    Pedro  Cano

Sala 47    Josè  Molina

Sala 48    Mimmo  Paladino


La Galleria e il Museo Virtuale

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/

Visit:

Web Gallery: https://www.sandrobongianivrspace.it/  

 http://www.collezionebongianiartmuseum.it

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/contatti.php

” Tutto il Materiale è  protetto da diritto d’autore “

 Tutti i Diritti  sono riservati,  per qualsiasi richiesta  occorre contattare espressamente l’artista in questione  o il Bongiani Ophen Art Museum che si farà carico personalmente  di contattare l’artista richiesto  per avere Il permesso esplicito di Pubblicazione. 


 

- Logo Sandro Bongiani Vrspace

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LA GALLERIA  INTERATTIVA D‘ARTE CONTEMPORANEA   TUTTA VIRTUALE

Nasce la nuova startup di arte contemporanea  Sandro Bongiani Vrspace

SANDRO BONGIANI VRSPACE è la nuova realtà virtuale di arte contemporanea creata nel 2021 da Sandro  Bongiani Arte Contemporanea. Uno spazio indipendente no-profit impegnato nel sostegno e nella promozione dell’arte contemporanea. L’attuale  interfaccia  presenta la nuova piattaforma con uno spazio interattivo e veloce capace di rispondere alle esigenze concrete degli utenti del web e un pubblico sempre più vasto e desideroso di conoscere l’arte contemporanea  in modo  più diretto e “democratico”.  Dal 2009 abbiamo realizzato progetti internazionali, mostre collettive, personali e retrospettive presentando  diversi  e  interessanti artisti caratterizzati da una propria specifica visione personale dell’arte, cercando così, di dare il nostro reale apporto alla scena artistica culturale internazionale. VRSPACE  non è  una tradizionale galleria d’arte o una semplice presentazione web di un book fotografico di opere d’arte destinate alla vendita on-line, ma uno spazio virtuale innovativo e altamente efficiente che usa le strategie consolidate delle gallerie reali del sistema ufficiale dell’arte in modo nuovo e intelligente. Specializzato nella documentazione dell’ attività di art consulting  e di  diffusione dell’arte contemporanea. Di fatto, l’attività della Sandro Bongiani Arte Contemporanea risulta capace di rispondere alle esigenze concrete degli utenti del web e far conoscere l’arte contemporanea ad un pubblico sempre più vasto e interessato. Queste tre “piattaforme culturali” visibili in tempo reale, risultano per continuità le più importanti gallerie virtuali interattive “no profit” al mondo che operano sistematicamente on line in ambito artistico con un serio programma continuativo di proposte  culturali e con uno spazio sempre aperto, non ha una superficie fisica ma  solo virtuale, si trova idealmente a Salerno ed è visibile in punta di mouse 24 ore su 24 in tutto il mondo.

SANDRO  BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA

LE  MOSTRE IN CORSO:

Grande Mostra Personale di Ray  Johnson, (1927 – 1995).

“Ray Johnson, Relazioni marginali sostenibili / One”

SANDRO BONGIANI VRSPACE

Ritratto di Ray Johnson

Sandro Bongiani Arte Contemporanea è lieta di inaugurare in contemporanea con la 59.  Biennale Internazionale di Venezia 2022 la mostra personale  dal titolo: “Ray Johnson, Relazioni marginali sostenibili / One” a cura di Sandro Bongiani con opere originali ancora inedite facenti parte della Collezione dell’Archivio Coco Gordon di Colorado (USA). Una collaborazione tra Ray Johnson e Coco Gordon durata oltre un ventennio di contatti e assidue frequenze, dagli anni 70 fino al 1995, anno della sua dipartita, collaborando attivamente assieme in interessanti scambi creativi che secondo noi era doveroso far conoscere.  

A distanza di 60 anni dalla nascita della Mail Art (1962) e a 50 anni esatti  (1972) dalla prima  e forse unica mostra in Italia e in Europa di Ray Johnson presso la Galleria Schwarz a Milano di Arturo Schwarz, con una presentazione di Henry Martin, ritorna in Italia un importante evento dell’artista americano con 160 opere originali  tra elaborazioni grafiche, progetti, foto dell’artista, performance  e testi ancora inediti raccolti  nel corso di oltre un ventennio di collaborazioni  tra Ray Johnson e Coco Gordon, presenti ora nell’Archivio Coco Gordon di Colorado (USA) e con 24 opere “add to & return” in appendice  di vari periodi di lavoro creati da artisti che avevano partecipato all’esperienza  innovativa della New York Correspondence Art School.

Una indagine su Ray Johnson  ad ampio raggio, considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York e un pioniere della performance e dell’uso della lingua scritta nell’arte visuale.  Una pratica basata sulla contaminazione tra  collage, fotografia, disegno, performance e testo scritto avvalorato attraverso l’invio postale. Diceva “ho semplicemente dovuto accettare che per una necessità di vita ho scritto molte lettere e dato via molto materiale e informazioni, ed è stata una mia compulsione. E mentre l’ho fatto, è diventato storia. È il mio curriculum, è la mia biografia, è la mia storia, è la mia vita”. I suoi progetti includono prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali e disordini formali. Secondo   Coco Gordon, “i suoi lavori non sono mai singole  operazione assestanti di mail art, ma nascono da piccole storie, da incontri  con le altre persone, da relazioni e  riflessioni  spontanee capaci di innescare  nuovi apporti e nuove azioni al pensero creativo”.

Ray,  non amava tanto essere chiamato un mail artista, ma pensava di poter creare un nuovo gruppo  di lavoro “Pre Pop Shop”  tra Black Mountain e Pop Art. Secondo lui l’arte è vita, del resto, anche la parola “Moticos” utilizzata molto spesso deriva dalla parola osmotic, una specifica qualità caratterizzata da una reciproca influenza, uno scambio fra individui, una compenetrazione di idee, atteggiamenti e realtà culturali, insomma, un nuovo modo di pensare in un processo decisamente fluido e in evoluzione che si rivela in modo puntuale esaminando gli scritti e le azioni performative “Zen Nothings” svolte dall’artista americano. Oggi a distanza di 27 anni dalla morte il suo lavoro sperimentale dagli anni 60’ in poi  è considerato dalla critica parte integrante del movimento Fluxus e persino originale anticipatore della Pop Art americana.

Dopo questo importante evento verrà fatta la  catalogazione circa 500 opere presenti nella Collezione Gordon di Colorado (USA) che presto verranno ufficialmente rese visibili anche online, in modo stabile a scopo  divulgativo e di  consultazione presso  la startup web “Sandro Bongiani Arte Contemporanea” di Salerno, https://www.sandrobongianivrspace.it/  per opportuni studi e approfondimenti  sul lavoro innovativo svolto da questo importante artista pre-pop  americano.

Biografia di Ray Johnson (1927-1995)

Nato il 16 ottobre 1927 a Detroit, nel Michigan, i suoi primi anni di vita comprendevano lezioni sporadiche al Detroit Art Institute e un’estate alla Ox-Bow School di Saugatuck, nel Michigan. Nel 1945, Johnson lasciò Detroit per frequentare il progressivo Black Mountain College in North Carolina. Durante i suoi tre anni nel programma, ha studiato con un certo numero di artisti, tra cui Josef Albers, Jacob Lawrence, John Cage e Willem de Kooning. Trasferitosi a New York nel 1949, Johnson stringe amicizia tra Robert Rauschenberg e Jasper Johns, sviluppando una forma idiosincratica di Pop Art. Nei decenni successivi, Johnson divenne sempre più impegnato in performance e filosofia Zen, fondendo insieme  la pratica artistica con la vita. Il 13 gennaio 1995 Johnson si suicidò, gettandosi da un ponte a Sag Harbor, New York, poi nuotando in mare e annegando. Nel 2002, un documentario sulla vita dell’artista chiamato How to Draw a Bunny,  ci fa capire il suo lavoro di ricerca. Oggi, le sue opere si trovano nelle collezioni della National Gallery of Art di Washington, D.C., del Museum of Modern Art di New York, del Walker Art Center di Minneapolis e del Los Angeles County Museum of Art.

Si ringrazia l’Archivio Coco Gordon del Colorado (USA),  per aver permesso la realizzazione di questo importante evento europeo su Ray Johnson.

 

SANDRO BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA

Opening  30 aprile 2022  h. 18:00

Dal 30 aprile 2022 al 30 giugno 2022

SALERNO

TITOLO: “Ray Johnson, relazioni marginali sostenibili One”

LUOGO: Sandro Bongiani Vrspace

INDIRIZZO: Via S. Calenda 105/D

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

CURATORI:  Coco Gordon e Sandro  Bongiani

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

SITO UFFICIALE: https://www.sandrobongianivrspace.it/

 

LA  MOSTRA IN CORSO:

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SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART  GALLERY

Ray Johnson Project, Relazioni marginali sostenibili”

La Collezione Bongiani Art Museum è lieta di inaugurare presso lo spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno e in contemporanea con la 59.  Biennale Internazionale di Venezia 2022 la mostra collettiva dal titolo:  “Ray Johnson Project, Relazioni marginali sostenibili” a cura di Sandro  Bongiani con un progetto “add to & return” realizzato da Ruggero Maggi nel 1987 con 72  opere  scelte dell’Archivio Amazon di Milano.

Per questo progetto Ray Johnson aveva scritto sul retro di un invito di una sua mostra al Nassau County Museum una frase quando mai profetica.. altro che l’impero della catena di distribuzione di Mr. Bezos! 

Ruggero Maggi scrive: Ray aveva già preso da anni l’abitudine di spedire sue immagini per posta invitando gli artisti ad intervenire nello spirito della New Correspondance School. Le “basi”, inviate agli artisti, come le chiamo io, furono sostanzialmente quattro  in cui si chiedeva  agli artisti di intervenire e rispedire, “add to & return”,  utilizzando le immagini che Johnson mi aveva inviato a metà degli anni ’80. Mi sorprende ancora oggi che alcuni di questi fogli, dopo viaggi postali durati anni, ritornano al mittente!

A distanza di 60 anni dalla nascita della Mail Art (1962) un altro importante evento in Italia dedicato all’artista americano Ray Johnson considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York e un pioniere della performance e dell’uso della lingua scritta nell’arte visuale.  Una pratica basata sulla contaminazione tra  collage, fotografia, disegno, performance e testo scritto avvalorato attraverso l’invio postale. I suoi progetti includono prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali che nascono da piccole storie, da incontri  con le altre persone, da relazioni e  riflessioni  spontanee capaci di innescare  nuovi apporti e nuove azioni al pensiero creativo”.

Secondo  Ray Johnson i l’arte è vita, del resto, anche la parola “Moticos” utilizzata molto spesso deriva dalla parola osmotic, una specifica qualità caratterizzata da una reciproca influenza, uno scambio fra individui, una compenetrazione di idee, atteggiamenti e realtà culturali, insomma, un nuovo modo di pensare in un processo decisamente fluido e in evoluzione che si rivela in modo puntuale esaminando gli scritti e le azioni performative “Zen Nothings” svolte dall’artista americano. Oggi a distanza di 27 anni dalla morte il suo lavoro sperimentale dagli anni 60’ in poi  è considerato dalla critica parte integrante del movimento Fluxus e persino originale anticipatore della Pop Art americana.

Ray Johnson, nel 1962, fondò la New York Correspondance School of Art, una sorta di scuola d’arte per corrispondenza nella quale  gli elaborati  grafici con l’inserimento di timbri e collage venivano  per la prima volta spediti per posta  a conoscenti e persino ignari destinatari, dando  completa autonomia alla comunicazione e rendendo questo nuovo modo di espressione  totalmente libero, al di fuori  di qualsiasi schema imposto e prefissato dal potere culturale e di conseguenza  dal  mercato ufficiale dell’arte.

Precursore  e anima ribelle, presenza enigmatica e convinto individualista, trasgressivo, estroverso, diseredato  ed eremita dell’arte americana, spesso viene  associato al gruppo  Fluxus per il carattere  solitamente  minimal-concettuale dei suoi progetti tuttavia, dobbiamo  segnalare che  Ray Johnson non ha mai fatto parte del  “Fluxus”,  ma ha comunque condiviso le  stesse problematiche e ”l’underground”   sperimentale con molti artisti di questo raggruppamento. 

Nei  primi anni 60, il mitico Johnson si dedicò definitivamente alla Mail Art (l’Arte Postale),  combinando  oggetti trovati  con fumetti, pubblicità, lettere e  anche pittura e colore.  Diceva che “ amava realizzare opere che combinassero giochi di parole, verbali e visivi”.   Nasceva così l’arte postale, divenendo essenzialmente “operazione artistica in progress” di scambi tra individui scavalcando le figure  istituzionali del critico e del gallerista d’arte contemporanea.

Oggi,  ci appare uno dei personaggi più influenti  della  Mail Art  e nel contempo un  grande pioniere solitario dell’arte visuale. americana, influenzando di fatto il futuro dell’arte e  divenendo altresì il punto di riferimento per  nuove generazioni di giovani artisti.  

La Mail Art   -scrive Sandro Bongiani- è una  sorta di strana ragnatela  di comunicazioni  creata da  altrettanti corrispondenti  capace di superare le  infinite distanze geografiche del pianeta coinvolgendo  concretamente  tutte le  Nazioni del mondo in un impressionante e gigantesco puzzle mobile, sempre variabile,  perennemente in movimento”.  L’arte postale con il suo  tentacolare network di  contatti abbraccia  ormai il mondo intero; ogni tessera è una micro-unità di una più vasta e imprevedibile macro-unità che rappresenta un universo diversificato di nuove  energie poetiche, una sorta di  grande “incontro” collettivo, in cui “i giochi di parole non sono solo un gioco”, come giustamente affermava tanti anni fa Alfred Jarry, ma un’altra diversa possibilità di liberarsi dalle costrizioni e dagli impedimenti e  dedicarsi compiutamente all’invenzione e alla  pura creatività. La Mail Art, per tanti artisti è anche  libertà e  soprattutto amore e fratellanza.  

Artisti presenti a questa rassegna internazionale di Mail Art:

Acosta Bentos, Uruguay I Andrej Tišma, Yugoslavia  I Angel Borrero, USA I Angela e Henning Mittendorf, Germania I Anne King, Canada I Antonio Tregnaghi, Italia I Artpool, Ungheria  I B. Charpentier, Francia I Brad Goins, USA I Charles Francois, Belgio I ciTIZeN X, Canada I Cleasby, USA I CrackerJack Kid, USA  I Creative Thing, USA I D. Jenkins, USA I Daniel Daligand, Francia I Daniel Plunkett, ND I Daniele Sasson, Italia I David Tiffen, England I Desireau, Italia I E. F. Higgins III, USA I Emilio Morandi, Italia I Ennio Carbone, Italia I Gaetano Colonna, Italia I Georg Mühleck, Germania I Gerard Barbot, USA I Gilberto Prado, Brasile I Giorgio Nelva, Italia I Giovanni Fontana, Italia I Giovanni Strada, Italia I Giuseppe Canzi, Italia I Guido Bondioli, USA  I Guillermo Deisler, Cile I Harley, Usa I Harry Fox, USA I Heino Otte, Austria I Herbert  A. Meyer, Germania I Irja Lähteenmäki, Finlandia I Isao Yoshii, Giappone I J!B!B!, Spagna I Jenny Soup, USA I John M. Byrum, USA I Jorge Caraballo, Uruguay I Josè Van De Broucke, Belgio I Kees Oosterbaan, NL I Keith Bates, GB I Lancillotto Bellini, Italia I Le Depli Amoreux Mensuel, Francia I Lothar Trott, Svizzera I Mágìco Verdún, Spagna I Marcel Stüssi, Svizzera I Massimo Medola, Italia I Mike Bidner, Canada I Mike Duquette, Canada I Mogens Otto Nielsen, Danimarca I Mukata Takamura, Giappone I Mumbles, USA I Nenad Bogdanović, Yugoslavia I Oh Boy!, USA  I Oronzo Liuzzi, Italia I Pascal Lenoir, Francia I Phosphorusflourish, USA I PLAGIaT, Danimarca I PLUTØNIUM PRESS, Australia I R. & D. Kamperelić, Yugoslavia I Ray Johnson, USA I Rea Nikonova, Russia I Roberto Keppler, Brasile I Roberto Zito, Italia I Rocola, USA I Ronaldo Comix, USA I Rudi Rubberoid, USA I Ruggero Maggi, Italia I Ruud Janssen, NL I Salvatore Anelli, Italia I Salvatore De Rosa, Italia I Shigeru Nakayama, Giappone I Shozo Shimamoto, Giappone I Stewart Home, GB I Thompson, USA I Tim Mc Haughlin, Canada I Walter Rovere, Italia.

Archivio AMAZON di Ruggero Maggi | Ray Johnson / Project Add & Return1. serie | 1987

Si ringrazia l’Archivio AMAZON di Milano creato da Ruggero Maggi nel 1979  per aver permesso la realizzazione di questa importante mostra dedicata all’artista americano Ray Johnson.

 

COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM

TITOLO: Ray Johnson ProjectRelazioni marginali sostenibili

Dal 11 Maggio 2022 al 30 Giugno 2022

SALERNO

Opening 11 maggio 2022 h. 18:00

LUOGO: Spazio Ophen Virtual Art Gallery

INDIRIZZO: Via S. Calenda 105/D

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

CURATORI: Ruggero  Maggi e Sandro  Bongiani

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

SITO UFFICIALE: http://www.collezionebongianiartmuseum.it/


LE  MOSTRE SVOLTE

SANDRO BONGIANI VRSPACE

Mostra Antologica di RCBz, l’arte tra ironia, satira e immaginazione

Anthological Exhibition by RCBz, “Art between allegory, satire and imagination”.

Opere  1970 – 2021

a cura di Sandro  Bongiani

Dal 19 febbraio 2022 al 16 aprile 2022

 Sabato 19 febbraio 2022 alle ore 18.00 la  galleria SANDRO  BONGIANI VRSPACE è lieta di inaugurare la Mostra Antologica di RCBz, l’arte tra ironia, satira e immaginazione.

Dopo  decenni  di ricerca artistica  di digital art e teoria dell’arte,  nell’era del fenomeno  dei NFT  sottovalutiamo  ancora oggi il  ruolo svolto dagli artisti che dagli anni 70 in poi, come nel caso di RCBz, che per un desiderio di autonomia, hanno svolto ricerche e proposte alternative utilizzando la tecnologia e il computer  assai poco concilianti rispetto alle ipotesi prospettate dal  sistema ufficiale dell’arte. L’artista americano RCBz ha sempre vissuto nell’anonimato nonostante sia considerato uno dei migliori creatori di collage digitali in circolazione al mondo. Da diversi decenni RCBz utilizza l’immagine e la stampa digitale per creare l’opera utilizzando una sorta di eterotopia trascorrente tra spazio reale e spazio mentale, tra sintesi e essenza poetica. 72 opere in mostra che abbracciano gran parte del suo lavoro, dai collage degli anni 70’ fino alle opere poetiche del 2021 con una visione sempre tesa a rappresentare la realtà  tra ironia, satira e storia dell’arte.

Una indagine originale nata negli anni 70 sotto forma di collage, evoluta  successivamente con il digitale tra materialità e immaterialità.  Interessato al surrealismo, dal 2007 in poi ha formulato  una sua personale weltanschauung carica di relazioni e di accostamenti inconsueti. Proprio in questi anni nascono opere di grande bellezza e fascino come per esempio “Count and Mrs Masque”, del 2008, “Anita Berber del  2011, oppure,  la serie di opere “Tictac Fin” del 2014. Sono del 2017 le opere digitali in cui ironizza sui politici americani e soprattutto su Trumph rappresentato in tante opere del 2017 a oggi. In questa sua antologica per la prima volta in Italia, sono presenti 13 opere inedite del 2021 create appositamente in omaggio al grande artista americano Ray Johnson.

La sua arte “super-realista” tratta la realtà  frammentando e ricomponendo l’opera in modo altamente visionaria. Una rappresentazione del tutto originale della realtà, con una straordinaria carica visionaria delle cose raccontata in modo poetico tra fantasia, ironia e immaginazione. Non si tratta semplicemente di puro e semplice riporto d’immagini digitali perché non rappresenta la pelle semplicistica del mondo esterno, gli oggetti, le cose, ma il non visto s/velato attraverso frammenti di immagini  volutamente recuperati e  interpretati per mezzo l’elaborazione  combinatoria digitale. Il risultato ottenuto è aver prodotto nel corso di diversi anni di lavoro nuove situazioni di tipo immaginifico destrutturate e nel contempo ricomposte del tutto nuove. Alla fine sta solo allo spettatore saper decifrare e decriptare le immagini prodotte dall’artista. Un chiaro atteggiamento decisamente visionario della realtà in una commistione di elementi che di fatto alterano il normale rapporto delle cose trasformandosi in qualcosa di altro, mai esistito  e molto più concreto. Queste  riflessioni mentali nascono e vivono in questo anestetizzato contesto storico-sociale carico di grande incertezza e disumanità in cui si confezionano incomprensioni, ingiustizie e reiterati condizionamenti sociali. 

Si ringrazia l’Archivio RCBz del Minnesota,  e la Collezione Bongiani Art Museum di Salerno per aver permesso la realizzazione di questa importante mostra antologica.

Mostra antologica di RCBz 

SANDRO  BONGIANI VRSPACE

ANTOLOGICA DI RCBz / l’arte tra ironia, satira e immaginazione

Opere 1970  – 2021

Vernissage 19 febbraio  2022 ore 18:00

Via S. Calenda, 105/D – Salerno (Italy). Tel/Fax 089 56 48 159
e-mail:  bongianimuseum@gmail.com    
Web evento: https://www.sandrobongianivrspace.it/

 Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

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SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

MOSTRA COLLETTIVA INTERNAZIONALE

Marginal Artistamps History, the alternative artist philately”

a cura di Sandro  Bongiani

Dal 28 febbraio 2022 al 24 aprile 2022

Irma Blank, Italia

Opera di Irma Blank, Italia

La mostra vuole indagare  un diverso approccio all’arte e alle ricerche in atto. Dopo la Collettiva Internazionale “ARTISTAMPS / Interfolio all’Encyclopedie Covid-19”, del 2020 sul problema urgente della pandemia capitalistica globale da Coronavirus, ecco un’altra rassegna dal titolo  “Marginal Artistamps History”, una sorta di breve storia dell’artistamps  svolta con una lettura puntuale di come intendere il francobollo d’artista. Una indagine a tutto campo di come si è sviluppata la ricerca dell’artistamps nel corso di circa cento anni di proposte internazionali da parte degli artisti “marginali attivi” interessati a una diversa creatività non uniformata al sistema ufficiale dell’arte. Lo scopo della mostra è far conoscere meglio la creatività marginale degli artisti di frontiera. Insomma, una sorta di pagina storica di come si è evoluta nel tempo questa pratica, spesso pensata come  interferenza riflessiva e poetica capace  di viaggiare e percorrere il mondo e far riflettere sui temi di un momento reale o fantastico della vita.

Con il termine Artistamps, si intendono i “francobolli d’artista”, le creazioni grafiche degli artisti (francobolli errati, non ufficiali e non postali) che orbitano di preferenza nella Mail Art, nella Poesia visiva e più in generale nella cosiddetta arte Concettuale, opere   che ricordano e  interpretano in maniera originale le affrancature emesse dai Servizi postali ufficiali delle varie nazioni. Perché possano venire considerati francobolli d’artista (artistamps), i lavori devono avere forma di francobollo, la dentellatura, la piccola dimensione, l’utilizzo della carta gommata, che poi questa forma base venga spesso stravolta fa parte dell’operazione artistica, sempre nel limite che essa  sia ancora riconoscibile e quindi possa essere ancora recepita visivamente. Per far sì che un limite venga davvero superato occorre che ci sia la premessa e quindi l’illusione di avere in mano un “francobollo”. Tuttavia, se sono “in forma di francobollo”, non  vuol dire  necessariamente che i francobolli d’artista “lo sono davvero” come afferma giustamente in un suo intervento Mirella Bentivoglio, pertanto, non sono da considerarsi semplici creazioni tipografiche a valore legale in funzione di una reale spedizione postale. 

Le opere di Artistamps, spedite per posta sono la chiara testimonianza di un viaggio che si arricchisce sempre più di nuove proposte comunicative divenendo parte dell’opera stessa. Ecco svelato il potere trasformatore e liberatorio della parola “”artistamps” capace di  condividere, provvisoriamente la forma di un francobollo per indicare una funzione momentanea, per poi, magari  trovare subito un diverso ordine e sbocco linguistico, divenendo molto spesso efficace messaggio poetico in grado di superare barriere e limiti fittizi. L’aggiunta di un timbro al francobollo su una busta, rielaborato in un formato decisamente diverso rispetto ai francobolli ufficiali in corso dei servizi postali alla fine vanno a decretare un diverso stato di appartenenza portando una sorta di riflessione sulle immagini e sui segni di un momento reale o fantastico del vivere.

Tutto nasce come fenomeno artistico “underground” con le prime proposte degli anni 20 nate da un “errore filatelico” di Giacomo Balla, e soprattutto dal 1937 in poi, da alcuni pionieri di questa forma come per esempio Karl Schwesig e Michael V. Hitrovo. Solo  negli anni ’60, con la diffusione della Mail Art, ideata da Ray Johnson condividendo le proposte del movimento Fluxus: una forma d’arte essenzialmente e totalmente svincolata da giochi di potere e libera da qualsiasi logica produttiva si poté assistere a una diffusione di questa pratica che nel 1982 Thomas Michael Bidner  coniò il termine “Artistamp”.

In questa rassegna internazionale vengono presentate 72 opere dei  principali artisti storici e  da importanti autori contemporanei ancora attivi. Dai francobolli del 1924 di Giacomo Balla ai primi artistamps dell’artista espressionista tedesco  Karl Schwesig,  dal russo Michael V. Hitrovo al francese Yves Klein, Ray Johnson, George Maciunas,  Guglielmo Achille Cavellini, Clemente Padin, Lamberto Pignotti, Enzo Benedetto, E. F. Higgins III, Guy Bleus, Edwin Varney, Paolo Scirpa, Shozo Shimamoto, Ruggero Maggi, Jas W Felter,  Ben Vautier, John Held JR, Anna Banana, Piermario Ciani, Ryosuke Cohen, Irma  Blank,  RCBz, BuZ Blurr, Carl T. Chew, Darlene  Altschul, Chuck Welch, Marcello Diotallevi, Matthew Rose, Vittore  Baroni, Ruud Janssen, Pascal Lenoir, Otto D  Sherman, Anna Boschi, Crackerjack Kid, Mauro Molinari, Ko De Jonge, Gyorgy Galantai, John  M. Bennett, Michael Leigh, e persino Mirella  Bentivoglio,  fino agli artisti contemporanei di oggi. Sono presenti in mostra le opere  della Collezione Bongiani Art Museum di Salerno e anche diverse opere  storiche di importanti istituzioni e collezioni private. 

72 ARTISTI PRESENTI  A QUESTA  RASSEGNA INTERNAZIONALE DI  ARTISTAMPS

Giacomo Balla, Italia I  Karl Schwesig I Germania I Michael V. Hitrovo, Russia I Ives Klein, Francia I Ray Johnson, USA I  George Maciunas, USA  I Lamberto Pignotti, Italia I Guglielmo Achille Cavellini, Italia I  E. F. Higgins III, Usa I  Clemente Padin, Uruguay Enzo Benedetto e Giulio Lotti, Italia I Guy Bleus, Belgio I  Edwin Varney, Canada  I Mirella  Bentivoglio, Italia I Paolo Scirpa, Italia I Shozo Shimamoto, Giappone I Ruggero Maggi, Italia I Jas W Felter,  Canada I  Ben Vautier, Francia I John Held JR, Usa I  Anna Banana, Usa I  Piermario Ciani, Italia I  Ryosuke  Cohen, Giappone I Irma  Blank, Italia I RCBz, – Usa I BuZ Blurr, Usa I Carl T. Chew, Usa I Darlene  Altschul, Usa I Chuck Welch, Usa I Marcello Diotallevi, Italia I Matthew Rose, Francia I  Vittore  Baroni, Italia I Ruud Janssen, Olanda I  Pascal Lenoir, Francia I Otto D  Sherman, Usa I C. Mehrl Bennett, Usa I Anna Boschi, Italia I Dmitry Babenko, Russia I Crackerjack Kid, Usa I Greta Schodl, Austria I Alexander Kholopov, Russia I Marina Salmaso, Danimarca I Bobo Bianchi, Italia I Giovanni Bonanno, Italia I Michel Della Vedova, Francia Mauro Molinari, Italia I  Natalie Lamanova, Russia I Willie  Marlowe, Usa I  Daniel Daligand, Francia I Domenico Ferrara Foria  Italia I On Boy Mailart, Usa I Ko De Jonge, Olanda I Giancarlo Pucci, Italia I Gyorgy Galantai, Ungheria I Picasso  Gaglione, Usa I  Jurgen O. Olbrich, Germania I John  M. Bennett, Usa I Valery Shimanovsky, Russia I Michael Leigh, Gran Bretagna PtrziaTictac, Germania I D.C. Spaulding, Usa I Remy Penard, Francia I Ferrari Ezio, Belgio I Fernanda Fedi, Italia I Gianni Romeo, Italia I Gino  Gini, Italia I Emilio Morandi Italia I Claudio Grandinetti, Italia I Serse Luigetti, Italia I Antonio Sassu, Italia I Alfonso Caccavale, Italia I Pablo Dorico Sempere, Danimarca.

SANDRO  BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA

LE  MOSTRE IN CORSO:

Grande Mostra Personale di Ray  Johnson, (1927 – 1995).

“Ray Johnson, Relazioni marginali sostenibili / One”

SANDRO BONGIANI VRSPACE

Ritratto di Ray Johnson

Sandro Bongiani Arte Contemporanea è lieta di inaugurare in contemporanea con la 59.  Biennale Internazionale di Venezia 2022 la mostra personale  dal titolo: “Ray Johnson, Relazioni marginali sostenibili / One” a cura di Sandro Bongiani con opere originali ancora inedite facenti parte della Collezione dell’Archivio Coco Gordon di Colorado (USA). Una collaborazione tra Ray Johnson e Coco Gordon durata oltre un ventennio di contatti e assidue frequenze, dagli anni 70 fino al 1995, anno della sua dipartita, collaborando attivamente assieme in interessanti scambi creativi che secondo noi era doveroso far conoscere.  

A distanza di 60 anni dalla nascita della Mail Art (1962) e a 50 anni esatti  (1972) dalla prima  e forse unica mostra in Italia e in Europa di Ray Johnson presso la Galleria Schwarz a Milano di Arturo Schwarz, con una presentazione di Henry Martin, ritorna in Italia un importante evento dell’artista americano con 160 opere originali  tra elaborazioni grafiche, progetti, foto dell’artista, performance  e testi ancora inediti raccolti  nel corso di oltre un ventennio di collaborazioni  tra Ray Johnson e Coco Gordon, presenti ora nell’Archivio Coco Gordon di Colorado (USA) e con 24 opere “add to & return” in appendice  di vari periodi di lavoro creati da artisti che avevano partecipato all’esperienza  innovativa della New York Correspondence Art School.

Una indagine su Ray Johnson  ad ampio raggio, considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York e un pioniere della performance e dell’uso della lingua scritta nell’arte visuale.  Una pratica basata sulla contaminazione tra  collage, fotografia, disegno, performance e testo scritto avvalorato attraverso l’invio postale. Diceva “ho semplicemente dovuto accettare che per una necessità di vita ho scritto molte lettere e dato via molto materiale e informazioni, ed è stata una mia compulsione. E mentre l’ho fatto, è diventato storia. È il mio curriculum, è la mia biografia, è la mia storia, è la mia vita”. I suoi progetti includono prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali e disordini formali. Secondo   Coco Gordon, “i suoi lavori non sono mai singole  operazione assestanti di mail art, ma nascono da piccole storie, da incontri  con le altre persone, da relazioni e  riflessioni  spontanee capaci di innescare  nuovi apporti e nuove azioni al pensero creativo”.

Ray,  non amava tanto essere chiamato un mail artista, ma pensava di poter creare un nuovo gruppo  di lavoro “Pre Pop Shop”  tra Black Mountain e Pop Art. Secondo lui l’arte è vita, del resto, anche la parola “Moticos” utilizzata molto spesso deriva dalla parola osmotic, una specifica qualità caratterizzata da una reciproca influenza, uno scambio fra individui, una compenetrazione di idee, atteggiamenti e realtà culturali, insomma, un nuovo modo di pensare in un processo decisamente fluido e in evoluzione che si rivela in modo puntuale esaminando gli scritti e le azioni performative “Zen Nothings” svolte dall’artista americano. Oggi a distanza di 27 anni dalla morte il suo lavoro sperimentale dagli anni 60’ in poi  è considerato dalla critica parte integrante del movimento Fluxus e persino originale anticipatore della Pop Art americana.

Dopo questo importante evento verrà fatta la  catalogazione circa 500 opere presenti nella Collezione Gordon di Colorado (USA) che presto verranno ufficialmente rese visibili anche online, in modo stabile a scopo  divulgativo e di  consultazione presso  la startup web “Sandro Bongiani Arte Contemporanea” di Salerno, https://www.sandrobongianivrspace.it/  per opportuni studi e approfondimenti  sul lavoro innovativo svolto da questo importante artista pre-pop  americano.

Biografia di Ray Johnson (1927-1995)

Nato il 16 ottobre 1927 a Detroit, nel Michigan, i suoi primi anni di vita comprendevano lezioni sporadiche al Detroit Art Institute e un’estate alla Ox-Bow School di Saugatuck, nel Michigan. Nel 1945, Johnson lasciò Detroit per frequentare il progressivo Black Mountain College in North Carolina. Durante i suoi tre anni nel programma, ha studiato con un certo numero di artisti, tra cui Josef Albers, Jacob Lawrence, John Cage e Willem de Kooning. Trasferitosi a New York nel 1949, Johnson stringe amicizia tra Robert Rauschenberg e Jasper Johns, sviluppando una forma idiosincratica di Pop Art. Nei decenni successivi, Johnson divenne sempre più impegnato in performance e filosofia Zen, fondendo insieme  la pratica artistica con la vita. Il 13 gennaio 1995 Johnson si suicidò, gettandosi da un ponte a Sag Harbor, New York, poi nuotando in mare e annegando. Nel 2002, un documentario sulla vita dell’artista chiamato How to Draw a Bunny,  ci fa capire il suo lavoro di ricerca. Oggi, le sue opere si trovano nelle collezioni della National Gallery of Art di Washington, D.C., del Museum of Modern Art di New York, del Walker Art Center di Minneapolis e del Los Angeles County Museum of Art.

Si ringrazia l’Archivio Coco Gordon del Colorado (USA),  per aver permesso la realizzazione di questo importante evento europeo su Ray Johnson.

 

SANDRO BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA

Opening  30 aprile 2022  h. 18:00

Dal 30 aprile 2022 al 30 giugno 2022

SALERNO

TITOLO: “Ray Johnson, relazioni marginali sostenibili One”

LUOGO: Sandro Bongiani Vrspace

INDIRIZZO: Via S. Calenda 105/D

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

CURATORI:  Coco Gordon e Sandro  Bongiani

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

SITO UFFICIALE: https://www.sandrobongianivrspace.it/

 

LA  MOSTRA IN CORSO:

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SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART  GALLERY

Ray Johnson Project, Relazioni marginali sostenibili”

La Collezione Bongiani Art Museum è lieta di inaugurare presso lo spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno e in contemporanea con la 59.  Biennale Internazionale di Venezia 2022 la mostra collettiva dal titolo:  “Ray Johnson Project, Relazioni marginali sostenibili” a cura di Sandro  Bongiani con un progetto “add to & return” realizzato da Ruggero Maggi nel 1987 con 72  opere  scelte dell’Archivio Amazon di Milano.

Per questo progetto Ray Johnson aveva scritto sul retro di un invito di una sua mostra al Nassau County Museum una frase quando mai profetica.. altro che l’impero della catena di distribuzione di Mr. Bezos! 

Ruggero Maggi scrive: Ray aveva già preso da anni l’abitudine di spedire sue immagini per posta invitando gli artisti ad intervenire nello spirito della New Correspondance School. Le “basi”, inviate agli artisti, come le chiamo io, furono sostanzialmente quattro  in cui si chiedeva  agli artisti di intervenire e rispedire, “add to & return”,  utilizzando le immagini che Johnson mi aveva inviato a metà degli anni ’80. Mi sorprende ancora oggi che alcuni di questi fogli, dopo viaggi postali durati anni, ritornano al mittente!

A distanza di 60 anni dalla nascita della Mail Art (1962) un altro importante evento in Italia dedicato all’artista americano Ray Johnson considerato dalla critica negli anni 60’ per essere “il più famoso artista sconosciuto di New York e un pioniere della performance e dell’uso della lingua scritta nell’arte visuale.  Una pratica basata sulla contaminazione tra  collage, fotografia, disegno, performance e testo scritto avvalorato attraverso l’invio postale. I suoi progetti includono prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali che nascono da piccole storie, da incontri  con le altre persone, da relazioni e  riflessioni  spontanee capaci di innescare  nuovi apporti e nuove azioni al pensiero creativo”.

Secondo  Ray Johnson i l’arte è vita, del resto, anche la parola “Moticos” utilizzata molto spesso deriva dalla parola osmotic, una specifica qualità caratterizzata da una reciproca influenza, uno scambio fra individui, una compenetrazione di idee, atteggiamenti e realtà culturali, insomma, un nuovo modo di pensare in un processo decisamente fluido e in evoluzione che si rivela in modo puntuale esaminando gli scritti e le azioni performative “Zen Nothings” svolte dall’artista americano. Oggi a distanza di 27 anni dalla morte il suo lavoro sperimentale dagli anni 60’ in poi  è considerato dalla critica parte integrante del movimento Fluxus e persino originale anticipatore della Pop Art americana.

Ray Johnson, nel 1962, fondò la New York Correspondance School of Art, una sorta di scuola d’arte per corrispondenza nella quale  gli elaborati  grafici con l’inserimento di timbri e collage venivano  per la prima volta spediti per posta  a conoscenti e persino ignari destinatari, dando  completa autonomia alla comunicazione e rendendo questo nuovo modo di espressione  totalmente libero, al di fuori  di qualsiasi schema imposto e prefissato dal potere culturale e di conseguenza  dal  mercato ufficiale dell’arte.

Precursore  e anima ribelle, presenza enigmatica e convinto individualista, trasgressivo, estroverso, diseredato  ed eremita dell’arte americana, spesso viene  associato al gruppo  Fluxus per il carattere  solitamente  minimal-concettuale dei suoi progetti tuttavia, dobbiamo  segnalare che  Ray Johnson non ha mai fatto parte del  “Fluxus”,  ma ha comunque condiviso le  stesse problematiche e ”l’underground”   sperimentale con molti artisti di questo raggruppamento. 

Nei  primi anni 60, il mitico Johnson si dedicò definitivamente alla Mail Art (l’Arte Postale),  combinando  oggetti trovati  con fumetti, pubblicità, lettere e  anche pittura e colore.  Diceva che “ amava realizzare opere che combinassero giochi di parole, verbali e visivi”.   Nasceva così l’arte postale, divenendo essenzialmente “operazione artistica in progress” di scambi tra individui scavalcando le figure  istituzionali del critico e del gallerista d’arte contemporanea.

Oggi,  ci appare uno dei personaggi più influenti  della  Mail Art  e nel contempo un  grande pioniere solitario dell’arte visuale. americana, influenzando di fatto il futuro dell’arte e  divenendo altresì il punto di riferimento per  nuove generazioni di giovani artisti.  

La Mail Art   -scrive Sandro Bongiani- è una  sorta di strana ragnatela  di comunicazioni  creata da  altrettanti corrispondenti  capace di superare le  infinite distanze geografiche del pianeta coinvolgendo  concretamente  tutte le  Nazioni del mondo in un impressionante e gigantesco puzzle mobile, sempre variabile,  perennemente in movimento”.  L’arte postale con il suo  tentacolare network di  contatti abbraccia  ormai il mondo intero; ogni tessera è una micro-unità di una più vasta e imprevedibile macro-unità che rappresenta un universo diversificato di nuove  energie poetiche, una sorta di  grande “incontro” collettivo, in cui “i giochi di parole non sono solo un gioco”, come giustamente affermava tanti anni fa Alfred Jarry, ma un’altra diversa possibilità di liberarsi dalle costrizioni e dagli impedimenti e  dedicarsi compiutamente all’invenzione e alla  pura creatività. La Mail Art, per tanti artisti è anche  libertà e  soprattutto amore e fratellanza.  

Artisti presenti a questa rassegna internazionale di Mail Art:

Acosta Bentos, Uruguay I Andrej Tišma, Yugoslavia  I Angel Borrero, USA I Angela e Henning Mittendorf, Germania I Anne King, Canada I Antonio Tregnaghi, Italia I Artpool, Ungheria  I B. Charpentier, Francia I Brad Goins, USA I Charles Francois, Belgio I ciTIZeN X, Canada I Cleasby, USA I CrackerJack Kid, USA  I Creative Thing, USA I D. Jenkins, USA I Daniel Daligand, Francia I Daniel Plunkett, ND I Daniele Sasson, Italia I David Tiffen, England I Desireau, Italia I E. F. Higgins III, USA I Emilio Morandi, Italia I Ennio Carbone, Italia I Gaetano Colonna, Italia I Georg Mühleck, Germania I Gerard Barbot, USA I Gilberto Prado, Brasile I Giorgio Nelva, Italia I Giovanni Fontana, Italia I Giovanni Strada, Italia I Giuseppe Canzi, Italia I Guido Bondioli, USA  I Guillermo Deisler, Cile I Harley, Usa I Harry Fox, USA I Heino Otte, Austria I Herbert  A. Meyer, Germania I Irja Lähteenmäki, Finlandia I Isao Yoshii, Giappone I J!B!B!, Spagna I Jenny Soup, USA I John M. Byrum, USA I Jorge Caraballo, Uruguay I Josè Van De Broucke, Belgio I Kees Oosterbaan, NL I Keith Bates, GB I Lancillotto Bellini, Italia I Le Depli Amoreux Mensuel, Francia I Lothar Trott, Svizzera I Mágìco Verdún, Spagna I Marcel Stüssi, Svizzera I Massimo Medola, Italia I Mike Bidner, Canada I Mike Duquette, Canada I Mogens Otto Nielsen, Danimarca I Mukata Takamura, Giappone I Mumbles, USA I Nenad Bogdanović, Yugoslavia I Oh Boy!, USA  I Oronzo Liuzzi, Italia I Pascal Lenoir, Francia I Phosphorusflourish, USA I PLAGIaT, Danimarca I PLUTØNIUM PRESS, Australia I R. & D. Kamperelić, Yugoslavia I Ray Johnson, USA I Rea Nikonova, Russia I Roberto Keppler, Brasile I Roberto Zito, Italia I Rocola, USA I Ronaldo Comix, USA I Rudi Rubberoid, USA I Ruggero Maggi, Italia I Ruud Janssen, NL I Salvatore Anelli, Italia I Salvatore De Rosa, Italia I Shigeru Nakayama, Giappone I Shozo Shimamoto, Giappone I Stewart Home, GB I Thompson, USA I Tim Mc Haughlin, Canada I Walter Rovere, Italia.

Archivio AMAZON di Ruggero Maggi | Ray Johnson / Project Add & Return1. serie | 1987

Si ringrazia l’Archivio AMAZON di Milano creato da Ruggero Maggi nel 1979  per aver permesso la realizzazione di questa importante mostra dedicata all’artista americano Ray Johnson.

 

COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM

TITOLO: Ray Johnson ProjectRelazioni marginali sostenibili

Dal 11 Maggio 2022 al 30 Giugno 2022

SALERNO

Opening 11 maggio 2022 h. 18:00

LUOGO: Spazio Ophen Virtual Art Gallery

INDIRIZZO: Via S. Calenda 105/D

ORARI:  tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

CURATORI: Ruggero  Maggi e Sandro  Bongiani

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

SITO UFFICIALE: http://www.collezionebongianiartmuseum.it/


LE  MOSTRE SVOLTE

SANDRO BONGIANI VRSPACE

Mostra Antologica di RCBz, l’arte tra ironia, satira e immaginazione

Anthological Exhibition by RCBz, “Art between allegory, satire and imagination”.

Opere  1970 – 2021

a cura di Sandro  Bongiani

Dal 19 febbraio 2022 al 16 aprile 2022

 Sabato 19 febbraio 2022 alle ore 18.00 la  galleria SANDRO  BONGIANI VRSPACE è lieta di inaugurare la Mostra Antologica di RCBz, l’arte tra ironia, satira e immaginazione.

Dopo  decenni  di ricerca artistica  di digital art e teoria dell’arte,  nell’era del fenomeno  dei NFT  sottovalutiamo  ancora oggi il  ruolo svolto dagli artisti che dagli anni 70 in poi, come nel caso di RCBz, che per un desiderio di autonomia, hanno svolto ricerche e proposte alternative utilizzando la tecnologia e il computer  assai poco concilianti rispetto alle ipotesi prospettate dal  sistema ufficiale dell’arte. L’artista americano RCBz ha sempre vissuto nell’anonimato nonostante sia considerato uno dei migliori creatori di collage digitali in circolazione al mondo. Da diversi decenni RCBz utilizza l’immagine e la stampa digitale per creare l’opera utilizzando una sorta di eterotopia trascorrente tra spazio reale e spazio mentale, tra sintesi e essenza poetica. 72 opere in mostra che abbracciano gran parte del suo lavoro, dai collage degli anni 70’ fino alle opere poetiche del 2021 con una visione sempre tesa a rappresentare la realtà  tra ironia, satira e storia dell’arte.

Una indagine originale nata negli anni 70 sotto forma di collage, evoluta  successivamente con il digitale tra materialità e immaterialità.  Interessato al surrealismo, dal 2007 in poi ha formulato  una sua personale weltanschauung carica di relazioni e di accostamenti inconsueti. Proprio in questi anni nascono opere di grande bellezza e fascino come per esempio “Count and Mrs Masque”, del 2008, “Anita Berber del  2011, oppure,  la serie di opere “Tictac Fin” del 2014. Sono del 2017 le opere digitali in cui ironizza sui politici americani e soprattutto su Trumph rappresentato in tante opere del 2017 a oggi. In questa sua antologica per la prima volta in Italia, sono presenti 13 opere inedite del 2021 create appositamente in omaggio al grande artista americano Ray Johnson.

La sua arte “super-realista” tratta la realtà  frammentando e ricomponendo l’opera in modo altamente visionaria. Una rappresentazione del tutto originale della realtà, con una straordinaria carica visionaria delle cose raccontata in modo poetico tra fantasia, ironia e immaginazione. Non si tratta semplicemente di puro e semplice riporto d’immagini digitali perché non rappresenta la pelle semplicistica del mondo esterno, gli oggetti, le cose, ma il non visto s/velato attraverso frammenti di immagini  volutamente recuperati e  interpretati per mezzo l’elaborazione  combinatoria digitale. Il risultato ottenuto è aver prodotto nel corso di diversi anni di lavoro nuove situazioni di tipo immaginifico destrutturate e nel contempo ricomposte del tutto nuove. Alla fine sta solo allo spettatore saper decifrare e decriptare le immagini prodotte dall’artista. Un chiaro atteggiamento decisamente visionario della realtà in una commistione di elementi che di fatto alterano il normale rapporto delle cose trasformandosi in qualcosa di altro, mai esistito  e molto più concreto. Queste  riflessioni mentali nascono e vivono in questo anestetizzato contesto storico-sociale carico di grande incertezza e disumanità in cui si confezionano incomprensioni, ingiustizie e reiterati condizionamenti sociali. 

Si ringrazia l’Archivio RCBz del Minnesota,  e la Collezione Bongiani Art Museum di Salerno per aver permesso la realizzazione di questa importante mostra antologica.

Mostra antologica di RCBz 

SANDRO  BONGIANI VRSPACE

ANTOLOGICA DI RCBz / l’arte tra ironia, satira e immaginazione

Opere 1970  – 2021

Vernissage 19 febbraio  2022 ore 18:00

Via S. Calenda, 105/D – Salerno (Italy). Tel/Fax 089 56 48 159
e-mail:  bongianimuseum@gmail.com    
Web evento: https://www.sandrobongianivrspace.it/

 Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

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SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

MOSTRA COLLETTIVA INTERNAZIONALE

Marginal Artistamps History, the alternative artist philately”

a cura di Sandro  Bongiani

Dal 28 febbraio 2022 al 24 aprile 2022

Irma Blank, Italia

Opera di Irma Blank, Italia

La mostra vuole indagare  un diverso approccio all’arte e alle ricerche in atto. Dopo la Collettiva Internazionale “ARTISTAMPS / Interfolio all’Encyclopedie Covid-19”, del 2020 sul problema urgente della pandemia capitalistica globale da Coronavirus, ecco un’altra rassegna dal titolo  “Marginal Artistamps History”, una sorta di breve storia dell’artistamps  svolta con una lettura puntuale di come intendere il francobollo d’artista. Una indagine a tutto campo di come si è sviluppata la ricerca dell’artistamps nel corso di circa cento anni di proposte internazionali da parte degli artisti “marginali attivi” interessati a una diversa creatività non uniformata al sistema ufficiale dell’arte. Lo scopo della mostra è far conoscere meglio la creatività marginale degli artisti di frontiera. Insomma, una sorta di pagina storica di come si è evoluta nel tempo questa pratica, spesso pensata come  interferenza riflessiva e poetica capace  di viaggiare e percorrere il mondo e far riflettere sui temi di un momento reale o fantastico della vita.

Con il termine Artistamps, si intendono i “francobolli d’artista”, le creazioni grafiche degli artisti (francobolli errati, non ufficiali e non postali) che orbitano di preferenza nella Mail Art, nella Poesia visiva e più in generale nella cosiddetta arte Concettuale, opere   che ricordano e  interpretano in maniera originale le affrancature emesse dai Servizi postali ufficiali delle varie nazioni. Perché possano venire considerati francobolli d’artista (artistamps), i lavori devono avere forma di francobollo, la dentellatura, la piccola dimensione, l’utilizzo della carta gommata, che poi questa forma base venga spesso stravolta fa parte dell’operazione artistica, sempre nel limite che essa  sia ancora riconoscibile e quindi possa essere ancora recepita visivamente. Per far sì che un limite venga davvero superato occorre che ci sia la premessa e quindi l’illusione di avere in mano un “francobollo”. Tuttavia, se sono “in forma di francobollo”, non  vuol dire  necessariamente che i francobolli d’artista “lo sono davvero” come afferma giustamente in un suo intervento Mirella Bentivoglio, pertanto, non sono da considerarsi semplici creazioni tipografiche a valore legale in funzione di una reale spedizione postale. 

Le opere di Artistamps, spedite per posta sono la chiara testimonianza di un viaggio che si arricchisce sempre più di nuove proposte comunicative divenendo parte dell’opera stessa. Ecco svelato il potere trasformatore e liberatorio della parola “”artistamps” capace di  condividere, provvisoriamente la forma di un francobollo per indicare una funzione momentanea, per poi, magari  trovare subito un diverso ordine e sbocco linguistico, divenendo molto spesso efficace messaggio poetico in grado di superare barriere e limiti fittizi. L’aggiunta di un timbro al francobollo su una busta, rielaborato in un formato decisamente diverso rispetto ai francobolli ufficiali in corso dei servizi postali alla fine vanno a decretare un diverso stato di appartenenza portando una sorta di riflessione sulle immagini e sui segni di un momento reale o fantastico del vivere.

Tutto nasce come fenomeno artistico “underground” con le prime proposte degli anni 20 nate da un “errore filatelico” di Giacomo Balla, e soprattutto dal 1937 in poi, da alcuni pionieri di questa forma come per esempio Karl Schwesig e Michael V. Hitrovo. Solo  negli anni ’60, con la diffusione della Mail Art, ideata da Ray Johnson condividendo le proposte del movimento Fluxus: una forma d’arte essenzialmente e totalmente svincolata da giochi di potere e libera da qualsiasi logica produttiva si poté assistere a una diffusione di questa pratica che nel 1982 Thomas Michael Bidner  coniò il termine “Artistamp”.

In questa rassegna internazionale vengono presentate 72 opere dei  principali artisti storici e  da importanti autori contemporanei ancora attivi. Dai francobolli del 1924 di Giacomo Balla ai primi artistamps dell’artista espressionista tedesco  Karl Schwesig,  dal russo Michael V. Hitrovo al francese Yves Klein, Ray Johnson, George Maciunas,  Guglielmo Achille Cavellini, Clemente Padin, Lamberto Pignotti, Enzo Benedetto, E. F. Higgins III, Guy Bleus, Edwin Varney, Paolo Scirpa, Shozo Shimamoto, Ruggero Maggi, Jas W Felter,  Ben Vautier, John Held JR, Anna Banana, Piermario Ciani, Ryosuke Cohen, Irma  Blank,  RCBz, BuZ Blurr, Carl T. Chew, Darlene  Altschul, Chuck Welch, Marcello Diotallevi, Matthew Rose, Vittore  Baroni, Ruud Janssen, Pascal Lenoir, Otto D  Sherman, Anna Boschi, Crackerjack Kid, Mauro Molinari, Ko De Jonge, Gyorgy Galantai, John  M. Bennett, Michael Leigh, e persino Mirella  Bentivoglio,  fino agli artisti contemporanei di oggi. Sono presenti in mostra le opere  della Collezione Bongiani Art Museum di Salerno e anche diverse opere  storiche di importanti istituzioni e collezioni private. 

72 ARTISTI PRESENTI  A QUESTA  RASSEGNA INTERNAZIONALE DI  ARTISTAMPS

Giacomo Balla, Italia I  Karl Schwesig I Germania I Michael V. Hitrovo, Russia I Ives Klein, Francia I Ray Johnson, USA I  George Maciunas, USA  I Lamberto Pignotti, Italia I Guglielmo Achille Cavellini, Italia I  E. F. Higgins III, Usa I  Clemente Padin, Uruguay Enzo Benedetto e Giulio Lotti, Italia I Guy Bleus, Belgio I  Edwin Varney, Canada  I Mirella  Bentivoglio, Italia I Paolo Scirpa, Italia I Shozo Shimamoto, Giappone I Ruggero Maggi, Italia I Jas W Felter,  Canada I  Ben Vautier, Francia I John Held JR, Usa I  Anna Banana, Usa I  Piermario Ciani, Italia I  Ryosuke  Cohen, Giappone I Irma  Blank, Italia I RCBz, – Usa I BuZ Blurr, Usa I Carl T. Chew, Usa I Darlene  Altschul, Usa I Chuck Welch, Usa I Marcello Diotallevi, Italia I Matthew Rose, Francia I  Vittore  Baroni, Italia I Ruud Janssen, Olanda I  Pascal Lenoir, Francia I Otto D  Sherman, Usa I C. Mehrl Bennett, Usa I Anna Boschi, Italia I Dmitry Babenko, Russia I Crackerjack Kid, Usa I Greta Schodl, Austria I Alexander Kholopov, Russia I Marina Salmaso, Danimarca I Bobo Bianchi, Italia I Giovanni Bonanno, Italia I Michel Della Vedova, Francia Mauro Molinari, Italia I  Natalie Lamanova, Russia I Willie  Marlowe, Usa I  Daniel Daligand, Francia I Domenico Ferrara Foria  Italia I On Boy Mailart, Usa I Ko De Jonge, Olanda I Giancarlo Pucci, Italia I Gyorgy Galantai, Ungheria I Picasso  Gaglione, Usa I  Jurgen O. Olbrich, Germania I John  M. Bennett, Usa I Valery Shimanovsky, Russia I Michael Leigh, Gran Bretagna PtrziaTictac, Germania I D.C. Spaulding, Usa I Remy Penard, Francia I Ferrari Ezio, Belgio I Fernanda Fedi, Italia I Gianni Romeo, Italia I Gino  Gini, Italia I Emilio Morandi Italia I Claudio Grandinetti, Italia I Serse Luigetti, Italia I Antonio Sassu, Italia I Alfonso Caccavale, Italia I Pablo Dorico Sempere, Danimarca.


LA  GALLERIA  VIRTUALE  ON-LINE

VISIT: SPAZIO  OPHEN VIRTUAL ART

LA CRITICA  D’ARTE

 SANDRO BONGIANI / Tra Poesia, Arte e Critica D’Arte.

Sandro Bongiani alias di Giovanni  Bonanno   è nato nel 1954  nella Valle dei Templi tra Selinunte e Agrigento. Comasco di formazione, da sempre interessato al Naturalismo Integrale, l’artista ha operato insistentemente ai confini delle soglie disciplinari, in una sorta di felice e fertile contaminazione poetica incentrata sul dato progettuale e utopistico avviato precedentemente a Como da artisti di grande interesse come Antonio Sant’Elia, Francesco Somaini, e Ico Parisi.Artista e Critico d’Arte Contemporanea, ha scritto saggi e recensioni su: Kengiro Azuma, Francis Bacon, Paolo Barrile, Carlo Carrà, Marc Chagall, Jean Dubuffet, Franco Francese, Antonio Freiles, Max Huber, Paolo Scirpa, Giuliano Mauri, Gabriele Jardini, Osvaldo Licini, Ruggero Maggi, Kazimir Malevic, Mattia Moreni, Idetoshi Nagasawa, Emil Nolde, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Mario Raciti, Roberto Sanesi, Francesco Somaini, Chaim Soutine, Graham Sutherland, Jorrit Tornquist, Willy Franco Longo, Varlin, Wols e Vincenzo Nucci, Clemente Padin,  Fausto Melotti, Omar Galliani, Marcello Diotallevi ,  Ray  Johnson e altrettanti  importanti i to dal1996 l’attività espositiva dello Spazio Media Immagine di Turate (CO) con esposizioni personali e collettive di importanti artisti contemporanei. Attualmente dirige lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery e il Bongiani Ophen Art Museum di Salerno.

Docente Ordinario di Storia dell’Arte, ha vissuto dal 1977 al 2002 in provincia di Como.  Opera e vive a Salerno e dirige l’Archivio “OPHEN VIRTUAL ART GALLERY” di Salerno visibile anche su The Saatchi Gallery , ArtSland e Artween.  Attualmente  scrive per varie riviste d’arte e collabora attivamente con un suo Blog  su Exibart.


L’intervista:– Intervista  a Giovanni Bonanno


SCRITTI SU EXIBART RECENSIONI  DI SANDRO BONGIANI SU EXIBART


Indice dei testi:Il Dibattito, Dentro e Fuori l’avanguardia

– Scusi, lei è un maiale?

– I sogni e i bi/sogni dell’arte

– Il tempo tra scienza e arte

– L’arte tra natura e tecnologia

– La cultura dell’inganno

– L’Arte tra utopia e regressione

– Quando la Pop con un paf   fa tonf

– La ripetizione e la trasgressione

– La superficie elementare delle cose

– Cara Milano, non ti conosco più !!!

– Quale identità?

– L’arte di confine: due artisti a confronto

– La fortuna di vedere di notte

– Perchè un armistizio?

– Come sarà l’arte del prossimo futuro?

– L’arte di fine secolo: quasi una catastrofe!!!

– MIART : l’arte e il peso delle parole

– Lo sguardo in-definito dell’arte

– Alla Ricerca dell’identità perduta

– L’immagine e il corpo

– La Mail Art, quale futuro?

– La Marginalità  Intelligente

In Forma di Francobollo d’artista

– Wunderkammer Artistamps And Cabinet Of Curiosities

L’evoluzione delle proposte di G. A. Cavellini


– Odilon Redon

– Emil Nolde

– Kazimir Malevic

– Franco Francese

– Osvaldo Licini

– Chaim Soutine

– Carlo Carrà

– Jean Dubuffet

– Kengiro Azuma

– Graham Sutherland

– Wols

– Willy Varlin

– Mimmo Paladino

– Mattia Moreni

– Max Huber

– Paolo Scirpa

– Pino Pascali

– Roberto Sanesi

– Ruggero Maggi

– Jorrit Tornquist

 – Paolo Barrile

– Antonio Freiles

– Mario Raciti

– Hidetoshi Nagasawa

– Jardini Gabriele

– Marc Chagall

– Francesco Somaini

– Lorenzo Cleffi

– Vincenzo Nucci

– Livio Borghi

– Marcello Diotallevi

– Ray  Johnson

– Omar Galliani 

– Franco Longo

– Giuliano Mauri

– Francis Bacon

– Odilon Redon

– Emil Nolde

 – Kazimir Malevic

 – Franco Francese

 – Osvaldo Licini

– Chaim Soutine

 – Carlo Carrà

 – Jean Dubuffet

 – Kengiro Azuma

– Graham Sutherland

– Wols

 – Willy Varlin

 – Mimmo Paladino

– Mattia Moreni

 – Max Huber

– Paolo Scirpa

 – Pino Pascali

– Roberto Sanesi

– Ruggero Maggi

 – Jorrit Tornquist

  – Paolo Barrile

 – Antonio Freiles

 – Mario Raciti

 – Idetoshi Nagasawa

 – Jardini Gabriele

– Marc Chagall

 – Francesco Somaini

 – Lorenzo Cleffi

 – Vincenzo Nucci

– Livio Borghi

– Marcello Diotallevi

Ray  Johnson

– Anna  Boschi

 Mauro  Molinari

– Guglielmo Achille Cavellini

– Omar Galliani

– Franco Longo

– Giuliano Mauri

– Francis Bacon

– Guglielmo Achille Cavellini 

-Shozo Shimamoto

– Ryosuke  Cohen

Ben Vautier

-Kurt  Schwitters

-Marcel  Duchamp


I Manifesti Tecnici di Giovanni Bonanno

– Manifesto Tecnico Della Nuova Non Oggettività: il tempo e lo spazio
Giovanni Bonanno – Milano, 1 Dicembre 1988

– Manifesto Tecnico del tempo Inoggettuale: la realtà artificiale
Giovanni Bonanno – Milano, Maggio 1990

– Manifesto Globale della nuova circolarità elastica

Giovanni Bonanno – Salerno, Giugno  2015

 


L’intervista a:Ruggero Maggi

Paolo Scirpa

Francesco Somaini

Ryosuke  Cohen


P o i e s i s
ARTE  COME  POESIA:

Pier Paolo Pasolini

Paolo Scirpa

Vincenzo Nucci

Giuliano Mauri

Fausto  Melotti

Josè  Molina

Marcello  Diotallevi

Francesco Somaini

Paul Delvaux

Ray  Johnson

Anna  Boschi

Christine Anne Tarantino

Guglielmo Achille Cavellini

Marcel  Duchamp

Ernesto Terlizzi

Giovanni Bonanno

Ryosuke Cohen

Giulia Napoleone 1

Giulia  Napoleone 2

Omar Galliani

Paolo Gubinelli 1

Paolo Gubinelli 2

Mauro Molinari

Mimmo Paladino

P o i e s i s

LA  PAROLA AI  MARGINI DELL”ARTE

Un volo come un battito d’ali

Solo un mattino di marzo

A te che sei…

Mai più ritornerò nel mio paese

La notte

Ora che sei la mia ombra

#Viral Emergency / Fate presto  please 

Tra aforismi detti e refusi:

–  L’ARTE  DEI   DETTI 

– TRA  AFORISMI  E  REFUSI

Nasce in Italia l’archivio online dell’artista pre-pop americano Ray Johnson.

Presentazione a Salerno a cura di Sandro Bongiani  dell’Archivio online delle opere di Ray Johnson presenti nella raccolta Coco Gordon dello stato americano del Colorado, visibile dal 13 gennaio 2023 in una startup  tutta italiana di arte contemporanea.

SANDRO  BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA

RAY  JOHNSON / ARCHIVIO COCO GORDON, COLORADO – USA

Dopo  l’Archivio  “Ray Johnson Estate” di New York,  nasce in Italia “Ray Johnson Archivio Coco Gordon”, archivio online del grande artista pre-pop Ray Johnson, uno dei più influenti artisti americani contemporanei  accessibile ora nella startup Sandro Bongiani Arte Contemporanea con  una raccolta ragionata di materiali inediti per tutti gli studiosi e per chi intende conoscerlo meglio. In questa piattaforma web é possibile consultare una parte considerevole di  opere, foto dell’artista, performances, e testi scritti di Ray Johnson degli anni 1970-1995, che grazie alla collaborazione di Coco Gordon  in oltre 25 anni  di assidua frequentazione  ha raccolto  e conservato, ora finalmente pubblicati online. Oggi, nell’’era del Web e del sapere stratificato,  la raccolta dell’archivio digitale Ray Johnson di Coco Gordon conserva e diffonde  il sapere rispondendo a esigenze specifiche di consultazione dei materiali visivi archiviati assolvendo  alla fondamentale funzione di conservazione, selezione e accessibilità dei dati che diventano l’oggetto primario di attenzione e  consultazione da parte dello studioso d’arte. Uno strumento necessario e utile che svolge la doppia funzione di rendere accessibile il patrimonio e conservarlo correttamente senza esporlo a  imprevedibili rischi. L’Archivio Ray Johnson comprende un ampia raccolta di materiali tra cui, ma non solo, corrispondenza, mail art, collage, fotografie documentarie, oggetti e cimeli. Un ringraziamento speciale va all’artista Coco Gordon e ai diversi collaboratori che hanno contribuito a realizzare la sezione del sito web dedicato a Ray Johnson.   Sandro Bongiani

La Galleria Sandro Bongiani Arte Contemporanea nata come spazio culturale no-profit, vuole mettere in discussione il proprio ruolo di spazio culturale indipendente sostenendo  nuovi modi di interagire con il pubblico e attivando nuove forme di partecipazione e di coinvolgimento con presenze e progetti interattivi che possano essere condivisi in tempo reale con il maggior numero di utenti in qualsiasi parte del mondo. A distanza di 60 anni dalla nascita della Mail Art (1962) e a 50 anni esatti (1972) dalla prima mostra personale in Italia di Ray Johnson presso la Galleria Schwarz a Milano  con una presentazione di Henry Martin, noi della Sandro Bongiani Arte Contemporanea di Salerno abbiamo dedicato quasi un  intero anno di lavoro a  Ray Johnson con cinque mostre interattive e un progetto internazionale svolte da aprile fino a novembre 2022, in contemporanea  con la 59 Biennale Internazionale di Venezia 2022.

Inoltre, a 27 anni esatti dalla scomparsa di Ray Johnson (13 gennaio 1995),  è stata realizzata  catalogazione e la digitalizzazione online  di tutte le opere di Ray presenti nell’Archivio Coco Gordon di Colorado USA, con oltre 780 documenti tra  opere e foto inedite dell’artista americano,testi, inviti,  lettere, opere  e riflessioni con i relativi commenti di Coco Gordon, memorial e collaborazioni, cronologia degli eventi e testi critici di Sandro Bongiani, archiviati, ognuna per codice numerico per essere più facilmente consultata, in una utile e significativa presentazione interattiva destinata ad essere conosciuta e valorizzata da parte degli studiosi per opportuni studi e approfondimenti sul lavoro innovativo svolto da questo importante artista pre-pop americano.

L’Archivio Ray Johnson,a completamento dell’attività in corso,viene presentato ufficialmente e reso  visibile permanentemente il 13 gennaio 2023, (giorno e mese della sua scomparsa),  nella startup web https://www.sandrobongianivrspace.it/, che si affianca con orgoglio e per importanza all’Archivio americano “Ray Johnson Estate” di New York. Tutto ciò ci sembra un chiaro esempio di come si può relazionare con l’arte contemporanea in modo creativo e produrre nuova cultura.  Sandro Bongiani

Presentazione di 781 documenti in 11 sezioni e  34 box

Dynamic vision of the interactive itinerary Slide Show, durata 54 minutes

su:   https://www.sandrobongianivrspace.it/ray-johnson-coco-gordon

BIOGRAFIA di Ray  Johnson  1927 – 1995

Ray Johnson, è stato un personaggio chiave nel movimento della Pop Art. Primariamente un collagista, è stato anche un precoce performer e un artista concettuale. Definito nei primi tempi “Il più famoso artista sconosciuto di New York”, è considerato uno dei padri fondatori e un pioniere dell’uso della lingua scritta nell’arte visuale. In scena negli anni ‘ 60, il suo lavoro e il modo in cui che ha deciso di distribuirlo ha influenzato il futuro dell’arte contemporanea.

Nato il 16 ottobre 1927 a Detroit, nel Michigan, Johnson ha frequentato il Black Mountain College sperimentale con Robert Rauschenberg e Cy Twombly. Ray Johnson era un artista americano noto per la sua pratica innovativa di Correspondence Art. Una pratica basata su collage, il suo lavoro combina fotografia, disegno, performance e testo su distanze geografiche, attraverso la spedizione della posta. I progetti di Johnson includevano prestazioni concettualmente elaborate che si occupavano di relazioni interpersonali e disordini psichici. “sono interessato a cose e cose che si disintegrano o si disgregano, cose che crescono o hanno aggiunte, cose che nascono da cose e processi del modo in cui le cose mi accadono realmente“, ha detto l’artista. I suoi primi anni di vita comprendevano lezioni sporadiche al Detroit Art Institute e un’estate alla Ox-Bow School di Saugatuck, nel Michigan. Nel 1945, Johnson lasciò Detroit per frequentare il progressivo Black Mountain College in North Carolina. Durante i suoi tre anni nel programma, ha studiato con un certo numero di artisti, tra cui Josef Albers, Jacob Lawrence, John Cage e Willem de Kooning. nel 1948, trascorse un po’ di tempo creando arte astratta e poi approdando al Dada con suoi collage che incorporano frammenti di fumetti, pubblicità e figure di celebrità. Johnson spesso rifiutava  di partecipare a  mostre in  galleria e ha  preferito creare  una rete di corrispondenti di mailing e un nuovo modo di fare arte. Questo metodo di diffusione dell’arte divenne noto come la corrispondenza School di New York e ampliato per includere eventi improvvisati e cene. Trasferitosi a New York nel 1949, Johnson stringe amicizia tra Robert Rauschenberg e Jasper Johns, sviluppando una forma idiosincratica di Pop Art. Nei decenni successivi, Johnson divenne sempre più impegnato in performance e filosofia Zen, fondendo insieme  la pratica artistica con la vita. Nel 1995 Ray Johnson si suicidò, gettandosi da un ponte a Sag Harbor, New York, poi nuotando in mare e annegando. Le circostanze in cui è morto  sono ancora poco chiare. Nel 2002, un documentario sulla vita dell’artista chiamato How to Draw a Bunny,  ci fa capire il suo lavoro di ricerca. Oggi, le sue opere si trovano nelle collezioni della National Gallery of Art di Washington, D.C., del Museum of Modern Art di New York, del Walker Art Center di Minneapolis e del Los Angeles County Museum of Art.  In questi ultimi anni tutto il suo lavoro sperimentale è stato rivalutato dalla critica come anticipatore della Pop Art e persino dell’arte comportamentale americana.

PRESENTAZIONE ONLINE DELL’ARCHIVIO RAY  JOHNSON

Salerno | Italia

Raccolta  ARCHIVIO COCO GORDON Colorado – USA

Aperto permanentemente alla consultazione dal 13 Gennaio 2023

LUOGO: Sandro Bongiani Arte Contemporanea

INDIRIZZO: Via S. Calenda, 105/D

ORARI: 00.00-24.00 –

TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 3937380225

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

SITO UFFICIALE: https://www.sandrobongianivrspace.it/

”RELAZIONI MARGINALI SOSTENIBILI Shozo Shimamoto “avere un’idea per capello” Progetto Internazionale di Arte Contemporanea

Nuovo Progetto Internazionale di Arte Postale

Avere un’idea per capello

SANDRO BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA

SHOZO  SHIMAMOTO  

Osaka22 gennaio 1928 – 25 gennaio 2013

Invito a partecipare ad un progetto internazionale dal titolo: ”Relazioni marginali sostenibili / Shozo Shimamoto, avere un’idea per capello”   per il decennale anniversario della scomparsa dell’artista giapponese  Shozo Shimamoto  2013- 2023“.

Caro amico/a, sto per preparare una mostra collettiva internazionale di Mail Art a invito dal titolo: ”RELAZIONI MARGINALI SOSTENIBILI  / Shozo Shimamoto, avere un’idea per capello”,  con la partecipazione di artisti italiani e stranieri. Se hai desiderio di partecipare a questo evento ti prego di darmi conferma con una email  a: bongianimuseum@gmail.com

Con questa mia comunicazione, invio l’invito del progetto “Add & Return”,  con  le sei basi delle matrici di lavoro da scaricare e intervenire per realizzare l’opera da inviarmi  solo per via postale.

Per  sicurezza, per evitare che le immagini  spedite per posta si perdano, si chiede di  inviarli anche in formato file JPG) all’e-mail personale: bongianimuseum@gmail.com

Spedire le card  per via postale a:

Giovanni Bonanno /  Bongiani Art Museum

Via S. Calenda, 105/D  84126  SALERNO (Italy).

indicando dietro in modo chiaro il nome dell’autore, il formato, l’anno di esecuzione, la città, il paese di provenienza dell’opera e la rispettiva e-mail personale.

(Ultima scadenza del progetto 15 dicembre 2022)

Per chiarenti puoi telefonarmi al mio numero di cellulare: 3937380225.

Spero di ricevere le opere entro il giorno 15 dicembre 2022 affinché io possa preparare al meglio la mostra interattiva dal 25 gennaio-30 marzo 2023. In attesa, invio cari saluti.      Sandro Bongiani Arte Contemporanea.

Progetto Internazionale

SHOZO SHIMAMOTO

“AVERE UN’IDEA PER CAPELLO”

Progetto dedicato a Shozo Shimamoto

COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM

MEMORIAL

SHOZO  SHIMAMOTO 2013-2023

”RELAZIONI MARGINALI SOSTENIBILI  / Shozo Shimamoto, avere un’idea per capello”

Mostra Collettiva Internazionale, progetto “Add & Return” per il decennale della scomparsa di Shozo Shimamoto (25 gennaio 2013).

A cura di Sandro Bongiani  & Ruggero Maggi

Mostra  condivisa dal 25 gennaio al 30 marzo 2023 presso la Galleria

SANDRO BONGIANI VRSPACE

SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY di Salerno (Italy).

Si prega d’inviare le opere possibilmente in formato verticale max A4 (cm. 29,7×21) a: 

Giovanni Bonanno, Collezione Bongiani Art Museum di Salerno (SA)

Via S. Calenda 105/D  84126 SALERNO – Italy

(Ultima scadenza del progetto  15 dicembre 2022).

Tutte le opere arrivate per posta non verranno restituite, saranno archiviate in modo permanente nella sala 19 della Collezione Bongiani Art Museum  http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=64  e  faranno parte ufficialmente della  Collezione Bongiani Art Museum di Salerno per eventuali altri eventi da realizzare.  Il 25 gennaio 2023 tutte le opere arrivate entro il 15 dicembre 2022 saranno presentate  ufficialmente in una mostra collettiva internazionale condivisa  presso la Galleria Sandro Bongiani Vrspace e la Ophen Virtual Art Gallery di Salerno (Italy).

Dopo la mostra verra’ pubblicato un catalogo digitale su ISSUU edito da Sandro Bongiani Arte Contemporanea con tutte le opere presenti in mostra.

Si precisa che le opere arrivate dopo il 15 dicembre 2022 non potranno per ovvii motivi di tempo essere presentate nelle due mostre ma verranno archiviate e inserite lo stesso nella sala 19 del Bongiani Art Museum http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=64 a documentare l’avvenuta partecipazione a questo progetto internazionale per il decennale di Shozo Shimamoto.

©– Collezione Bongiani Art Museum di Salerno – Italy

E-Mail:  bongianimuseum@gmail.com

COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM

Per ulteriori chiarimenti puoi visitare, a breve, le opere arrivate della sala 19 della Collezione Bongiani Art Museum  http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=64

MEMORIAL  SHOZO SHIMAMOTO  1928 – 2013

“Inside and outside the body”

(dentro e fuori il corpo).

di  Sandro Bongiani

L’aspetto più evidente  della concretezza del movimento Gutai e in particolare di Shimamoto  è sicuramente  l’azione,  intesa come dinamismo della creazione che diventa, appunto, evento e rivelazione. Confessa: “L’arte come  gesto artistico, consiste  nello stupire lo spettatore”, e aggiunge, “Al presente io mi faccio fare dei disegni sulla testa rasata oppure mi faccio proiettare dei film, ma non allo scopo di fare cose strane. L’opera d’arte è di per sé un’espressione libera, l’atto di dipingere è proporre un’espressione libera. Questo è il vero compito dell’artista.” E poi, “nelle performance il corpo è impiegato come elemento di Natura, quindi in entrambi i casi credo di avvicinarmi al Taoismo col quale del resto è in linea tutta la mia formazione di pensiero”. Di certo, il rapporto con il pubblico rimane un aspetto essenziale  in tutta l’opera di Shozo Shimamoto con l’utilizzo della  performance intesa come azione dell’uomo nel tentativo di annullare qualsiasi distinzione tra l’arte e la vita.  E’ del  ’95 la realizzazione del  suo “funerale in vita” col rito Buddista mentre dodici monaci recitavano un sutra.  Tra il “mostrare e l’essere” Shimamoto sceglie “l’essere” e l’utilizzo del corpo che mettendosi in relazione crea il messaggio creativo.  Praticamente  un’arte  diretta, corporea e viva utilizzando  il corpo  come strumento relazionale, comunicativo e poetico in una zona marginale di confine tra  linguaggi diversi, in cui la pittura, l’evento  e il teatro convivono dando vita alla rappresentazione  dell’essenza e dell’energia concreta.       

Shozo  Shimamoto:  avere un’idea per capello

Shozo Shimamoto, scrive: “Con la mia testa rasata, nel 1987 sono stato in America ed in Canada, e ho poi viaggiato nel 1990 in Europa da Londra fino a Leningrado. Nel 1993 sono andato in Italia ed in Finlandia. Durante le mie tappe sono stato accolto da molti artisti della mail art che hanno scritto i loro messaggi sulla mia testa, oppure vi hanno proiettato diapositive o anche film. Tutti infatti erano pronti ad aspettarmi con alcune idee in mente. Nel 1988 un mio studente mi portò una copia della rivista che aveva trovato nella tasca del sedile dell’aereo della JAL in un volo Tokyo-Parigi. Era una sorta di guida del Giappone dove si presentavano in lingua inglese le bellezze dei templi buddisti, le informazioni sui piatti tipici e quant’altro. Ma fra le altre cose, nella pagina che trattava di cinema, era anche riportata come curiosità la possibilità di vedere un film proiettato sulla mia testa, con tanto di illustrazione disegnata a mano. Senza saperlo, la mia testa rasata stava volando in giro per il mondo. Nel 1987 spedii agli artisti della mail art un foglio con stampata la silhouette della mia testa vista da dietro ed un messaggio in cui invitavo gli artisti a fare il loro intervento. Ricevetti circa 500 risposte. Il fatto che le risposte fossero così numerose è dovuto al sistema del network caratteristico dell’arte postale, in cui non è raro che degli artisti copino e reinterpretino il contenuto originale per poi stamparlo di nuovo inviandolo ad altri artisti e così via. […]  Un giorno mi arrivò una mail art molto singolare. Proveniva dalla Francia e l’autore era Pascal Lenoir, anche se il foglio originale era partito dall’artista olandese Cor Reyn che aveva a sua volta fotocopiato la mia testa e inserito il messaggio di invito a disegnarvi dentro qualcosa. Ebbene Lenoir dentro alla mia testa fotocopiò una decina di altre silhouette rimpicciolite della stessa , riproponendo l’invito a disegnarci dentro qualcosa, e la spedì anche a me. Vedendola, non riuscii a trattenermi dal ridere. Il pezzo di mail art che avevo spedito io si era moltiplicato, il numero delle teste era aumentato, e passando per diverse vie era ricapitato proprio a me con la scritta: Perché non partecipi anche tu? Nell’arte postale non ci sono i diritti d’autore, anzi, all’opposto lo spirito che la caratterizza è quello di invitare gli altri ad usare senza limiti i vari contenuti. Così è possibile che a mia insaputa un mio pezzo venga modificato, arricchito di nuove idee, e ritorni al mio indirizzo. L’americano Cracker Jack Kid addirittura spedisce dei modellini tridimensionali della mia testa” .

Di certo, una parte di lavoro di Shozo Shimamoto risulta ancora poco noto, e precisamente la ricerca svolta negli anni 80 e 90 in ambito della Mail Art, una stagione vissuta non in modo marginale, bensì  come protagonista principale. Sono in parte noti  le sue particolari azioni, i suoi messaggi di pace e  le proiezioni di spezzoni di film sulla sua testa rasata utilizzata come spazio e luogo per ospitare l’opera. Praticamente, quasi una galleria del corpo a cielo aperto; forse “la più piccola galleria ambulante al mondo attiva negli anni 80”. In questa mostra collettiva internazionale, a margine della rassegna vi sono presenti diverse immagini che documentano tale attività  a corollario del progetto di Mail Art  “Head”  concretizzato  proficuamente  tra gli anni 80 e 90, come risulta dalle “oper/azioni” realizzate sulla sua testa rasata  da personaggi come Ray  Johnson, Ben Vautier, G. Achille Cavellini, Mayumi Handa, Allan Kaprow e diversi altri protagonisti internazionali dell’arte che sono intervenuti sulla testa dell’artista giapponese disegnando, incollando carte, materiali diversi e persino proiettando frammenti di film. Dopo la morte dell’artista, per ricordarlo a oltre due anni dalla scomparsa abbiamo ritenuto utile non inviare  per posta la solita testa rasata di Shozo Shimamoto. Questa volta è stata spedita per  tutto il 2014 a diversi artisti, una Card  digitale creata appositamente da Giovanni Bonanno dal titolo: “Virtual  Fluxus  Poetry”,   con  una piccola sala vuota a forma di nicchia ad arco  in cui sembra che aleggi il fantasma della testa rasata di Shozo Shimamoto. In questo “spazio apparentemente vuoto” abbiamo, come aveva fatto lui  a partire dal 1987, invitato gli artisti a  realizzare  il proprio intervento performativo chiedendo a loro di  inserire ciò che ritenevano utile  per completare degnamente l’opera. 

Un’ultima  considerazione, per evitare  possibili equivoci di qualsiasi sorta riguarda la partecipazione attiva di Shimamoto al gruppo giapponese Gutai; esperienza  nata  concretamente negli anni 50’, quasi  un decennio prima della proposta americana  del movimento Fluxus. Il titolo “Virtual Fluxus Poetry”  utilizzato da noi  nelle due mostre organizzate non deve trarre in inganno, non deve essere    inteso  o peggio “frainteso” come   reale partecipazione attiva nell’ambito del movimento Fluxus ma  come   convinta concezione e condivisione  poetica di   “flusso immateriale”,  di energia poetica a cui Shimamoto è  stato lungamente interessato, (il termine “fluxus” “dal latino. tardo fluxiōne, deriv. di flŭxus, part. pass. di fluĕre,  significa ‘scorrere, fluire). Del resto, sono risaputi gli intensi scambi intercorsi negli anni 60’ tra il Gutai , il movimento Fluxus e la scena artistica di Parigi, Milano e Torino.  Non è un caso, quindi,  che nella stanza, apparentemente vuota della card inviata per posta, la silhouette della sua testa vista da dietro  affiora magnificamente come energia e flusso immateriale,  inaspettata e “fluida”, presenza  insostanziale perfettamente in linea con le idee  di ricerca portate avanti lungamente  dal grande artista giapponese, pronta  a ricevere l’apporto comunicativo e creativo di tanti artisti internazionali    per essere compiutamente completata.   (Sandro  Bongiani)

Le basi allegate in cui intervenire:

Card n°1
Card n° 2
Card n° 3
Card n° 4
Card n° 5

Card n° 6

Tutte le 6 card da scaricare e intervenire:

© Collezione Bongiani Art Museum, Salerno – Italy  

Biografia di Shozo Shimamoto

Shozo  SHIMAMOTO / BIOGRAFIA

Nato nel 1928 a Osaka, in Giappone.

1947 / Frequenta l’atelier del maestro Jiro Yoshihara, dove produce la sua prima opera “Høie”.                       

1948 / Prende parte alla mostra “Sette artisti d’avanguardia” presso il department store Kintet-su a Osaka.

1950 / I laureati del Gakuin University Kansai in Hyugo.                                                                              

1953 / Partecipa alla prima mostra del gruppo Genbi, con Jiro Yoshihara,. Diver si giovani artisti che espongono si uniranno al gruppo Gutai .                       

1954 / Fonda Gutai con Jiro Yoshihara. Partecipa alle più importanti mostre Gutai.                                         

1955/ Alla prima mostra Gutai presenta un lavoro rivoluzionario per essere vissuto e goduto dal corpo: “Prego, camminate qui”. Il lavoro è stato ricostruito nel 1993.

1956 / In occasione della mostra a cielo aperto Gutai mostra la sua opera realizzata attraverso l’utilizzo di un cannone a mano che verrà presentata alla Biennale di Venezia del 1993, in cui bottiglie di vetro contenenti pigmenti sono gettati ed esplodere il colore direttamente sulla tela

1957 / Mostra il suo video pionieristico arte alla mostra Gutai prestazioni. Un altro dei suoi lavori, un lavoro sonoro, che può essere considerato come musica concreta, è inserito nella Raccolta Centro Pompidou…                

1970 / Produttore artistico per 1000 spose al Festival EXPO

1976 / Partecipa a un progetto di Mail Art che coinvolge 60 paesi e con una rete di 8000 scambi.
Crea una strada con 10.000 giornali lungo il lato del fiume Mukogawa

1992 / Mentre continua a produrre nuove opere, diventa Presidente della Japan Society Arte e Cultura di disabili-persona (ora Arte Giappone) e organizza la prima mostra su larga scala di persone disabili in Osaka. Nello stesso anno viene intervistato di Jane Kennedy Smith per il quotidiano più famoso giapponese, Mainichi Shinbun

1993 / Invitato a partecipare alla Biennale di Venezia come membro del Gutai

1994 / Invitato ad esporre al Guggenheim (New York)

1996 / Shimamoto viene proposto come candidato per il Premio Nobel per la Pace in riconoscimento delle sue attività pacifiste da numerose riunioni Bern Porter, il medico che ha fatto la bomba atomica sganciata su Hiroshima.

1997 / Unico artista giapponese dopo la Restaurazione Meiji ad avere la sua foto in Storia dell’Arte, pubblicato da l’America Album

1998 / Invitato come uno dei primi quattro migliori artisti del mondo dal dopoguerra, insieme a Jackson Pollock, John Cage e Lucio Fontana, a partecipare a una mostra al MOMA (USA)

1999 / Invitato ancora una volta a partecipare alla Biennale di Venezia, con David Bowie e Yoko Ono

2000 / Tiene una mostra a Parigi (Unesco) e propone una collaborazione artistica in Francia, co-sponsorizzata dall’Unesco del Giappone e dalla Felissimo Museo.
Inizia la creazione di un lavoro enorme che sarà conservata da 100 anni a Shin Nishinomiya (Prefettura di Hyogo. 

2001/ Invitato alla manifestazione Giappone Anno a Londra. Alcune opere sono assegnati alla Tate Modern da inserire nella collezione.

2003 / Invitato a partecipare alla Biennale di Venezia (Extra 50)

2004 / Performance con un elicottero vicino a Venezia. 
Performance Nyotaku a Ca ‘Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna (Venezia). Tre opere ora appartengono alla collezione della galleria.

2005 / Performance con Elicottero a Trevi e mostra al Trevi Flash Art Museum. 
Mostra personale a Reggio Emilia (Pari & Dispari Agency, Italia). Realizzazione dell’opera piccola d’arte nel mondo, utilizzando nanotecnologie, per realizzare immagini sulle estremità delle setole di uno spazzolino da denti (in collaborazione con Ritsumeikan Università di Kyoto)

2006 / Invitato ad esporre alla ZONE ZERO a Duesseldorf.
Invitato ad esporre alla Hsinchu City International Glass Art Festival.
Exhibition e Performance della gru a Napoli.
Invitato ad esporre alla Tokyo International Art Fair

2007 / Espone quaranta opere prodotte dal periodo Gutai ai giorni attuali nella mostra “Shozo Shimamoto: Action Colors 1950-2006” presso la Galleria Pier Giuseppe Carini di San Giovanni Valdarno.
Presso il Fashion Museum di Kobe tiene la performance Felissimo WHITE PROJECT; le opere realizzate vengono esposte allo Hyogo Prefectural Diplomatic Estabilishment e al Kobe Fashion Museum. Presenzia al P3 Project per la Biennale di Venezia; qui si cimenta in una performance, Bottle Crash, nel Chiostro di San Nicolò, organizzata in collaborazione con l’Architetto Luigi de Marchi presidente del “ABCOnlus”. Viene coinvolto nell’organizzazione di un evento a Pechino, “Art Challenged Project”, cui partecipano molti artisti disabili arrivati dal Giappone. Alcuni dei suoi lavori più rappresentativi vengono esposti nella collettiva “Artempo” organizzata da Mattijs Visser e Axel Vervoordt nel Palazzo Fortuny di Venezia.

2008 / Il 7 maggio realizza una performance a Punta Campanella, Napoli, coinvolgendo un gruppo di danzatrici vestite da spose con la testa ricoperta da bicchieri saturi di colore.
Il 9 maggio fa una performance nel chiostro della Certosa di San Giacomo di Capri lanciando il colore su otto tele disposte a terra e su due contrabbassi disposti a lato delle tele, ricoperti da spartiti musicali e sorretti da due giovani donne. Sempre alla Certosa di San Giacomo di Capri espone alcuni suoi lavori nella mostra “Vento d’Oriente”.   Presso il Museo Magi ‘900 di Pieve Di Cento (BO) si tiene la mostra Shozo Shimamoto / Yasuo Sumi – I colori della pace, con una performance nella sala Modigliani del Museo.
Il 13 novembre 2008 presso il Museo d’ Arte Contemporanea di Villa Croce di Genova “Shozo Shimamoto. Samurai, acrobata dello sguardo”, curata da Achille Bonito Oliva.

2009 / In occasione di Roma. Road to Contemporary Art , sono esposte sue opere in diverse mostre:
Hofficina d’Arte, a cura di Achille Bonito Oliva;
Palazzo Barberini, “Cose mai viste II” a cura di Achille Bonito Oliva, dedicata alle opere delle collezioni private degli artisti.
Palazzo delle Esposizioni, in collaborazione con la Fondazione Morra, l’Archivio Pari & Dispari e l’Associazione Shozo Shimamoto.
Partecipa alla mostra collettiva “Madre Coraggio: l’arte” a cura di Achille Bonito Oliva che si tiene all’interno del Festival di Ravello.
Tiene una mostra personale presso la galleria “VV8 artecontemporanea” di Reggio Emilia, in collaborazione con l’Associazione Shozo Shimamoto, dal titolo “La danza del colore”, in occasione della quale ha luogo una performance del coreografo Mauro Bigonzetti e quattro ballerini della Fondazione nazionale di danza Aterballetto che animano gli abiti da sposa realizzati da Shimamoto nell’azione di Punta Campanella.

2011 / Sculture e grandi tele provenienti dalle performance di Venezia, Punta Campanella, Capri e Genova sono esposte nella basilica di Santo Stefano di Bologna in occasione di Arte Fiera OFF in una mostra a cura di Achille Bonito Oliva.
Mostra personale presso la galleria “Nicola Pedana” di Caserta.
Mostra personale presso la Fondazione Morra di Napoli. Assieme a opere di grandi dimensioni sono proiettati due video di Mario Franco che documentano le performance di Piazza Dante a Napoli (2006) e Punta Campanella.
Viene invitato a condurre due performance presso il Moderna Museet di Stoccolma in Svezia in occasione dell’evento “AN EXPERIMENTAL CONFERENCE ON ART AND SCIENCE TO CHALLENGE THE MID-SUMMER SUN” dove reinterpreta la performance con il cannone del 1956 e quella su palcoscenico del 1957.

2012 / Dal 14 marzo al 5 maggio 2012 la mostra personale “SHOZO SHIMAMOTO” c/o la Axel Vervoordt Gallery di Anversa (Belgio). Mostra personale “Shozo Shimamoto, Opere 1950-2011” a Palazzo Magnani a Reggio Emilia. Partecipa alla mostra “Explosion: Pittura in Azione” al Moderna Museet di Stoccolma. Mostra “Dipingere il Vuoto” al MOCA di Los Angeles con una sala dedicata a Shimamoto.

2013 / Partecipa a Milano  al  progetto internazionale di Mail Art  “INviso” curato da Ruggero Maggi. Prima del 25 gennaio  2013,  l’anno della morte, partecipa a Salerno al Progetto Internazionale “Wunderkammer Artistamps ” a cura di Giovanni Bonanno, con  una delle ultime partecipazioni alla mostra Collettiva Internazionale in omaggio ai 70 anni di Marcello Diotallevi svoltasi  a giugno. Prima retrospettiva dopo la morte alla Galerie Hofburg a Bressanone con una ventina di dipinti  a cura di  Vittoria Coen. Prima antologica milanese di Shozo Shimamoto  allo Studio Giangaleazzo Visconti di Milano  con 30 opere presentate  in grado di ripercorrere la ricerca dell’artista giapponese.

 2015 / Collettiva internazionale “Add &  Return” con la partecipazione di 97 artisti dal titolo:VIRTUAL FLUXUS POETRY che lo Spazio  Ophen Virtual Art Gallery di Salerno dedica all’artista giapponese Shozo  Shimamoto come  evento  contemporaneo ed indipendente  progettato in concomitanza con la 56th Biennale Internazionale d’Arte di Venezia 2015, a cura di Sandro  Bongiani.

2016 / CRUCIFIXION – Shozo Shimamoto, ArtVerona I Art Project Fair 2016  – i7 Spazi Indipendenti Italiani, a cura di Sandro  Bongiani, Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno.

2019 / SHIMAMOTO – CAVELLINI – COHEN, IDENTITY OF ARTIST / Marginal Active Resistances, a cura di Sandro  Bongiani, Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno.

2020/ La galleria Cardi di Milano con la collaborazione dell’Archivio Pari&Dispari, gestito dalla figlia di Rosanna, Laura Montanari, inaugura l’esposizione SHOZO SHIMAMOTO, CARDI GALLERY MILANO, 19 febbraio – 18 dicembre 2020. 

2021/2022 / Viene presentata presso il Centro Italiano Arte Contemporanea a Foligno un’ampia retrospettiva con grandi opere di Shozo Shimamoto, a cura di Italo Tomassoni. 19.09.2021 – 09.01.2022

COLLEZIONI: Giappone

Museo d’Arte Contemporanea di Tokyo, Museo d’Arte di Fukuoka, Museo di Kitakyushu, Museo d’Arte di Hyogo, Museo d’Arte Moderna di Osaka, Museo di Nara, Museo d’Arte di Takamatsu, Museo d’Arte di Ashiya, Museo d’Arte di Miyagi, Museo d’Arte di Shizuoka, Museo di Gifu, Museo d’Arte Contemporanea di Osaka, etc.

All’estero:  

Tate Modern (Londra), Museo Nazionale di Arte Moderna di Roma, Art Center di Milano, Paris Gallery, Mail Art Museum (Berna, Svizzera), Galleria Internazionale di Arte Moderna Ca’ Pesaro, Collezione Bongiani Ophen Art Museum di Salerno, etc.

Il sito ufficiale di  www.shozo.net  

(aggiornamento della biografia a cura di Sandro Bongiani Arte Contemporanea di Salerno).

EVENTO:

Mostra condivisa in due gallerie di Arte Contemporanea

da mercoledi’ 25 gennaio a giovedi’ 30 marzo 2023

presso:

SANDRO BONGIANI VRSPACE

https://www.sandrobongianivrspace.it/

SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/

© Collezione Bongiani Art Museum, Salerno – Italy  

ANTOLOGICA DI PAOLO SCIRPA

SALERNO


LUOGO: SANDRO  BONGIANI ARTE CONTEMPORANEA

TITOLO: ”In forma di luce alla ricerca dell’infinito”

CURATORI: SANDRO  BONGIANI

INDIRIZZO: Via S. Calenda, 105/D

ORARI: tutti i giorni 00.00-24.00

TELEFONO PER INFORMAZIONI: 3937380225

E-MAIL INFO: bongianimuseum@gmail.com

SITO UFFICIALE:  https://www.sandrobongianivrspace.it/ 

http://www.collezionebongianiartmuseum.it 

S’inaugura sabato 9 ottobre 2021 alle ore 18.00, una  grande antologica dal titolo: ”In forma di luce alla ricerca dell’infinito” che la Collezione Bongiani Art  Museum  di Salerno dedica all’artista italiano Paolo Scirpa,  con  opere realizzate tra il 1965 e il 2017 dislocate in due mostre, rispettivamente  nella galleria  “Sandro Bongiani VRspace”   e  allo “Spazio Ophen Virtual Art Gallery” di Salerno.

In tutto  vengono presentati 91 opere tra  Ludoscopi, opere pittoriche, ideazioni plastiche, progetti urbanistici e installazioni. La sua iniziale ricerca nasce negli anni Sessanta come momento di ricerca percettivo-cinetico tra astrazione e lirismo. Nel 1965  il dipinto “Composizione” è un’opera matura con una visione del paesaggio caratterizzato da una inconsueta dislocazione e decentramento. Così anche le opere successive del “Sole” e di “Habitat” definiti provvisoriamente tra forma e costruzione artificiale.

Agli inizi degli Settanta nascono i primi Ludoscopi ormai in linea per originalità  e creatività con le diverse tendenze contemporanee svolte in quel periodo in campo internazionale. Le opere dei “Ludoscopi”, creati nei primi anni Settanta non evidenziano il vuoto come “assenza” ma come essenza e presenza insostanziale  non ancora definita  e pur visibile nella dimensione intima  dello  spazio.

Scrive Sandro Bongiani, “ …una condizione, si direbbe sospesa,  con una temporaneità provvisoria, frantumata e ridotta a pezzi, nata per essere “infinita”. Una visione insostanziale di presenze incorporee che prendono forma grazie all’utilizzo della luce reale.  I contenitori virtuali dalla forma primaria, grazie all’uso di luce al neon e  di  specchi, trasformano e alterano la forma geometrica  moltiplicando  a dismisura  la funzionalità in un sintetico  spazio-luce”.

Con i “Progetti d’intervento nel territorio” degli anni Ottanta vi è la lucida esigenza di analizzare in una nuova chiave d’indagine la propria  e personale visione poetica utilizzando un diverso approccio e rapporto dimensionale  a verifica della fattibilità della cosa proposta. Dall’incessante indagine dei progetti d’intervento, proprio nel 2009, nasceranno  i progetti del “Teatro è il suo doppio”, modelli lignei immaginati sulla forma del teatro greco come quello di Siracusa in cui ha vissuto Paolo Scirpa per diverso tempo prima di trasferirsi a Milano, nati da un oscuro e indefinito  moto dell’immaginazione tra forma, invenzione e storia.

In oltre 50 anni di assidua e ossessiva ricerca, l’artista ha saputo  indagare le svariate possibilità del fare ricerca e coniugare  l’ignoto con eventi transitori del “non  luogo”  con soluzioni decisamente assai concilianti e sorprendenti. In questo senso, tutto il lavoro di Scirpa può essere ricondotto criticamente  nell’alveo di un progetto ben più ampio e maestoso ai confini delle soglie disciplinari e ancora del tutto attuale e percorribile.

OPENING: sabato 9 ottobre 2021, ore 18.00

Sandro Bongiani | Direttore della Collezione Bongiani Art Museum

Per l’occasione sarà edito un catalogo con una antologia critica  con tutti i testi scritti in questi anni per Paolo Scirpa.

SALERNO / Dal 9 ottobre al 28 novembre 2021

Biografia di Paolo Scirpa

http://www.paoloscirpa.it/index.php?disp=home


Paolo Scirpa
 nasce a Siracusa nel l934; dopo gli studi artistici in Sicilia, frequenta l’Accademia di belle arti di Salzburg, animata culturalmente da Oscar Kokoschka e lo studio di J. Friedlaender a Parigi. Nel 1965 e, successivamente, nel 2000 partecipa alle edizioni IX e XIII (Proiezioni 2000) dellaQuadriennale Nazionale di Roma. Nel 1968 si trasferisce a Milano, dove collaborerà con Luciano Fabro all’Accademia di Belle Arti di Brera e dove sarà, più tardi, titolare di una Cattedra di Pittura; nel 1969 tiene la sua prima personale alla galleria L’Agrifoglio, presentato da Vittorio Fagone; nel 1972 espone, alla Galleria S. Fedele, Megalopoli consumistica, un’opera di denuncia sociale. Negli anni ’70 avvia la realizzazione di opere che vengono definite Ludoscopi: attraverso un sistema di specchi e tubi fluorescenti e il gioco combinatorio di elementi minimali, essi propongono la percezione di profondità infinite, in cui “si pratica l’abolizione del limite tra il reale e l’illusorio” (Maltese, 1976). In alcuni ludoscopi egli realizza raccordi illusori che creano uno spazio plastico curvo; in altri il raccordo seminterrato è praticabile; altri ancora sono di struttura cubica. Scirpa trae spunto anche dal Manifesto tecnico della Scultura Futurista di Boccioni, che aveva teorizzato la possibilità di impiego della luce elettrica nell’opera d’arte e si proietta a sperimentazioni in cui il colore non è più dipinto, i volumi non sono più scolpiti e la luce diventa opera essa stessa.  Conosce esponenti del MAC, tra cui Bruno Munari ed entra in contatto con i gruppi dell’Arte  cinetica, come il GRAV a Parigio il Gruppo T a Milano. Sollecita l’attenzione anche di studiosi come il cibernetico Silvio Ceccato.Dal 1977 opere di Scirpa sono presenti annualmente fino al  1991 nella sezione cinetica del Salon “Grands et Jeunes d’aujourd’hui” al Grand Palais des Champs-Elysées di Parigi. Negli anni ’80 sviluppa i suoi primi interventi progettuali sul territorio che saranno presentati nel 2004 alla mostra Utopie della città presso la biblioteca dell’Accademia di Brera. Nel 1982 il Symposium de Sculture di Caen (Francia) sceglie il progetto di un suo ludoscopio per la Bibliothèque Municipale. Tiene diverse mostre personali, tra le quali, alle gallerie Arte Struktura, Vismara Arte di Milano, al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Gallarate ed allo Studio d’Arte Valmore di Vicenza. Nel 1985 è presente a Roma alla mostra di Palazzo Venezia  Artisti oggi tra scienza e tecnologia e ad altre manifestazioni sullo stesso tema in Italia ed all’estero, tra le quali, nel 1990, al Politecnico di Milano, nel 1995 al Futur Show di Bologna, nel 1996 all’Accademia di Brera a Milano Convegno Arte, Scienza e Tecnologia; inoltre partecipa a rassegne sulla Patafisica, alla Triennale di Pittura di Osaka e nel 2003 al Museo Bargellini a Pieve di Cento (Bo) Luce vero sole dell’arte, nel 2006 alla galleria del Credito Siciliano di Acireale Sicilia!, nel 2008 allo ZKM di Karlsruhe (Germania) You ser: Das Jahrhundert des Kosumenten ed al Landesmuseum Joanneum di Graz (Austria) Viaggio in Italia, nel 2009 a Berlino presso la Rappresentanza del Baden-Württemberg alla mostra del Museum Ritter ed a Cordoba (Argentina) presso il Museo Jenero Perez alla mostra Echi futuristi ed allo ZKM di Karlsruhe, mostra  Collectors’ Choice II. Nel 2012 è presente alla mostra Arte programmata e cinetica presso la Galleria d’Arte Moderna di Roma dove è installata in permanenza una sua opera luminosa. Dal 2013 sue opere pittoriche fanno parte della Collezione Farnesina, raccolta d’arte contemporanea del Ministero degli Affari Esteri. (Roma). Nello stesso anno partecipa alla mostra Percezione e illusione presso il MACBA di Buenos Aires. Nel 2014 completa due nuove opere La porta stretta, la cui prima versione risale al 1999, l’una con fondo oro, l’altra su un tabellone consumistico, ambedue con l’inserzione di una struttura di luce triangolare a profondità ascensionale. Nel 2015 partecipa alla mostra Moderna Magna Graecia a cura di Francesco Tedeschi e Giorgio Bonomi presso FerrarinArte di Legnago. L’INDA Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa gli affida la realizzazione del nuovo manifesto degli spettacoli classici del 2015. È presente a Missoni – L’Arte – Il Colore al MAGA di Gallarate.Nel 2016 partecipa alla mostra itinerante The moving eye presso il Muo Musej di Zagabria, e Centri e Istituti Culturali di San Paolo, Brasilia e Panama. In occasione del 25° Festival della Musica di Milano, dedicato a Gérad Grisey Intonare la luce, immagini di sue opere luminose vengono utilizzate per illustrare il libro di sala e per lo spot pubblicitario su SKY classica. Il Museo delNovecento espone un Ludoscopio – Pozzo, 1979 facente parte della sua collezione. Partecipa alla mostra itinerante The moving eye presso il Muo Musej di Zagabria, e Centri e Istituti Culturali di San Paolo, Brasilia e Panama . E’ presente alla mostra Interrogare lo spazio a cura di Luigi Meneghelli presso Ferrarin Arte a Legnago (Vr). Tiene mostre personali allo Studio Arena di Verona La luce nel pozzo, a cura di Marco Meneguzzo per cui, nel pozzo che noi vediamo creato dagli specchi e dai neon, Scirpa “…mette in scena la finzione nello stato più puro” ; a Rosso Vermiglio di Padova, Labirinti di luce a cura di Vittoria Coen che vede nel Ludoscopio “…un invito alla riflessione, … un lasciarsi andare per pensare, …”, ed a ArteAGallery di Milano, L’infinito possibile a cura di Francesco Tedeschi che afferma: “…Gli elementi portanti della sua opera, nelle diverse forme che essa assume, sono la luce e lo spazio,.. la luce come strumento di colore e di forma è ad essi essenziale: una luce che concretizza le geometrie, genera figure formali in grado di attrarci e condurci in una profondità,…in uno spazio senza dimensioni..” Nel 2017 RossoVermiglioArte di Padova presenta una sua personale alla ArteFiera di Bologna.  Alle Fabbriche Chiaramontane di Agrigento si inaugura una sua personale “La forma della luce–La luce della forma” a cura di Marco Meneguzzo che sottolinea come “la forma della luce…trascende questa fisicità e diventa sostanza immateriale, diventa la luce della forma….,”  Successivamente al MACA di Acri partecipa alla mostra “Arte interattiva” a cura di Monica Bonollo e nel 2018 a Torino, Museo Ettore Fico, “100% ITALIA”, Cent’Anni di Capolavori. Nel 2019 realizza una mostra personale a Milano, Gaggenau hub,  “Sconfinamento” a cura di Sabino M. Frassà che sottolinea come “l’artista ha indagato, sperimentato e simulato l’assenza di limiti, lo “sconfinamento” appunto”. Partecipa a Senigallia alla mostra “Materie Prime – Dalla terra alla luce”, a Waldenbuch, Museum Ritter “1919-2019” e a Pontedera “Arcadia e Apocalisse”. Nel 2020 è presente alla Biennale Light di Mantova, Elogio della luce. Negli ultimi anni Scirpa realizza, con rigore geometrico e spirito innovativo, due opere scultoree in marmo bianco di Carrara ed in legno laccato bianco che evocano il Teatro greco di Siracusa: in esse le gradinate della cavea si raddoppiano, diventando circolari e sono rivolte anche all’esterno. Recentemente ha realizzato una struttura al neon che ricorda il Teatro greco, il cui progetto risale all’anno 2000. In un momento storico come il nostro in cui si manifesta la convivenza di vari linguaggi e l’artista può rivisitare esperienze passate, egli recupera il suo linguaggio delle prime denunce consumistische o quello sperimentale del mezzo elettronico e, nel proporre i suoi percorsi prospettici di spazi-luce, offre oggi nuove possibilità espressive su cui riflettere.

Sue opere sono in collezioni e musei tra i quali MAGA (Gallarate), Museo del Novecento (Milano),  Civiche Raccolte Bertarelli – Castello Sforzesco (Milano), Biblioteca di Brera (Milano), MACTE Museo d’Arte Contemporanea (Termoli), MART- VAF-Stiftung  (Trento e Rovereto), Museo MAGI ‘900 (Pieve di Cento), MAPP Museo d’Arte Paolo Pini (Milano), Musée des Beaux-Arts (Caen), Museum Ritter (Waldenbuch), Museo Civico d’Arte Contemporanea (Gibellina), Museum (Bagheria), Fabbriche Chiaramontane (Agrigento), Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Roma), Gallerie d’Italia (Milano).

Ha realizzato opere per spazi pubblici e chiese: nel 1965, un grande mosaico al Centro Internazionale del Movimento dei Focolari a Rocca di Papa (Roma) e uno all’Auditorium del Centro Internazionale di Loppiano (Fi) e dei dipinti nella Chiesa del D. P. a Cernusco sul Naviglio (Milano) dove sono stati installati anche suoi Ludoscopi sopra l’altare e il Battistero.

Al suo lavoro hanno dedicato saggi ed annotazioni critiche:

Riccardo Barletta, Pietro Baj, Carlo Belloli, Luigi Bianco, Sandro Bongiani, Guglielmo Boselli, Giorgio Bonomi, Rossana Bossaglia, Ginevra Bria, Domenico Cara, Luciano Caramel, Silvio Ceccato, Jacqueline Ceresoli, Claudio Cerritelli, Cesare Chirici, Vittoria Coen, Andrea Del Guercio, Mario De Micheli, Marina De Stasio, Giorgio Di Genova, Gillo Dorfles, Vittorio Fagone, Ornella Fazzina, Pedro Fiori, Carlo Franza, Sabino Frassà, Carmelo Genovese, Flaminio Gualdoni, Sara Liuzzi, Annette Malochet, Corrado Maltese, Gabriel Mandel, Giorgio Mascherpa, Luigi Meneghelli, Marco Meneguzzo, Marta Michelacci, Bruno Munari, Carlo Munari, Antonio Musiari, Daniela Palazzoli, Demetrio Paparoni, Francesco Poli, Pierre Restany, Roberto Sanesi, Giorgio Segato, Carmelo Strano, Luigi Tallarico, Francesco Tedeschi, Carlo Terrosi, Maria Torrente, Antonino Uccello, Miklos N. Varga, Alberto Veca, Francesco Vincitorio, Maurizio Vitta, Emanuele Zucchini.  

É stato docente all’Accademia di Belle Arti di Brera. Vive ed opera a Milano.

 

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BONGIANI ART  MUSEUM

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=42

GALLERIA  SANDRO BONGIANI VRSPACE https://www.sandrobongianivrspace.it/sandrobongianivrspace/in-forma-di-luce-tra-ludoscopi-e-opere-pittoriche-opere-1965-2010

GALLERIA  OPHENVIRTUALART  http://www.ophenvirtualart.it/mostra_artista.php?id=99&pag=mostre.php

BIOGRAFIA http://www.ophenvirtualart.it/bio_artista.php?id=99

 

GIULIA NAPOLEONE

SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

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RETROSPETTIVA

“Viaggi e costellazioni alla ricerca dell’infinito”

Opere 1956-2020

dal  20 marzo  al 30 giugno  2021

A cura di Sandro Bongiani

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GIULIA NAPOLEONE

Inaugurata sabato 20 marzo 2021, alle ore 18.00, la mostra Retrospettiva “Viaggi e costellazioni alla ricerca dell’infinito”, dedicata a Giulia  Napoleone, con opere create dal 1956 al 2020. Inoltre, viene presentato il libro d’artista di Giulia Napoleone dal titolo “Come il volo del tuffatore di Paestum” con 7 pastelli inediti creati tra il 2018-19 e con due poesie visuali di Sandro Bongiani. L’evento è sotto il Matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Museo Madre di Napoli.

53 opere, tra dipinti, disegni, pastelli e incisioni, datati 1956-2020, per delineare gli sviluppi dei paesaggi interiori, dei paesaggi “di puntini”, come li definisce lei stessa, di quella ricerca che domina la scena intellettuale e artistica degli anni Sessanta in cui opera l’artista con la sua specifica lettura del reale mediata dalla poesia.

Amica di Carlo Levi, Ennio Flaiano Vanni Schewiller, Leonardo Sinisgalli, Giulia Napoleone –confessa- “La poesia è come un paesaggio, tutta la comprensione delle cose avviene attraverso la poesia, a tutto corrisponde un verso”,  e poi, “La mia lettura è una lettura lenta e tormentata, un processo di assimilazione difficoltoso”. Insomma, un dialogo continuo e costante tra poesia e ricerca grafica-pittorica a caratterizzare l’importanza e la qualità del suo lavoro, dalle prime riflessioni sul tema del segno degli anni Sessanta, fino alla sperimentazione del colore sublime, soprattutto il blu, “colore versatile” che lei considera “del pensiero” ma anche dell’infinito, il più misterioso e metafisico dei colori. La forza  dirompente e inquieta di questo colore connota, da sempre, il lavoro di oltre un settantennio di lavoro di questa importante  e storica artista contemporanea.

La ricerca  di Giulia Napoleone viene approfondita soprattutto dalla seconda metà degli anni Settanta in poi, in cui l’assenza di materia fa riaffiorare la luce e l’emozione. Una ricerca personalissima che trae suggerimenti da Klee, Morandi, Fontana e Tancredi. Agli infiniti intrecci che pervadono gli attraversamenti inoggettivi di Napoleone, corrisponde un nucleo proprio di confluenza che è il disegno, da sempre abilitato a una rilettura specifica dell’altra faccia del visibile, di un paesaggio del tutto mentale costruito tra equilibrio e geometria. che – come suggerisce Leonardo Sinisgalli – è una chimica interiore.   

Per Giulia Napoleone Il viaggio “non è soltanto spostamento da un  luogo per arrivare ad un altro, ai viaggi fisici anche frequenti di Giulia Napoleone corrispondono altrettanti  viaggi mentali di luoghi inesplorati, tra spazi, segni e costellazioni dell’assoluto e dell’indefinito. Una lunga e assidua ricerca  a indagare i segni dell’esistere, del pensiero, che diviene spazio, tempo e profondità in cui la luce entra nella sua ombra per aprirsi all’infinito e divenire paesaggio interiore.

Scrive Sandro Bongiani, “Un dialogo incessante con il blu maestoso dei pensieri che lacerano il tempo per divenire respiro e poi vento fugace che trabocca di luce e si addensa all’orizzonte, un soffio misterioso di leggerezza, un indefinito procedere verso un equilibrio precario che inonda la natura per tramutarsi in aria sottile. Un viaggio insostanziale e al contempo metafisico, con una realtà in equilibrio e un percorso intimo nel mondo interiore che resiste e accompagna in profondità il cammino permettendo ai pensieri di prendere forma, con quella linea ininterrotta dell’orizzonte e del mare che guarda l’infinito, nasconde e desta vecchi ricordi che emergono all’improvviso per divenire evocazione di luce e sperimentazione, appunti e anche note sopraffini della memoria”. Come sempre, nel suo lavoro, il sogno di Sula si fa e si disfa lentamente, raccoglie gli oscuri presagi che si decantano leggeri in superficie, linee sottili e umori sfuggenti che addensati assieme nella penombra si rincorrono per dare nuova vita e destino all’emozione. Segno nel sogno, a scandagliare i sortilegi dell’anima e tramutare i nascosti pensieri che l’occhio indifeso e distratto non può mai recepire. Una traccia dopo l’altra di senso, a suggerire geometrie interiori in un procedere verso l’equilibrio e il silenzio, tra l’ordine apparente e l’improvviso momento di caos. Come nel precario volo dell’ignoto Tuffatore di Paestum, che sprofonda in un abisso per poi riemergere dall’acqua a nuova vita, i colori incantati di Napoleone viaggiano nel cosmo, alla ricerca di un tempo sospeso, tra la percezione di un infinito procedere e la ricerca di un assoluto che non ha ancora trovato sicura stabilità e certezza.   

Biografia di  Giulia Napoleone

Giulia Napoleone nasce nel 1936 a Pescara in Abruzzo e oggi vive nella Tuscia, in provincia di Viterbo, con frequenti soggiorni in Ticino (Svizzera). Dopo il diploma magistrale nel 1954 si avvicina alla pratica del disegno con lo scultore Ferdinando Gammelli (1913-1983), studia musica e si appassiona alla fotografia. Nel 1957 completa gli studi superiori nel I Liceo Artistico di Roma e si iscrive alla Scuola libera del Nudo dell’Accademia di Belle Arti dove apprende i principi dell’incisione dai maestri Mino Maccari e Lino Bianchi Barriviera. Nel 1958 conosce Giorgio Morandi che le consiglia di dedicarsi all’incisione, al disegno e all’insegnamento. Le prime opere che espone sono dipinti a olio e nel 1963  inaugura la prima mostra personale, Giulia Napoleone, alla Galleria Numero di Firenze. La carta è il suo supporto preferito, realizza le prime incisioni e, dal 1965, frequenta la Sala Studio della Calcografia Nazionale a Roma per approfondirne lo studio. Compie numerosi viaggi all’estero in Francia, Nord Europa, Australia e per lavoro in Tunisia, dove partecipa al restauro pittorico di alcuni dipinti del Museo del Bardo di Tunisi. Allo stesso tempo intraprende la lunga attività d’insegnamento che la vedrà impegnata fino al 2010: all’Istituto d’Arte di Anagni, al I Liceo Artistico di Roma, alla Calcografia Nazionale, all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, all’Università di Tenerife e di Aleppo, in Siria. Perfeziona la tecnica calcografica con una borsa di studio concessa dal Governo olandese al Rijkmuseum di Amsterdam dove rimane affascinata dai pittori Rembrandt, Hercules Seghers e Franz Hals. Nei primi anni Settanta torna in Olanda, viaggia in Inghilterra e sperimenta l’utilizzo del sicoglass, una plastica durevole e trasparente. Dopo le mostre personali alla Galleria dell’Obelisco a Roma (1973) e alla Galleria Menghelli a Firenze (1974) in cui espone lavori in sicoglass, disegni e incisioni, ritorna a studiare alla Calcografia: l’artista, che originariamente aveva inciso all’acquaforte e all’acquatinta, inizia a lavorare con il bulino e il punzone. Nel 1976 compie un viaggio negli Stati Uniti e in Canada per l’inaugurazione di una mostra personale a Toronto; mentre a Urbino, frequenta prima un corso di xilografia e in seguito dei corsi di incisione con Renato Bruscaglia, che la introducono all’utilizzo della maniera nera. In questi anni Giulia Napoleone entra in contatto con numerosi artisti, intellettuali e poeti anche attraverso la collaborazione con Giuseppe Appella, direttore dello Studio Internazionale d’Arte Grafica L’Arco ed inizia a creare preziose edizioni d’arte. In particolare con Vanni Scheiwiller realizza insieme ad Appella un’edizione con quattro incisioni a punzone dal titolo Non vedo quasi nulla (1978) con due poesie di André du Bouchet. Il libro, esposto al Centre Georges Pompidou di Parigi in occasione di una mostra sulla poesia italiana nelle edizioni Scheiwiller, sarà il primo di un’intensa collaborazione con l’editore milanese. L’artista dipinge acquarelli su carta che espone regolarmente in mostre collettive e personali, tra cui a Milano alla Galleria Bon à tirer (1977), a Roma alla Galleria Il Segno (1980) e alla Galleria Il Millennio (1983), dove presenta un nucleo di opere il cui filo conduttore è il colore azzurro. Nel 1983, inoltre, presso la Biblioteca Comunale di Palazzo Sormani a Milano si svolge un’importante rassegna antologica dell’opera grafica dell’artista, accompagnata da un volume pubblicato da Vanni Scheiwiller. Nel 1986 partecipa con tre grandi acquerelli all’XI Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma (sarà invitata anche nel 1999). Negli anni Novanta continua a realizzare ed esporre incisioni, disegni a pastello, a china, a matite colorate; in particolare per le retrospettive a Le Locle in Svizzera (1990), a Roma (1992), a Bologna (1995) e a Firenze(1996). L’Istituto Nazionale per la Grafica di Roma nel 1997 le dedica una mostra personale che raccoglie gran parte della sua produzione grafica di cui acquisisce un cospicuo nucleo di opere. Successivamente si costituiscono dei fondi al Museo Villa dei Cedri di Bellinzona in Svizzera (2001), al Gabinetto di Disegni e Stampe degli Uffizi di Firenze (2009, 2011) e in numerosi altri musei e collezioni pubbliche. Durante la sua carriera riceve numerosi riconoscimenti e dal 2007 è Accademico Nazionale di San Luca. Nel 2002 espone una serie di dipinti a olio su tela, Mutano i cieli, presso la galleria fiorentina Il Ponte e l’anno successivo è in Siria ad insegnare alla Private University of Science and Arts di Aleppo. Nonostante l’attività didattica all’estero partecipa a numerose mostre in Italia e in Europa: a Roma all’Istituto Nazionale per la Grafica (2007), all’Associazione Mara Coccia (2007), all’Accademia di San Luca (2008); a Reggio Emilia a Palazzo Magnani (2014) e in Svizzera a Bellinzona al Museo Villa dei Cedri (2007, 2009, 2015). Sempre in Svizzera, la Galleria Stellanove di Mendrisio ospita nel 2011 una mostra di disegni a inchiostro di china e un libro d’artista a cura di Josef Weiss che dà inizio ad un’importante collaborazione editoriale con Giulia Napoleone. Nel 2014 la stessa galleria espone alcuni pastelli dell’artista insieme ad un libro di poesie di Alberto Nessi con sue incisioni (edizioni Il Bulino) e la riproduzione del manoscritto Tempi innocenti del 1980 con l’aggiunta di componimenti poetici di diversi autori (edizioni Pagine d’Arte), mentre l’Atelier di Josef Weiss presenta una scelta di libri d’artista e il volume Nero con disegni originali a inchiostro di china. Nel 2016 il Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara le dedica una sala espositiva in occasione della mostra collettiva Percorsi d’Arte Contemporanea. 15 Sale per 15 Artisti. Nel 2017, propone una serie di dipinti a olio alla Galleria Contact di Roma (edizioni Kappabit) e l’inaugurazione presentata da Rosa Pierno, è accompagnata da una performance d’improvvisazione  per voce sola di Ludovica Manzo. Lo Spazio polivalente Arte e Valori di Giubiasco in Svizzera ospita una sua personale di pastelli su carta, seguita da una mostra di pitture a olio a cura di Loredana Müller presso l’Areapangeart di Camorino, presentata da Maria Will, con l’intervento musicale di Walter Fähndrich per tutta la durata dell’esposizione. Alla Biblioteca Salita dei Frati di Lugano  un’antologica di  libri d’artista e incisioni a cura di Alessandro Soldini. Alla Calcografia Nazionale di Roma un’antologica di libri  manoscritti a cura di Antonella Renzitti. Nel 2018 un’importante antologica dal titolo “REALTA’ IN EQUILIBRIO” che la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea  di Roma dedica a Giulia Napoleone, ricomponendone il percorso con una mostra  a cura di Giuseppe Appella. Centoquattro le opere (dipinti, sculture, disegni, incisioni, libri d’artista, datati 1956-2018) selezionate per evidenziare la nascita e gli sviluppi di un preciso linguaggio formale: dei paesaggi interiori, dei paesaggi “di puntini”, come li definisce lei stessa, di quella ricerca sulla complessità semantica che domina la scena intellettuale e artistica degli anni Sessanta, in cui l’artista opera con la sua personalissima lettura del reale mediata dalla poesia. Nel 2020 la galleria Il Ponte di Firenze presenta nero di china. Mostra curata da Bruno Corà e corredata da un volume che ripercorre il suo lavoro con l’inchiostro di china fin dalla metà degli anni Cinquanta. Nel 2021 è presente con una Retrospettiva dal titolo: Giulia Napoleone, “Viaggi e costellazioni alla ricerca dell’infinito”, con 54 opere tra  dipinti a olio, acquarelli, pastelli, chine e incisioni presso lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno a cura di Sandro Bongiani.

ANTOLOGIA CRITICA DI GIULIA NAPOLEONE

- Logo Sandro Bongiani Vrspace.

– Antologia Critica di Giulia Napoleone, aggiornata al 2021 da Sandro Bongiani Arte Contemporanea.

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SANDRO  BONGIANI VRSPACE

SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY – SALERNO

COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM

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Giulia Napoleone, Libro d’artista “Come il volo del tuffatore di Paestum” 2018-19

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ARCHIVIO LUIGI PIRANDELLO di SACILE – ITALIA

a cura di Andrea Bonanno

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TESSILI / ANTOLOGIA CRITICA E BIOGRAFIA DI MAURO MOLINARI

CICLO DEI MOTIVI TESSILI

COLLEZIONE  BONGIANI  OPHEN  ART  MUSEUM  DI  SALERNO

MOTIVI TESSILI / ANTOLOGIA CRITICA E BIOGRAFIA DI  MAURO  MOLINARI

ANTOLOGIA CRITICA / CRITICAL ANTHOLOGY

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Viene presentata un’antologia di scritti e saggi critici sui motivi tessili e una biografia  aggiornata al 2020 per una lettura più chiara e corretta del lavoro estetico dell’artista  Mauro Molinari

It is presented an anthology of critical writing and essays to faciliate a clearer and more accurate reading of the aesthetic message of the artist Mauro  Molinari

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Antologia critica e Biografia aggiornata pag. 99 a cura di Sandro  Bongiani Arte Contemporanea   su:          

Antologia PDF da consultare:  Mauro Molinari Antologia Critica e Biografia

Antologia Word:   Mauro Molinari Antologia Critica e Biografia

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Spazio Ophen Virtual Art Gallery / RETROSPETTIVA DI MAURO  MOLINARI, “TEXTURES – Racconti e trame per un immaginario gentile” –  Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 – 2007 a cura di Sandro Bongiani http://www.collezionebongianiartmuseum.it/virtualGallery/?art=27

Ophen Virtual Art Gallery  / I MESSAGGERI DI MAURO MOLINARI 60 Artistamps, 21 dic 2013 – 30 marzo 2014    http://www.ophenvirtualart.it/mostra_artista.php?id=127&pag=mostre.php

RETROSPETTIVA di MAURO MOLINARI “TEXTURES – Racconti e trame per un immaginario gentile”

Museo e Galleria virtuale di arte contemporanea

SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

RETROSPETTIVA di MAURO  MOLINARI

“TEXTURES – Racconti e trame per un immaginario gentile”

 Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 – 2007

a cura di Sandro Bongiani

Preview:  4 dicembre 2020

dal  5 dicembre 2020  al 14 marzo 2021

L’evento partecipa alla giornata del contemporaneo

promossa da AMACI

Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani

#GiornataDelContemporaneo

S’inaugura sabato  5 dicembre 2020, alle ore 18.00, la mostra Retrospettiva “TEXTURES – Racconti e trame per un immaginario gentile”, dedicata a Mauro Molinari, con 72 opere dal 1994-2007, che cerca di fare il punto sulle proposte tessili e immaginative dell’artista romano. In questa retrospettiva l’autore ci introduce nel mondo del linguaggio simbolico, nei racconti e tra le trame di un immaginario gentile dove ogni cosa sottesa racchiuse un senso, anche se possiamo percepirlo soltanto come una suggestione “appena trascritta” con il procedimento antico dei tessuti e carte utilizzate, rievocando lontani richiami per divenire suggestioni poetiche di una realtà sempre più evocativa e immaginaria.

Il percorso di Mauro Molinari, in circa un cinquantennio di lavoro, è contrassegnato da cicli diversi, come quelli dedicati all’informale, alla poesia visiva, ai libri d’artista, alla reinterpretazione degli antichi motivi tessili e nell’ultimo quindicennio al racconto della realtà urbana. Una lunga e appassionata ricerca contrassegnata da momenti diversi, tra filo, trama, intreccio e contrappunto, con un’attenzione assidua sulla presenza  che apre un varco nel tempo e sul vuoto spaziale in un intreccio di momenti e tempi diversi alla ricerca della relazione e dell’equilibrio per manifestarsi. Alla fine, l’intreccio diviene filo conduttore di storie e di significati che si dipanano in un viaggio carico di suggestioni e vibrazioni poetiche suggerite per frammenti di senso.  

A partire dagli anni 90, i motivi tessili rielaborati come segni, frammenti e presenze simboliche di forme naturali, vegetali e persino araldiche prendono forma fantastica su carte e tele, su preziosi libri d’artista, teatrini, abiti di carta, scarpe, cravatte e anche paramenti liturgiche, paliotti e pianete.

Sandro Bongiani nella presentazione in catalogo scrive: “Un universo assai complesso dettato da una specifica motivazione alla ricerca dell’invenzione creativa e dell’interpretazione fantastica. Il tutto avviene in circa 15 anni di lavoro con una pittura lieve e insostanziale che si deposita sulla pelle velata e fragile della carta per divenire sfuggente apparizione.

Libri teatro di  carta dipinta su tessuto, libri oggetto, libri giocattolo, libri a rilievo da aprire e libri  d’artista non sfogliabili che purtroppo non possiamo mai aprire, nelle sue mani tutto diventa favola e racconto ordito tra filamenti e trame di apparizioni che si stabilizzano nello spazio provvisorio della pittura, in un tempo sospeso e precario in cui l’immaginazione s’incarna alla ricerca dell’invenzione. Da questo incanto nascono presenze assorte nate tra le trame e i vagiti di remoti tessuti per divenire delicati racconti poetici di una realtà  tutta contemporanea.

Una lunga  e proficua stagione creativa “tessile” in cui l’artista è intento a indagare in modo assiduo un possibile recupero della memoria e a svelare le simbologie e i grovigli della vita con una verve visionaria in cui le coordinate del tempo e dello spazio si dilatano e perdono le loro abituali caratteristiche logiche in vista di nuove associazioni e traiettorie. La traccia di un suggerimento di memoria può ora finalmente distendersi tra la fragile carta e i brani di tessuto reale e divenire “ordito gentile”, trama e frammento di racconto che si libera dalle costrizioni in una narrazione a più livelli di lettura che s’intersecano e convivono. Solo in questo modo i frammenti del passato possono prendere forma e divenire materia lirica in rapporto alla vita, in un succedersi cadenzato e assorto di accadimenti e di intrecci allusivi che emergono da un tempo remoto per divenire contemporaneità  e soprattutto  essenza concreta di assoluto”.   

 

Presentazione di Sandro Bongiani

La mostra Retrospettiva “TEXTURES – Racconti e trame per un immaginario gentile”, dedicata a Mauro Molinari, con 72 opere dal 1994-2007, cerca di fare il punto sulle proposte tessili e immaginative dell’artista romano. In questa retrospettiva l’autore ci introduce nel mondo del linguaggio simbolico, nei racconti e tra le trame di un immaginario gentile dove ogni cosa sottesa racchiuse un senso, anche se possiamo percepirlo soltanto come una suggestione “appena trascritta” con il procedimento antico dei tessuti e carte utilizzate, rievocando lontani richiami per divenire suggestioni poetiche di una realtà sempre più evocativa e immaginaria.

Il percorso di Mauro Molinari, in circa un cinquantennio di lavoro, è contrassegnato da cicli diversi, come quelli dedicati all’informale, alla poesia visiva, ai libri d’artista, alla reinterpretazione degli antichi motivi tessili e nell’ultimo quindicennio al racconto della realtà urbana. Insomma, una lunga e appassionata ricerca contrassegnata da momenti diversi, tra filo, trama, intreccio e contrappunto, con un’attenzione assidua sulla presenza  che apre un varco nel tempo e sul vuoto spaziale in un intreccio di momenti e tempi diversi alla ricerca della relazione e dell’equilibrio per manifestarsi. Alla fine, l’intreccio diviene filo conduttore di storie e di significati che si dipanano in un viaggio carico di suggestioni e vibrazioni poetiche suggerite per frammenti di senso.  Su tali temi trattati nel corso degli anni ha prodotto carte, tele, grandi installazioni, tavole, sculture dipinte e persino  artistamps d’autore. Un autore decisamente originale tra i protagonisti  fondatori  della Fiber Art italiana. Le ricerche iniziali degli anni sessanta  dell’informale e della poesia visiva si evolvono negli anni novanta ad un  repertorio di motivi tessili; dai lampassi broccati ai damaschi, dal tessuto italiano antico (fiorentino, comasco, genovese, veneziano, lucchese, siciliano), al  motivo tessile spagnolo, inglese, indiano e cinese della seta a garza. Una vasta varietà di motivi tessili che abbracciano svariati periodi storici; dal tessuto cinese del III sec. a.C. ai motivi europei che vanno dall’XI sec. fino al XIX secolo. Da essi recupera con i disegni su carta, con gli acquerelli e gli acrilici, frammenti di figure, animali, alberi  e qualsiasi sorta di “immaginario fantastico” che poi inserisce su tavole di legno o su tela. Cicli di opere “gentili” come la serie di pianete, le scarpe, le sculture ricoperte di carte dipinte, i libri d’artista rivisitati e interpretati come “appunti,  variazioni, racconti di figure”, con altrettanti sorprendenti titoli, come per esempio, “giardino, paesaggio spagnolo, Mashan,  India,  mediterraneo, rinascimento”, in cui affiorano “lacerti di giardino, maschere, guardiani e fantasmi immaginari del presente”, con una insolita carica espressiva in cui il segno e la velatura degli acquerelli fanno affiorare  misteri e frammenti di storia passata.

Tutto inizia agli inizi degli anni 90. Una passione che già covava da tempo, il padre era un commerciante di tessuti e poi proprietario con la moglie di un atelier di moda, non ha caso, Mauro  Molinari fin da bambino ha sempre vissuto tra rotoli di stoffe e colori stampati fino a conoscerli e amarli. Poi, anche l’incontro in una galleria di via Giulia a Roma, con i prodotti della Tessitura di Rovezzano, realizzati utilizzando pregiati motivi figurativi e tecniche dei secoli trascorsi.  Per diversi anni, i motivi tessili rielaborati come segni, frammenti e presenze simboliche di forme naturali, vegetali e persino araldiche prendono forma fantastica su carte e tele, su preziosi libri d’artista, teatrini, abiti di carta, scarpe, cravatte e anche paramenti liturgiche, paliotti e pianete. Un universo assai complesso dettato da una specifica motivazione alla ricerca dell’invenzione creativa e dell’interpretazione fantastica. Il tutto avviene in circa 15 anni di lavoro con una pittura lieve e insostanziale che si deposita sulla pelle velata e fragile della carta per divenire sfuggente apparizione. Dal connubio con il tessile nascono i libri d’artista ad acquerello segnati da tracce di materia trasparente e fragili segni di memorie incise come quelli realizzati nel 2007, (Racconti con figure, 2007, carte dipinte su legno da un motivo tessile di fattura inglese del primo trecento Piviale di Pio II), di cui un importante esemplare è presente in permanenza nella Collezione del  Bongiani Ophen Art Museum  di Salerno.

Si diceva, libri teatro di  carta dipinta su tessuto, libri oggetto, libri giocattolo, libri a rilievo da aprire e libri  d’artista non sfogliabili che purtroppo non possiamo mai aprire, nelle sue mani tutto diventa favola e racconto ordito tra filamenti e trame di apparizioni che si stabilizzano nello spazio provvisorio della pittura, in un tempo sospeso e precario in cui l’immaginazione s’incarna alla ricerca dell’invenzione. Da questo incanto nascono presenze assorte nate tra le trame e i vagiti di remoti tessuti per divenire delicati racconti poetici di una realtà  tutta contemporanea.

Mirella Bentivoglio, presentandolo  nel 1998 a Lugano scrive: “nel lavoro di Molinari sui tessuti è implicito un allargamento, dalla visione individuale, all’immaginario collettivo; un prelievo di dati filtrati da tradizioni anonime rielaborati individualmente, riportati alla loro essenza e dignità di “espressione”. Nello stesso anno anche Alberto Veca, sottolinea che “l’operazione è a un tempo un recupero della memoria e la soglia inaugurale di un viaggio, in cui le coordinate della collocazione geografica e cronologica perdono le loro caratteristiche per un più libero e fantasioso percorso, capace di accostare nuove e incognite traiettorie”.

Davvero una lunga  e proficua stagione creativa “tessile” in cui l’artista è intento a indagare in modo assiduo un possibile recupero della memoria e a svelare le simbologie e i grovigli della vita con una verve visionaria in cui le coordinate del tempo e dello spazio si dilatano e perdono le loro abituali caratteristiche logiche in vista di nuove associazioni e traiettorie. La traccia di un suggerimento di memoria può ora finalmente distendersi tra la fragile carta e i brani di tessuto reale e divenire “ordito gentile”, trama e frammento di racconto che si libera dalle costrizioni in una narrazione a più livelli di lettura che s’intersecano e convivono. Solo in questo modo i frammenti del passato possono prendere forma e divenire materia lirica in rapporto alla vita, in un succedersi cadenzato e assorto di accadimenti e di intrecci allusivi che emergono da un tempo remoto per divenire contemporaneità  e soprattutto  essenza concreta di assoluto.    

Sandro Bongiani  19 nov. 2020

Mauro Molinari

BIOGRAFIA

Mauro Molinari Nato a Roma, vive a Velletri (RM). La sua ricerca artistica si è svolta per cicli che vanno dai registri informali degli anni ’60 alla pittura scritta e alle geometrie modulari del ventennio successivo. Nel 1974 personale alla galleria d’Arte Internazionale di Roma, pres. S. Giannattasio. Nel 1975 le sue opere sono presenti alla X Quadriennale di Roma. Dal 1974 all’81 partecipa alle rassegne internazionali sul disegno della Fundació Joan Miró di Barcellona. Nel 1979 personale alla galleria Il Grifo di Roma , pres. D. Micacchi. Nel 1982 personale alla galleria Il Luogo di Roma, pres. M. Lunetta e C. Paternostro. Nel 1983 e 1985 partecipa all’International Drawing Biennale di Cleveland. Nel 1987 personale alla galleria Incontro d’Arte di Roma, pres. I. Mussa. Negli anni ’90 si dedica alla rielaborazione pittorica dei motivi tessili avviando un ciclo che dura più di 15 anni. Nel 1995 nasce la collana di Orditi & Trame, di cataloghi editi in proprio. Il primo illustra la mostra itinerante promossa dalla Tessitura di Rovezzano e presentata a Roma alla galleria Pulchrum, pres. L. de Sanctis. Nel 1998 personale allo Spazio de la Paix e alla Biblioteca Cantonale di Lugano, pres. A. Veca. Dal 2000 al 2014 partecipa ai Rencontres Internationales di Marsiglia. Dal 2000 al 2008 collabora con la rassegna internazionale Miniartextil che si tiene a Como ogni anno. Nel 1999-2000 crea il ciclo Stellae Errantes sculture dipinte ispirate ai tessuti sacri, che è stato ospitato in numerosi musei italiani in occasione del Giubileo. Nel 2001 personali alla galleria Il Salotto di Como e al Museo Didattico della Seta di Como, pres. M. De Stasio. Nel 2001 personale al Museo dell’Infiorata di Genzano, pres. C. F. Carli. Nel 2002 personale al Museo S. Maria di Cerrate Lecce, pres. L. Caramel. Nel 2003 sala personale al Musèe de l’Impression sur Ètoffes di Mulhouse, pres. L. Caramel. Nel 2004 personale a Oman Caffè di Como, pres. L. Caramel. Nel 2005 esposizione allo Spazio Mantero di Como e al Salons de l’Hôtel de Ville di Montrouge, pres. L. Caramel. Nel 2006 Salone d’Arte Moderna di Forlì, pres. F. Gallo, e sala personale al Museo di Palazzo Mocenigo di Venezia, pres. L. Caramel. Nel 2007 personale alla Fondazione Venanzo Crocetti di Roma, pres. C. F. Carli e C. Paternostro. Nel 2008 sala personale alla VI Triennale Internazionale di Tournai, e personale alla Biblioteca Angelica di Roma, pres. E. Di Raddo. Dal 2008 sviluppa un ciclo pittorico dove è centrale la figurazione, che si pone come naturale evoluzione del suo percorso creativo. Nel 2009 personale alla galleria Renzo Cortina di Milano, pres. A. Veca. Nel 2010 personale al Museo Carlo Bilotti di Roma, pres. A. Arconti e L. Canova. Dal 2011 al 2016 e 2019 partecipa al Festival del Libro d’Artista di Barcellona, pres. E. Pellacani. Nel 2012 e 2015 Galleria Gallerati Roma primo e secondo progetto mixed media. Nel 2013 due personali alla galleria Baccina Techne di Roma, pres. G. Evangelista e personale allo Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno, pres. G. Bonanno. Nel 2014 personale allo Spazio COMEL di Latina, pres. M. Cozzuto e a Roma presso il Municipio Roma III, Aula Consiliare, pres. G. Evangelista. Nel 2016 Dante e i Papi nella Divina Commedia Fondazione Pescabruzzo a cura di Giorgio Di Genova, donazione delle opere. Dal 2014 al 2019 Artisti per Nuvolari Casa Museo Sartori Castel d’Ario (MN). Nel 2017 Museo Jean Lurçat Angers Francia, donazione bozzetto originale. Personale Spazio Medina e AF CasaDesign pres. F. Farachi. Antologica 1990/2006 Museo Diocesano e Sala Angelucci Velletri, pres. Sara Bruno e Claudia Zaccagnini, donazione di sei sculture. Nel 2018 donazione di un’opera al costituendo museo di arte contemporanea SAmac di Benevento, Antologica 2007/2017 Tibaldi Arte Contemporanea Roma a cura di Carlo Fabrizio Carli. Nel 2019 il Museo Comunale di Praia a Mare ha acquisito l’opera “White and Brown. Nel 2020 Retrospettiva “Textures – Racconti e trame per un immaginario gentile” , Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 – 2007 – Spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno a cura di Sandro Bongiani

Studio: Interno 5, via Paolina 25, 00049 Velletri (RM) Italia, info: cell. 328 6947561 http://www.facebook.com/mauro.molinari.73 e-mail: arte@mauromolinari.it web: http://www.mauromolinari.it sito web storico: www.caldarelli.it/molinari.htm

COLLEZIONE BONGIANI ART MUSEUM

http://www.collezionebongianiartmuseum.it

Orario continuato tutti i giorni dalle 00.00 alle 24.00

http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=14http://www.collezionebongianiartmuseum.it/sala.php?id=89

ANTOLOGIA CRITICA E BIOGRAFIA DI RUGGERO MAGGI

Antologia critica e Biografia aggiornata pag. 99 a cura di Sandro  Bongiani Arte Contemporanea     

da scaricare:   – Antologia Critica e Biografia di Mauro  Molinari.

Link Utili: 

Spazio Ophen Virtual Art Gallery / RETROSPETTIVA DI MAURO  MOLINARI, “TEXTURES – Racconti e trame per un immaginario gentile” –  Ciclo di opere ispirate ai motivi tessili con opere del 1994 – 2007 a cura di Sandro Bongiani http://www.collezionebongianiartmuseum.it/virtualGallery/?art=27

Ophen Virtual Art Gallery  / I MESSAGGERI DI MAURO MOLINARI 60 Artistamps,

21 dic 2013 – 30 marzo 2014   http://www.ophenvirtualart.it/mostra_artista.php?id=127&pag=mostre.php

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Antologia Critica e Biografia di Ruggero Maggi

Senza titolo 1

EVENTO IN CORSO:

ITA

ARCHIVIO AMAZON Mail Art: risposta glocal al mondo global

di Ruggero Maggi

a cura di Stefano Schiavoni

6 maggio 2023 | 30 agosto  2023

INAUGURAZIONE sabato 6 maggio 2023 ore 17.00

 
Sabato 6 maggio alle ore 17.00 si inaugurerà presso il MAM Museo d’Arte Moderna e della Mail Art di Montecarotto (AN) la mostra Internazionale di Arte Postale ARCHIVIO AMAZON | Mail Art: risposta glocal al mondo global di Ruggero Maggi a cura di Stefano Schiavoni.

Interverranno il Sindaco Giuseppe Paoloni, l’Assessore alla Cultura Marta Giovannetti, il Direttore del MAM e curatore Stefano Schiavoniil critico Mauro Carrera l’artista Ruggero Maggi.

Il MAM Museo d’Arte Moderna e della Mail Art di Montecarotto è attivo dal 1984, ideato e fondato da Carlo Emanuele Bugatti voluto dall’Amministrazione Comunale di Montecarotto, all’interno di un progetto inedito di Museo Diffuso sul territorio dell’allora Ente Provincia di Ancona. Il Museo collabora infatti storicamente e stabilmente con il MUSINF di Senigallia inaugurato nel 1981, con il Museo Comunale Nori dè Nobili di Tre Castelli e con diverse altre strutture museali marchigiane ed italiane.

La mostra riassume l’attività nella Mail Art di Ruggero Maggi, iniziata nel 1975 e sviluppata negli anni con l’ideazione e l’organizzazione di progetti incentrati su temi legati all’ecologia con particolare riferimento alla salvaguardia dell’Amazzonia, alla Pace ed al disarmo mondiale, sviluppatasi negli anni attraverso il suo Archivio Amazon creato nel 1979.

La mostra principale sarà dedicata al progetto M.A.D. Mail Art Day | 16 ottobre | Giornata internazionale della Mail Art con cui si vuole ricordare Ray Johnson, nato appunto il 16 ottobre e definito “il più famoso artista sconosciuto di New York” che, fondando nel 1962 la New York Correspondance School segnò con il deflagrante momento iniziale, il Big Bang della Mail Art.

Durante l’inaugurazione della mostra, il 6 maggio, negli spazi esterni al Museo verrà realizzato con il coinvolgimento attivo sia di artisti postali che del pubblico, “Progetto Ombra” un’azione collettiva in cui saranno dipinte a terra silhouettes umane per ricordare, oltre che le vittime di Hiroshima e Nagasaki, anche quelle causate dall’attuale tragica guerra in Ucraina.

Altre sezioni dell’iniziativa espositiva realizzata al MAM di Montecarotto, ripercorrono anche attraverso il supporto di pannelli esplicativi, alcune delle principali tematiche affrontate e sviluppate negli anni da Maggi e raccolte nel suo archivio Amazon: quelle sul tema più specifico dell’Amazzonia (con i progetti Museo in casa 1979; Amazon Archive 1980 al SixtoNotes di Milano; Amazonic Trip 1980 1° mostra di Mail Art in Perù, Amazonic Highways 1981 16. Biennale di San Paolo (BR). Il Progetto Ombra fu presentato nel 1988 anche a Senigallia con l’attiva collaborazione di Stefano Schiavoni, Carlo Emanuele Bugatti (al tempo Direttore del Museo Comunale dell’Informazione) e l’artista Chiara Diamantini. Alcune altre iniziative: Solidarte – Uniti per la Pace La Saga di Gina. Importante fu il Milan Art Center fondato e diretto da Maggi esattamente cinquant’anni fa che svolse un’intensa attività multimediale con particolare riferimento alla ricerca contemporanea sperimentale, alla Mail art, alla Poesia visiva e al libro d’artista. I Congressi Decentralizzati di Mail Art tra il 1986 e 1992. I progetti GenerAction TERRA|materiaprima a cura di Maggi e con la presentazione di Emma Zanella realizzati a Gallarate presso il MA*GA e l’Università del Melo con il supporto di Marco Predazzi, Benedetto Predazzi e Gabriele Illarietti e ancora i progetti realizzati al Museo Diotti di Casalmaggiore: Card, L’Amazzonia deve vivere Mail Art a Stelle e Strisce con il supporto di Roberta Ronda e Valter Rosa rispettivamente Direttore e Conservatore del Museo. Avremo anche un ricordo attraverso foto e testi di personaggi che Maggi definisce “infiniti”, come GAC, Pierre Restany, Ray Johnson e Shozo Shimamoto La lunga linea infinita di Piero Manzoni installazione collettiva di Mail Art organizzata da Maggi e Paolo Barrile nel 1992 e Il progetto Caos/Caotica Arte Ordinata Scienza. La parte documentativa sarà costituita da pubblicazioni di Mail Art come Meta+Verse realizzata da Maggi e Hans Braumüller, Uniti nella Mail Art scritta da Braumüller, Maggi, Clemente Padin, Chuck Welch. Infine le ultime progettualità 1962|2022 60 anni di Arte Postale progetto presentato nel 2022 con il supporto di Poste Italiane a Saronno con la presentazione della docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera Lorella Giudici, i Padiglioni di Mail Art dedicati al Tibet, alla Birmania e all’Ucraina, quest’ultimo organizzato con la collaborazione del SACS diretto da Cristina Sosio; la mostra Mail Art quintessenza della comunicazione creativa al Museo dei Tasso e della storia postale di Camerata Cornello (BG) diretto da Fabio Bonacina e la fattiva collaborazione con Sandro Bongiani ideatore dello spazio Ophen Virtual Art Gallery di Salerno.

Il catalogo pubblicato in occasione dell’omaggio a Ruggero Maggi, che il MAM pubblica, riassume questa intensa attività, con i testi di Stefano Schiavoni direttore del MAM e curatore della mostra, di Emma Zanella direttrice del MA*GA, del critico e storico d’arte Giosuè Allegrini, del critico d’arte Matteo Galbiati, di Silvio De Gracia direttore del Centro HOTELDADA in Argentina, di Ryosuke Cohen Andrej Tišma mailartisti.

La mostra è dedicata a Carla Bertola e Teo De Palma.

m.A.D. Mail Art Day | ARTISTI PARTECIPANTI

ANDORRA Julien Rochedreux AUSTRIA Monika Lederbauer BELGIO Guy Bleus, Marc Buchy, Luc Fierens, Charles François, Frips, Miche-Art-Universalis, Sjoerd Paridaen, Johan Van Geluwe, Josè Vd Broucke, Broc BRASILE Paulo Bruscky, Marcelo Dola, Eni Ilis, Marta Keppler, Roberto Keppler, José Nogueira, Hugo Pontes CANADA Circulaire132 / RF Cotè, Kerosene CILE Orlando Nelson Pacheco DANIMARCA Marina Salmaso FILIPPINE Mayo Michelangelo FINLANDIA J. Lehmus-kamari, Anja Mattila-Tolvanen FRANCIA Alle Christian, Aristide 3108, Michel Dellavedova, Pascal Lenoir, Gisele Marsaglia, Jean Paul Sidolle GERMANIA Lutz Anders, Hans Braumüller, Rüdiger Dalit Abshalom, Klaus Groh, Elke Grundmann, Karl-Friedrich Hacker, Annegret Heinl, Uwe Höfig, Barbara Ihme, Krugler, Lebenschilfe gGmbH, A. Niederau Kaiser, Jürgen Olbrich, Horst Tress, Sigismund Urban, Lutz Wohlrab GIAPPONE Tetsuya Fukui, Tohei Mano, Keiichi Nakamura, Miwa Sato, Jack Seiei, Mukata Takamura, Isao Yoshii GRAN BRETAGNA Keith  Bates, Kevin & James Gillen GRECIA Evgenia Kaika, Katerina Nikoltsou INDIA Renuka Kesaramadu ITALIA Walter Accigliaro, Giosuè Allegrini, Antonio Amato, Salvatore Anelli, Erika Baggini, Franco Ballabeni, Vittore Baroni, Donatella Baruzzi, Patrizia Beccari, Mariano Bellarosa, Luisa Bergamini, Nicola Bertoglio, Giuseppe Bertolino, Marco Bevilacqua, Daniela Billi, Lucia Biral, Maria Paola Biral, Rovena Bocci, Mariella Bogliacino, Maria Bonaduce, Giovanni Bonanno, Adriano Bonari, Anna Boschi, Viviana Buttarelli, Mirta Caccaro, Loredana Cacucciolo, Mariangela Calabrese, Veronica Caleo, Glauco Lendaro Camiless, Carlo Capeti, Angela Caporaso, Lucia Caprioglio, Guido Capuano, Lamberto Caravita, Graziella Carli, Bruno Cassaglia, Fabiola Cenci, Renato Cerisola, Raffaele Cesari, Laura Chiarello, Bruno Chiarlone, Simonetta Chierici, Cobàs, Francesco Cornello, Antonio Crivellari, Giampietro Cudin, Crescenzio D’Ambrosio, Maria Grazia Dapuzzo, Giorgio De Luca, Antonio De Marchi Gherini, Fabio De Poli, Albina Dealessi, Gabriele Di Francesco, Antonio Di Michele, Annitta Di Mineo, Renata Di Palma, Franco Di Pede, Marcello Diotallevi, Arturo Donadoni, Giovanni Donaudi, Giovanna Donnarumma, Graziano Dovichi, Giorgio Fabbris, Cinzia Farina, Fernanda Fedi, Salvo Ferrante, Domenico Ferrara Foria, Mimicha Finazzi, Giovanni Fontana, Roberto Formigoni, Nicola Frangione, Giglio Frigerio, Antonella Gandini, Giordano Gardelli, Annamaria Gelmi, Matteo Giacomelli, Roberto Gianinetti, Mario Giavino, Lino Giussani, Claudio Grandinetti, Gruppo Sinestetico, James Robert Hanrahan, I Miradebora, Luigina Iacuzzi,Gennaro Ippolito, Benedetta Jandolo, Leona K., Oronzo Liuzzi, Lucia Longo, Gian Paolo Lucato, Serse Luigetti, Ruggero Maggi, Paola Marcucci, Renato Marini, Max Marra, Calogero Marrali, Emanuele Marsigliotti, Anna Maria Matone, Monica Mazzone, Massimo Medola, Moreno Menarin, Monica Michelotti, Angela Mitrano, Giorgio Moio, Mauro Molinari, Fernando Montà, Emilio Morandi, Giovanni Morgese, Maya Lopez  Muro, Marco Napoli, Cesare Nardi, Giuliana Natali, Clara Paci, Cristiano Pallara, Teresa Claudia Pallotta, Franco Panella, Peter Hide 311065, Pasquale Petrucci, Renata Petti, Riccardo Pezzoli, Alessandra Pierelli, Laura Pigo, Magda Pikul, Tarcisio Pingitore, Laura Pintus, Franco Piri Focardi, Marzia Pollini, Luciano Porta, Veronique Pozzi Painè, Ptrzia Tic Tac, Giancarlo Pucci, Maurizia Ragni, Ramailart, Viviana Ravelli, Gaetano Ricci, Isabella Rigamonti, Claudio Romeo, Sandra Rosa, Eleonora Sala, Enzo Salanitro, Piero Sani, Sergio Sansevrino, Lucia Sapienza, Roberto Scala, Eugenia Serafini, Cesare Serafino,  Wally Sillian, Marisa Simoni, Luigino Solamito, Alberto Sordi, Lucia Spagnuolo, Giovanni e Renata  Strada, T.tta, Gian Paolo Terrone, Camilla Testori, Elsa Testori, Roberto Testori, Renata Torazzo, Elisa Traverso, Ilia Tufano, Stefano Turrini, Emilio Vance, Paola Vantadori, Giorgio Vazza, Giovanna Vecchio, Generoso Vella, Silvia Venuti, Ada Eva Verbena, Rosanna Veronesi, Daniele Virgilio, Antonio Zenadocchio, Rolando Zucchini MESSICO Devin Cohen, Rebeca Martell, Diana Valdez Magallòn OLANDA Ko De Jonge, Ever Arts, Ed Hanssen, Carmen Heemels, Monika Loster, Reijncor, Stardust Memories, Isik Tuzuner, VEC/Rod Summers, Willemlen Visser REP. CECA Zdeněk Šima ROMANIA Nono Zilahi RUSSIA Alexander Limarev SPAGNA Sabela Baña, Paco Perez Belda, Pedro Bericat, Danielle Culla, Victoria Encinas, Joan Estrader, Antonio Moreno Garrido, Alicia Gil, Miguel Jimenez, Myriam Mercader, Cesar Reglero, Jaume Rocamora, Horacio Sapere, Mikel Untzilla SVEZIA Henry Grahan Hermunen SVIZZERA H.R. Fricker, Lorenzo Rosselli, Marie-Laure Van Hissenhoven. Manfred Vänçi Stirnemann UNGHERIA  György Galántai, István Tenke, Vass Tibor UCRAINA  Lubomyr Tymkiv URUGUAY Clemente Padìn, Maria Victoria Ramirez Bonè USA David Stanley Aponte, Roberta Bartel, John M. Bennett, Boog, Carl T. Chew, Cypripedium Unbound, Mike Dyar, Ex Posto Facto, S. Gergel, Coco Gordon, John Held Jr., Fleur Helsingor, Honoria, Amy Irwen, Nick Johnson, Kate Kosmos, Malok, Willie Marlowe, Ken Miller, Picasso Gaglione, Private World, PYM, Steve Random, Adam Roussopoulos, State of Being (Reid Wood), David Stone, Cameron Terhune, The Haddocks, The Sticker Dude (Joel Cohen).

 

Invito:

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INVITO PER PERFORMANCE COLLETTIVA PROGETTO OMBRA

In occasione dell’inaugurazione della mostra di Mail Art ARCHIVIO AMAZON: Mail Art: risposta glocal al  mondo global

SEI INVITATA/O  sabato 6 maggio alle ore 17.00 al MAM Museo d’Arte Moderna e della Mail Art di Montecarotto (AN), Via Circonvallazione 41, per realizzare con il sottoscritto e Stefano Schiavoni Direttore del MAM e curatore della mostra, la performance collettiva PROGETTO OMBRA – in ricordo delle vittime dell’olocausto nucleare di Hiroshima e Nagasaki ed ora purtroppo anche di quelle della guerra in Ucraina – che dal 1985 ho presentato in molte città italiane ed estere, tra cui Hiroshima il 6 agosto 1988 con Shozo Shimamoto.

Sei pregato di portare pennellesse/pennelli piatti e una o più silhouettes – tua e di chi vuoi tu – il cui contorno disegnato su carta dovrai poi ritagliare, in modo da poter essere riprodotto/dipinto sul terreno antistante il MAM.

La vernice bianca sarà fornita dal Comune.

L’operazione, con i relativi partecipanti, sarà recensita da giornali e riviste.

Dammi per favore conferma, se deciderai di venire. (maggiruggero@gmail.com)

Ti aspetto!

Ruggero 

MAM Museo d’Arte Moderna e Mail Art

Via Circonvallazione 41

Montecarotto (AN)

ARCHIVIO AMAZON | Mail Art: risposta glocal al mondo global

di Ruggero Maggi

a cura di Stefano Schiavoni

6 maggio 2023 | 30 agosto  2023

INAUGURAZIONE sabato 6 maggio 2023 ore 17.00

orari e visite | consultare il sito http://www.comune.montecarotto.an.it

info | comunicazione@comune.montecarotto.an.it

        cellulare e Whatsapp 327 8587252

   

ENG

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Ruggero Maggi, Queridoamigo…, disegno Timbri e polimaterico su carta 2022

MAM  Museum of Modern Art and Mail Art

Montecarotto (AN)

AMAZON ARCHIVE  Mail Art: glocal response to the global world

by Ruggero Maggi

curator Stefano Schiavoni

May 6, 2023  |  August 30, 2023

INAUGURATION  Saturday 6 May 2023 at 17.00

 

Saturday 6 May at 17.00 the International Mail Art Exhibition AMAZON ARCHIVE | Mail Art: glocal response to the global world by Ruggero Maggi curator Stefano Schiavoni, will be presented at the MAM Museum of Modern Art and Mail Art of Montecarotto.

Inauguration speeches from: the Mayor Giuseppe Paoloni, the Councilor for Culture Marta Giovannetti, the Director of MAM e curator Stefano Schiavoni, the critic Mauro Carrera and the artist Ruggero Maggi.

The MAM Museum of Modern Art and Mail Art of Montecarotto has been active since 1984. This museum was conceived and founded by Carlo Emanuele Bugatti with the Municipal Administration of Montecarotto, within an unprecedented project of a Widespread Museum on the territory of the then Provincial Authority of Ancona. In fact, the Museum collaborates historically and permanently with the MUSINF of Senigallia inaugurated in 1981, with the Nori dè Nobili Municipal Museum of Tre Castelli and with various other museums in the Marche region and Italy.

The exhibition summarizes Ruggero Maggi’s activity in Mail Art, which began in 1975 and developed over the years with the conception and organization of projects focused on themes related to ecology, with particular reference to the safeguarding of the Amazon, Peace and the global disarmament, developed over the years through its Amazon Archive created in 1979.

The main exhibition will be dedicated to the M.A.D. Mail Art Day | 16 october | International Mail Art Day with which we want remember Ray Johnson, born on 16 October and defined as “the most famous unknown artist of New York” who, by founding the New York Correspondance School in 1962, marked with this explosive initial moment, the Big Bang of Mail Art.

During the inauguration of the exhibition, on May 6, in the spaces outside the Museum, “Shadow Project” will be carried out with the active involvement of both postal artists and the public, a collective action in which human silhouettes will be painted on the ground to remember, in addition that the victims of Hiroshima and Nagasaki, even those caused by the current tragic war in Ukraine.

Other sections of the exhibition initiative realized at the MAM in Montecarotto retrace, also through the support of explanatory panels, some of the main themes addressed and developed over the years by Maggi and collected in his Amazon archive: those on the more specific theme of the Amazon ((with the projects Museum in home 1979; Amazon Archive 1980 at SixtoNotes in Milan; Amazonic Trip 1980 1st Mail Art exhibition in Peru, Amazonic Highways 1981 16th Biennial of Sao Paulo (BR). The Shadow Project was also presented in 1988 in Senigallia with the active collaboration of Stefano Schiavoni, Carlo Emanuele Bugatti (at the time Director of the Municipal Museum of Information MUSINF) and the artist Chiara Diamantini. Some other initiatives:  Solidarte – United for the Peace and The Saga of Gina. Important was the Milan Art Center founded and directed by Maggi exactly fifty years ago who carried out an intense multimedia activity with particular reference to contemporary experimental research, Mail art, visual poetry and artist’s books. The Mail Art Decentralized Congresses between 1986 and 1992. The between 1986 and 1992. The GenerAction and EARTH|rawmatter projects by Maggi and with the presentation of Emma Zanella realized in Gallarate at the MA*GA and the University of Melo with the support of Marco Predazzi, Benedetto Predazzi and Gabriele Illarietti and again the projects carried out at the Diotti Museum in Casalmaggiore: Card, The Amazon must live and Mail Art in Stars and Stripes with the support of Roberta Ronda and Valter Rosa respectively Director and Curator of the Museum.  We will also remember, through photos and texts, personalities that Maggi defines as “infinite”, such as GAC, Pierre Restany, Ray Johnson e Shozo Shimamoto and The long infinite line by Piero Manzoni mail art collective installation organized by Maggi and Paolo Barrile in 1992 and the Chaos/Chaotic Art Orderly Science project. The documentary part will consist of Mail Art publications such as Meta+Verse created by Maggi and Hans Braumüller, United in Mail Art written by  Braumüller, Maggi, Clemente Padin, Chuck Welch. At last the projects 1962|2022 60 years of Mail Art presented in 2022 with the support of Poste Italiane in Saronno with the presentation of the professor Brera Academy Lorella Giudici, the Mail Art Pavilions dedicated to TibetBurma and Ukraine,  the latter organized with the collaboration of SACS directed by Cristina Sosio; the Mail Art quintessence of creative communication exhibition at the Museum of Tasso family and Postal History in Camerata Cornello (BG) directed by Fabio Bonacina and the active collaboration with Sandro Bongiani creator of the Ophen Virtual Art Gallery of Salerno.

The catalog, published on the occasion of the tribute to Ruggero Maggi by MAM, summarizes this intense activity, with texts by Stefano Schiavoni, director of MAM and curator of the exhibition, by Emma Zanella, director of MA*GA, by the critic and historian of art Giosuè Allegrini, the art critic Matteo GalbiatiSilvio De Gracia director of the HOTELDADA Center in Argentina, Ryosuke Cohen and Andrej Tišma mailartists.

The exhibition is dedicated to Carla Bertola and Teo De Palma.

m.A.D. Mail Art Day | PARTICIPATING ARTISTS

ANDORRA Julien Rochedreux AUSTRIA Monika Lederbauer BELGIUM Guy Bleus, Marc Buchy, Luc Fierens, Charles François, Frips, Miche-Art-Universalis, Sjoerd Paridaen, Johan Van Geluwe, Josè Vd Broucke, Broc BRAZIL Paulo Bruscky, Marcelo Dola, Eni Ilis, Marta Keppler, Roberto Keppler, José Nogueira, Hugo Pontes CANADA Circulaire132 / RF Cotè, Kerosene CHILE Orlando Nelson Pacheco DENMARK Marina Salmaso FINLAND J. Lehmus-kamari, Anja Mattila-Tolvanen FRANCE Alle Christian, Aristide 3108, Michel Dellavedova, Pascal Lenoir, Gisele Marsaglia, Jean Paul Sidolle GERMANY Lutz Anders, Hans Braumüller, Rüdiger Dalit Abshalom, Klaus Groh, Elke Grundmann, Karl-Friedrich Hacker, Annegret Heinl, Uwe Höfig, Barbara Ihme, Krugler, Lebenschilfe gGmbH, A. Niederau Kaiser, Jürgen Olbrich, Horst Tress, Sigismund Urban, Lutz Wohlrab GREAT BRITAIN Keith  Bates, Kevin & James Gillen GREECE Evgenia Kaika, Katerina Nikoltsou HUNGARY  György Galántai, István Tenke, Vass Tibor INDIA Renuka Kesaramadu ITALY Walter Accigliaro, Giosuè Allegrini, Antonio Amato, Salvatore Anelli, Erika Baggini, Franco Ballabeni, Vittore Baroni, Donatella Baruzzi, Patrizia Beccari, Mariano Bellarosa, Luisa Bergamini, Nicola Bertoglio, Giuseppe Bertolino, Marco Bevilacqua, Daniela Billi, Lucia Biral, Maria Paola Biral, Rovena Bocci, Mariella Bogliacino, Maria Bonaduce, Giovanni Bonanno, Adriano Bonari, Anna Boschi, Viviana Buttarelli, Mirta Caccaro, Loredana Cacucciolo, Mariangela Calabrese, Veronica Caleo, Glauco Lendaro Camiless, Carlo Capeti, Angela Caporaso, Lucia Caprioglio, Guido Capuano, Lamberto Caravita, Graziella Carli, Bruno Cassaglia, Fabiola Cenci, Renato Cerisola, Raffaele Cesari, Laura Chiarello, Bruno Chiarlone, Simonetta Chierici, Cobàs, Francesco Cornello, Antonio Crivellari, Giampietro Cudin, Crescenzio D’Ambrosio, Maria Grazia Dapuzzo, Giorgio De Luca, Antonio De Marchi Gherini, Fabio De Poli, Albina Dealessi, Gabriele Di Francesco, Antonio Di Michele, Annitta Di Mineo, Renata Di Palma, Franco Di Pede, Marcello Diotallevi, Arturo Donadoni, Giovanni Donaudi, Giovanna Donnarumma, Graziano Dovichi, Giorgio Fabbris, Cinzia Farina, Fernanda Fedi, Salvo Ferrante, Domenico Ferrara Foria, Mimicha Finazzi, Giovanni Fontana, Roberto Formigoni, Nicola Frangione, Giglio Frigerio, Antonella Gandini, Giordano Gardelli, Annamaria Gelmi, Matteo Giacomelli, Roberto Gianinetti, Mario Giavino, Lino Giussani, Claudio Grandinetti, Gruppo Sinestetico, James Robert Hanrahan, I Miradebora, Luigina Iacuzzi,Gennaro Ippolito, Benedetta Jandolo, Leona K., Oronzo Liuzzi, Lucia Longo, Gian Paolo Lucato, Serse Luigetti, Ruggero Maggi, Paola Marcucci, Renato Marini, Max Marra, Calogero Marrali, Emanuele Marsigliotti, Anna Maria Matone, Monica Mazzone, Massimo Medola, Moreno Menarin, Monica Michelotti, Angela Mitrano, Giorgio Moio, Mauro Molinari, Fernando Montà, Emilio Morandi, Giovanni Morgese, Maya Lopez  Muro, Marco Napoli, Cesare Nardi, Giuliana Natali, Clara Paci, Cristiano Pallara, Teresa Claudia Pallotta, Franco Panella, Peter Hide 311065, Pasquale Petrucci, Renata Petti, Riccardo Pezzoli, Alessandra Pierelli, Laura Pigo, Magda Pikul, Tarcisio Pingitore, Laura Pintus, Franco Piri Focardi, Marzia Pollini, Luciano Porta, Veronique Pozzi Painè, Ptrzia Tic Tac, Giancarlo Pucci, Maurizia Ragni, Ramailart, Viviana Ravelli, Gaetano Ricci, Isabella Rigamonti, Claudio Romeo, Sandra Rosa, Eleonora Sala, Enzo Salanitro, Piero Sani, Sergio Sansevrino, Lucia Sapienza, Roberto Scala, Eugenia Serafini, Cesare Serafino,  Wally Sillian, Marisa Simoni, Luigino Solamito, Alberto Sordi, Lucia Spagnuolo, Giovanni e Renata  Strada, T.tta, Gian Paolo Terrone, Camilla Testori, Elsa Testori, Roberto Testori, Renata Torazzo, Elisa Traverso, Ilia Tufano, Stefano Turrini, Emilio Vance, Paola Vantadori, Giorgio Vazza, Giovanna Vecchio, Generoso Vella, Silvia Venuti, Ada Eva Verbena, Rosanna Veronesi, Daniele Virgilio, Antonio Zenadocchio, Rolando Zucchini JAPAN Tetsuya Fukui, Tohei Mano, Keiichi Nakamura, Miwa Sato, Jack Seiei, Mukata Takamura, Isao Yoshii MEXICO Devin Cohen, Rebeca Martell, Diana Valdez Magallòn NEDERLAND Ko De Jonge, Ever Arts, Ed Hanssen, Carmen Heemels, Monika Loster, Reijncor, Stardust Memories, Isik Tuzuner, VEC/Rod Summers, Willemlen Visser PHILIPPINES Mayo Michelangelo REP. CZECH Zdeněk Šima ROMANIA Nono Zilahi RUSSIA Alexander Limarev SPAIN Sabela Baña, Paco Perez Belda, Pedro Bericat, Danielle Culla, Victoria Encinas, Joan Estrader, Antonio Moreno Garrido, Alicia Gil, Miguel Jimenez, Myriam Mercader, Cesar Reglero, Jaume Rocamora, Horacio Sapere, Mikel Untzilla SWEDEN Henry Grahan Hermunen SWITZERLAND H.R. Fricker, Lorenzo Rosselli, Marie-Laure Van Hissenhoven. Manfred Vänçi Stirnemann UKRAINE  Lubomyr Tymkiv URUGUAY Clemente Padìn, Maria Victoria Ramirez Bonè USA David Stanley Aponte, Roberta Bartel, John M. Bennett, Boog, Carl T. Chew, Cypripedium Unbound, Mike Dyar, Ex Posto Facto, S. Gergel, Coco Gordon, John Held Jr., Fleur Helsingor, Honoria, Amy Irwen, Nick Johnson, Kate Kosmos, Malok, Willie Marlowe, Ken Miller, Picasso Gaglione, Private World, PYM, Steve Random, Adam Roussopoulos, State of Being (Reid Wood), David Stone, Cameron Terhune, The Haddocks, The Sticker Dude (Joel Cohen).

 

MAM Museum of Modern Art and Mail Art

Via Circonvallazione 41

Montecarotto (AN)

AMAZON ARCHIVE  |   Mail Art: glocal response to the global world

by Ruggero Maggi

curator Stefano Schiavoni

May 6, 2023 | August 30, 2023

INAUGURATION Saturday 6 May 2023 at 17.00

Info and visits | http://www.comune.montecarotto.an.it

info | comunicazione@comune.montecarotto.an.it

        cellulare e Whatsapp 327 8587252

Link Utili:

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Evento segnalato da Archivio Ophen Virtual Art di Salerno

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Anche un viaggio di mille miglia comincia sempre con un solo passo
                                                                                           Lao Tzu

Antologia Critica e Biografia di Ruggero Maggi

Pierre Restany’

PIU’ VERO DI NATURA

Ruggero Maggi viene definito come un outsider e, forse, questa parola può essere l’illustrazione più giusta della sua marginalità operativa. Dall’inizio degli anni 70 in poi, Maggi ha iniziato una ricerca apparentemente eclettica, ma di fatto totalmente legata ad una logica interna e ad una visione di perfetta e totale continuità. Il suo lavoro è di natura linguistica. Le sue opere derivano da una ricerca sul linguaggio basato su una dialettica elementare e primaria. Il suo linguaggio combina elementi di alta tecnologia con i materiali primari ed elementari, il primitivismo con la sofisticazione. Cemento, legno, fotografia, ologrammi, neon, laser, pittura, scultura, installazioni, performance: l’opera di Ruggero Maggi è legata ad un approccio etico del linguaggio. L’universo dell’artista è l’universo della morale. Il terreno della sua attività linguistica è il mondo della filosofia dell’azione.

E’ certo che parlare dell’artista come di un essere morale non vuol dire farne un moralista. La morale di Ruggero è la morale di un’azione umana, cioè la morale dell’essere umano in azione. L’approccio linguistico del mondo artistico della morale implica una visione generosa dell’Uomo. E’ addirittura un Umanesimo. Parlare dell’artista come di un umanista rende oggi, in piena società industriale e, attraverso lo schema analitico della condizione post-moderna, un senso del tutto diverso da quello della tradizione scolastica. Il suo umanesimo si volge proprio all’immagine ed alla misura della sua umanità. Non è a caso che, da Hiroshima all’Amazzonia, l’artista abbia affrontato delle situazioni e dei temi legati al destino profondo dell’Uomo, al suo ruolo ed alla sua funzione sul pianeta.

L’opera di Ruggero Maggi è una lotta perpetua contro l’ingiustizia umana. La sua dimensione strutturale è il vero. L’artista, dall’inizio del suo impegno, ha assunto una sfida fondamentale: la rivoluzione della verità! Il criterio fondamentale dell’estetica di Ruggero Maggi è il vero. Il vero che si sostituisce al bello, al bello dei canoni tradizionale dell’Arte. Sostituire il vero al bello implica un concetto rivoluzionario del vero e il vero dell’artista non è certo il prodotto delle constatazioni, delle osservazioni ineluttabili dell’evidenza. Il vero di Maggi è un sistema di apparenza. Se il vero è apparenza, questa realtà vera non si può rappresentare. Infatti tutta l’opera di Maggi è un’opera di presentazione del vero e non di rappresentazione. Il passaggio dalla rappresentazione alla presentazione caratterizza il ritmo e la struttura essenziale del linguaggio. Presentare il vero nella realtà non è percepito dall’Uomo se questo vero si limita ad essere sé stesso. Per rendere il vero estetico, per rendere il criterio fondamentale del linguaggio artistico è necessario renderlo e presentarlo più vero di Natura. E’ proprio in questo supplemento espressivo che risiede la chiave di lettura dell’arte di Maggi.

Rendere il vero più vero di natura vuol dire impegnarsi a dare all’azione umana la sua essenziale verità che è il dinamismo intrinseco della motivazione morale. Più il vero è percepito come tale, più viene presentato come più vero di natura, e più siamo nell’universo di un’estetica attiva, operativa, capace di creare gli elementi di una sensibilità armonica. Proprio questo senso della verità trova la base nella grande interrogazione del momento, nella grande sfida del gusto e della sensibilità. Siamo in una società totalmente satura di industrie. In questa società è necessario reinventare il rapporto fra l’Uomo e la macchina, e la macchina, oggi, è il computer. Ridefinire questo rapporto implica creare le condizioni giuste e vere di un dialogo tra due tipi di intelligenze: l’intelligenza artificiale e l’intelligenza dell’Uomo. E’ proprio nel cuore di questo dialogo che si inserisce la ricerca linguistica di Ruggero Maggi. Ecco perché la sua ricerca è vera e si presenta come più vera di natura. Senza questo supplemento di anima anche la verità non sarebbe più credibile!

Pierre Restany
TRUER THAN NATURE

Ruggero Maggi is defined as an outsider and, maybe this best describes how he operates on the margin of the accepted forms. Since the early seventies, Ruggero Maggi has been researching and developing in apparently eclectic manner but, in fact, wholly supported by an inner logic and by a vision of perfect and total continuity. Ruggero Maggi’s work is closely associated with language. His individual creations are derived from a research into language based on an elementary and primary dialectic. His language combines “high-tech” elements with primary and elementary materials: the primitive and sophisticated interrelated. Cement, wood, pictures, holograms, neon lamps, paintings, sculptures, installations, performances,. Ruggero Maggi’s work is connected with an ethical approach to language. His universe is the world of morality. The basis of his linguistic activity is the world of philosophy of action; although to speak of the artist as a moral being does not mean he is a moralist. Ruggero Maggi’s morality is the morality of human action. His linguistic approach to the artistic world of morality implies a generous vision of Man – perhaps, even speak a humanistic approach. Nowadays, to speak of the artist as a humanist in a highly industrial society and through the analytic paradigm of the post-modern condition, is to suggest a quite different meaning from that of scholastic tradition. Ruggero Maggi’s humanism is directly related to the image and measure of his own humanity. It’ not by chance that, from Hiroshima to the Amazon, the artist has coped with the innermost destiny of Man, his role and his function on our planet. Maggi’s work is an everlasting struggle against human injustice. His structural dimension is represented by the truth. The artist at the beginning of his commitment accepts a fundamental challenge: the revolution of the Truth!
Truth is the fundamental criterion of Maggi’s aesthetics.Truth substitutes beauty, the concept of beauty of the traditional canons of art. Substituting truth for beauty implies a revolutionary idea of truth, and the artist’s truth certainly is not the product of the inescapable observations of evidence. Maggi’s truth is a system of appearances. If truth is formed by appearances, this true reality cannot be represented. In fact, the whole of Maggi’s work is a display of truth and not a representation. The passage from representation to display of truth informs the rhythm and essential structure of language.
The display of truth in reality is not perceived by the Man if the truth is limited to his own being. In order to get aesthetical truth, to get the fundamental criterion of the artistic language it is necessary to present it as truer than Nature. And it is exactly in this expressive addiction where lies the key for reading Maggi’s art.

To express truth as truer than Nature means to engage oneself to give to human action its intrinsic dynamics of moral motivation. The more truth is perceived as such, the more we are in the universe of an active aesthetics, an operational aesthetics, capable of creating the elements of an harmonic sensibility. Right this sense is truth finds its basis in the great question of the moment, in the great challenge to taste and sensibility. We are in a post-industrial society, and therefore in a society which has not gone beyond the industrial stage, but is wholly sutured with machines. In this society it becomes necessary to re-create the relationship between Man and machine, and today this machine is the computer. To re-create this relationship implies the creation of right and true conditions of a dialogue between two types of intelligence: artificial and human. And it’s in the core of this dialogue that Ruggero Maggi’s linguistic research is inserted. This is the reason why his research is true, and truer than Nature. Without this supplement of soul, truth itself would be no longer credible.

Pierre Restany

Ven.Ti bet

Tibet che dis-orienta, che sprigiona al suo intorno infinite e continue vette spezzate ad alta quota. Biancori dalle punte innevate che iniettano scaglie visive in un’estetica chirurgica di assoluta bellezza.
Anche senza averlo mai visto ciascuno ne contempla una chiara e immaginifica visione: si deve raggiungere ogni meta lentamente assaporando ogni fragile tassello di cielo bianco acido per poi piegarne ogni intensità in barattoli trasparenti con tappo a vite di metallo trasparente; occorre staccarsi dalle cose del mondo, essere così vicino al blu da disperdere ogni sussulto umano; preghiera, meditazione, mantra. Quando sei in altezze spergiuranti e cammini a capo chino, con il sole che spacca l’iride e spezza ogni inquietudine in sassi riflettenti, la compostezza è salva e puoi spacciare la tua fragile esistenza in gradevoli note di liuto. Non occorre anticipare i tempi, mai, e la tempesta dei venti decide cosa apprezzare come pasto principale e soporifero. Segui il tuo karma, sii compassionevole. Quante vite per raggiungere il Nirvana?
Spesso intravedi delle feritoie per volare, scorri il sillabario e t’incarti con l’aiuto di una scienza che ti incarna di squame. Piccoli richiami, sporgi il naso per intuire sapori nevralgici e alzi il bavero per non far capire che il tuo collo è stato assoggettato al lauto affondo di prelievi negletti ceduti in opposizioni di linee simil-trasparenti con impreviste curvature d’aria dipinta. Partiture di tenui vibrazioni tattili passano in spine riflesse per scomparire in una rarefazione affettata di bianco.
Il mondo è lontano, smarrisci il senso d’orientamento e un auspicio t’annienta in una millimetrica intensità atmosferica che spinge in raffiche lamate ogni ceĺlula fondativa, balìa indistinta di vortici furiosi.
“… Vi sono luoghi che appartengono alla pura geografia…, ma altri luoghi sono densi di una violenza simbolica, sono cerimonie della pietra… esorcismi del vento e delle nubi, sacri addobbi di brughiere, allegoriche tenebre di nebbia. …” (Giorgio Manganelli).
E’ una mostra sul Tibet e diventa quasi dottrinale immergersi nel poliedrico universo creato da una molteplicità di artisti che tiene insieme creatività individuale e collettiva. Tibet che obbliga la fantasia a un ritmo ferreo che non vuole abbandoni o dilazioni. La profondità di sguardo di chi fa arte coglie i luoghi e le forme che producono il massimo di emozionalità. E lo spirituale del Tibet è la dimensione che maggiormente si avverte comunque e a prescindere.
Quando l’arte è tanto lieve ti sazi delle sue esitazioni, di quell’innocenza di cui è ricca l’infanzia e che smarrisci irrimediabilmente nella perdita dei flussi di vita. Ti potrebbe bastare osservarla perché il solo sguardo t’imprima da preda. E’ quell’estraneità del sentire che spiazza l’incostante servitù dell’intuito che giace dormendo, ma che si scuote appena ne sente il fruscio. E’ inutile cercare residui estetismi che potrebbero attrarre ignoti passanti perché la verità che smuove è quell’impulso sordo alle velleità, ma cedevole e sofferente al piacere della purezza che respira tra i rifugi di tentazioni inospitali.
Rintocchi di campane sorde cumulano macigni di millenni di storia e le altezze sconfiggono le distanze.
E’ inutile costruire muri, i venti non li puoi fermare, scuotono e trasportano dove più è il richiamo: Impara le regole, affinché tu possa infrangerle in modo appropriato. (Dalai Lama)
Quando nel fare artistico cammini in perniciose scomposizioni di altopiani ipercinetici, disseminate in vuoti diversi, non vuoi sapere dove sei e capti ogni sospiro come la cedevole vernice del tempo.
E speri ci sia abbastanza cielo.
Ruggero Maggi, curatore della mostra e autore dell’installazione, ha raccolto una pluralità d’artisti per un innato abbraccio al mondo. Le opere volteggianti sono Lung Ta, cavalli di vento.
A 7000 metri d’altitudine tutto si muove attraverso delle onde, che sono fatte di alti e di bassi, d’intervalli, di pause e di silenzi. Qui il vento soffia profondo rendendo le cose temporanee e provvisorie, istante dopo istante, per diventare quasi emblema di un’attesa imperturbabile, di una forza indefinita e regale, leggera e forte che a volte può divenire violentissima.
E’ forse questo che tutti gli artisti, collettivamente, propongono: la forza invisibile del vento e il silenzio della rarefazione.
E un fitto dialogo tra lontananze e altezze vettive, un’opera collettiva capace d’inventare discorsi altri, un’opera che non detta criteri estetici, ma porta all’intuizione, alla distanza o assenza di distanza tra presente, passato e il più in là.
Distanza non sempre individuabile perché spesso non sai distinguere tra ciò che incute paura e ciò che porta alla purificazione.
Condividi la tua conoscenza. E’ un modo per raggiungere l’immortalità. (Dalai Lama)
Ogni notte la banda delle onde lunghe suona concerti d’esistenze libere slegate dai lacci materiali. Bisogna solo ascoltare.
Come l’arte.
Piccole bandiere trasportate da venti di burrasca volteggiano come domande in cerca di ripari che possano placare le finite intrusioni.
Spalanca le porte, l’arte entra ed esce anche se chiudi ermeticamente il chiavistello. E aspetti per un tempo ininterrotto qualcosa, e guadi, ascolti i mattoni che scricchiolano e progetti le tue distanze assaporandone le soglie imperfette.
Sono canti di popoli interi. Piccoli ritagli di stoffa, pezzi di indumenti variopinti che attraverso il silenzio parlano e vincono.
Forse le preghiere sono cosi, folate di venti, leggere, furiose, affamate e folli.

Donatella Airoldi
per Padiglione Tibet
progetto ideato e curato da Ruggero Maggi
Palazzo Zenobio, Venezia, 2017

COSE  NUOVE!

“La gente tende ad evitare le cose nuove, preferisce aggiungere dettagli alle cose vecchie. Così è semplice” – Andy Warhol.

La scorsa edizione della Biennale di Venezia era consacrata alle forze interiori, spirituali, intimiste, esoteriche, che muovendosi alla stregua di recondite molle spingono l’artista ad essere tale, ossia faber di creatività. Il “Palazzo Enciclopedico” diventava così metafora immaginifica del sapere totalizzante dell’arte; di un’arte che per essere tale non può però prescindere da attente osservazioni, da visioni, da sogni, da ideali, da utopie, in una parola: dalla ricerca di Libertà.
L’attuale edizione della rassegna espositiva veneziana è viceversa legata alla disamina della totalità degli impulsi esterni, di carattere sociale, politico, etnico, culturale, antropologico che fungono, anche in questo caso, da molla di creatività, da viatico di Libertà. Un punto di vista almeno apparentemente antitetico, rispetto alla precedente ricerca, in quanto l’indagine artistica parte dal tourbillon degli umani eventi, dagli impulsi esterni che quotidianamente ci coinvolgono e ci permeano, anziché salpare da una sottile ricerca nei meandri dell’uomo.
Antitetico dunque? E invece no. Perché la molla che muove il tutto è sempre la stessa, ossia l’anelito di Libertà; che essa sia mossa da impulsi esterni o interni, alla fine poco importa.
Libertà… che grande parola, che immenso concetto, propugnato per secoli, per ogni dove, e tutt’ora ricercato con veemente forza in molte aree del pianeta: dal Tibet all’Africa, dal Medio Oriente all’America Latina, ma potremmo continuare ben oltre. In sintesi: da Oriente a Occidente.
Un concetto, quello della Libertà, propugnato dalla più parte delle Avanguardie del XX secolo: dalla Libertà idealizzata degli amanti di Marc Chagall, che volteggiavano nei cieli, come a dire che neppure agli ebrei russi poteva essere privata la libertà di sognare, poteva essere negata la volontà di riconoscimento e di rispetto del proprio essere in quanto tale. Una Libertà molto più dissacratoria, sbeffeggiante, d’azione era quella propugnata invece dai dadaisti, che in un afflato nihilista giungevano persino a negare l’esistenza della realtà stessa e delle proprie dissennate convenzioni. E così via, transitando dalla libertà plastico-dinamica dei futuristi a quella anti-prospettica dei cubisti, da quella simbolico-intimista degli astrattisti a quella politico-ideologica dei poeti visivi e dei mail-artisti.
Ma cosa significa esattamente Libertà?
Esaminando il vocabolario si trova “condizione per cui un individuo può decidere di pensare agire ed esprimersi senza costrizioni ricorrendo alla volontà di ideare e mettere in atto un azione mediante una libera scelta dei fini e degli strumenti che ritiene utili a realizzarla”.
Ma ideare significa spesso decontestualizzare, ossia abbandonare una strada vecchia e obsoleta per trovare nuove vie e strumenti di ricerca e per fare ciò è necessaria anche una fondamentale variabile integrativa: il Tempo.
Riflettere sulla gravità delle condizioni di libertà di espressione sia del pensiero, sia artistico aiuta a comprendere la grandezza di quei movimenti, politici, etici e religiosi che osarono sfidare, nel corso del tempo, tutte quelle strutture dispotiche, capitalistiche e postcolonialiste, che hanno pervaso e invaso la facoltà creativo-ideatrice dell’essere umano e che ancora oggi non paiono avere perso smalto.
Come i figli di Duchamp e Man Ray professavano la decontestualizzazione dell’oggetto per elevarlo a dignità d’opera d’arte, a dignità di simbolo, così dalle storiche fondamenta della Chiesa di Santa Marta, sede del Padiglione Tibet della 56° Biennale di Arti visive di Venezia, emerge come un fossile antidiluviano, pregno di tutto il suo fulgore maieutico, l’ombrello. L’ombrello che si fa opera d’arte, montagna incontaminata, esercizio spirituale, voce di protesta, elemento di autocoscienza individuale e di memoria collettiva. L’ombrello che assurge a sinonimo di Libertà.
Così, infatti, è stato per i giovani studenti di Hong Kong, solo pochi mesi fa, durante la loro eroica protesta verso il governo centrale di Pechino. Così sarà per tutti coloro che amano il prossimo come sé stessi, ieri oggi e domani. Perché la vera Libertà converge ineludibilmente sull’Amore e il suo viatico è il Tempo.
Libertà e Amore sono dunque le esplicitazioni della forza creatrice dell’Arte ed esse stesse si sublimano nel Tempo.
“Il tempo non è nient’altro che dilatazione – scriveva S. Agostino nel libro X delle Confessioni – ma che cosa si dilati lo ignoro e non mi stupirebbe scoprire che sia proprio l’anima”.
L’Anima, un’emozione di memoria stratificata proveniente da profondi silenzi, lontani ricordi, esperienze di vita irripetibili ed in cui le forme, i volumi ed i colori si fondono insieme racchiudendo in essi propositi esplorativi, illuminati dalla luce interiore dell’Essere.
Come nel giardino delle Esperidi anche qui vi è una porta di accesso, un varco sensoriale tra il reale e l’ideale, una prova d’iniziazione che bisogna superare per fendere la barriera e aprire il passaggio verso un luogo che si fa paesaggio interiore, dove l’uomo riesce a fondersi con gli elementi primordiali che lo circondano, diventando un tutt’uno con il cosmo. Questo passaggio straordinario si chiama Tibet.
Il Tibet, spesso decifrato come Stato misconosciuto, è di fatto la più grande metafora di Libertà. Una libertà il cui emblema sommo è rappresentato dalla sua grande guida spirituale: il Dalai Lama.
Il Padiglione Tibet raccoglie dunque l’anima artistica, spirituale e culturale di un popolo martoriato e ne dà voce. Un voce importante, una voce schietta, una voce totalizzante, una voce di Libertà.
Questo è l’anima recondita, questo il fine di Padiglione Tibet: una narrazione, il tentativo di raccontare, quasi che fossero i capitoli di un libro, la Libertà. Questa scorre veloce, sempre più veloce dinnanzi a noi, accelera come non avevamo mai pensato. Eppure non possiamo tra calendari e cronometri che reggerne il passo. Per quanto lei possa essere veloce e noi lenti, finché siamo vivi non possiamo separarci.
Roma 20/04/2015

Giosuè Allegrini
per Padiglione Tibet
progetto ideato e curato da Ruggero Maggi
Chiesa di Santa Marta, Venezia, 2015

Aspetti di confine, installazione di Ruggero Maggi

Giardino dei Ciliegi

Diresti: un’opera dedicata al lavoro manuale poiché presenta una sequela di mani di terra inguantate in asettici-drammatici-suggestivi guanti di lattice. Ma potresti anche arrischiare altro: per esempio, un drammatico richiamo alle torture della Terra che l’uomo sta infliggendo con maniacale operazione chirurgica, dunque un messaggio no global o quasi. Altro ancora, in merito a tutt’altra frontiera e terra di confine. Credo anzi che questa possa essere una lettura corretta o quanto meno assai vicina alle intenzioni dell’artista, alla sua progettualità metaforica. Quest’installazione, difatti, sin dal titolo indiziario – “Aspetti di confine” – può farsi metafora di quelle recinsioni dolorose e assurde che dividono la terra non più secondo quanto scritto, poniamo, da Mircea Elide, da altri studiosi a cominciare da coloro i quali si sono occupati precipuamente dei riti e dei miti dell’uomo primevo, ma invece secondo le irragionevoli e crudeli volontà di potere e di profitto che soggiogano la contemporaneità.
E allora, come evitare il richiamo assordante dell’alta barriera che circonda i kibbuz israeliani e divide villaggi e insediamenti, deserto da terre irrigate? Come non riconoscervi – grazie a quelle drammatiche e magiche mani di terra inguantate nel lattice – il richiamo simbolico d’altre barriere artificiali e profondamente ingiuste come quelle che stanno scavando solchi di odio tra credo religioso e credo religioso, tra consapevolezza e incoscienza, tra sapienza e ignoranza?
La teatralità dell’installazione è indubbia, la sua drasticità prorompente, anche. Dunque non è possibile sottrarvisi e tanmeno è possibile sfuggire a questi richiami. Questi e molti altri ancora e per ognuno ecco che potremmo aprire un varco, tracciare altre e nuove linee di confine azzardandone una qualche rappresentazione visiva, questa rappresentazione in particolare, che evoca a sé un credo neoilluminista che ha radici nel rinascimento, un credo in cui l’uomo torna ad essere misura di tutte le cose.

Rolando Bellini

L’arte di confine di un artista outsider

Il tecnologico e urbano Maggi, incarna la “perdita della natura” con vere e proprie installazioni, composte da tubi al neon, metallo e legno, eseguiti a partire dal 1989, fino alle più recenti opere dove il concetto “Artificiale/Naturale” assume un ruolo predominante e caratterizza gli ultimi felici esiti del suo lavoro.

Sono sempre più convinto che la tecnoscienza prima o poi ci strangolerà, ingoierà tutto. Sicuramente stiamo distruggendo il pianeta e ci stiamo avviando a sondare un futuro pieno di incognite, per niente tranquillo. Infatti, l’uomo non si rende conto che distruggendo la natura in nome del progresso, del consumismo e dello spreco programmato, distruggerà anche se stesso. Forse in un futuro prossimo, gli unici abitatori del pianeta terra saranno le formiche e i topi che prenderanno definitivamente il posto dell‘uomo. Il futuro, quindi, sarà una catasta di logori relitti, a meno che venga riscoperto e propugnato uno spirito umanistico con un sentimento morale nei confronti della natura e delle sue straordinarie possibilità. Oggi, purtroppo, la sfida ambientale coincide con la nostra stessa esistenza; siamo in piena situazione “ post-ecologica “. Solo alcuni artisti contemporanei come Ruggero Maggi hanno il coraggio di porsi tali problemi di vitale importanza, interessati a scandagliare l’essenza “vera” del reale. Sono i nuovi ”primitivi post-industriali che vivono una dimensione tecnologica, che meglio si potrebbe chiamare di “confine”, per la maggiore difficoltà che abbiamo a accostarci alla natura, ormai annullata da una civiltà poco intelligente, che distrugge tutto. Sicuramente nello spazio-tempo della vita di un uomo, la natura è la misura della sua coscienza e della sua sensibilità. R. Maggi è cosciente della triste situazione dell’uomo senza futuro; evidenzia lo sforzo di convivere con la tecnologia e tenta di instaurare un possibile dialogo con essa, quasi una rivitalizzazione dei materiali naturali o artificiali , raccolti e riproposti in una dimensione “altra”. Ruggero Maggi lavora spesso sui materiali trovati, che colloca dentro lo spazio reale e in tal modo diventano memorie urbane, come ha scritto Pierre Restany, presentando più di una volta il lavoro di R. Maggi, scrive: “Siamo in una società post-industriale dunque in una società che non ha superato di fatto lo stadio industriale, anzi ne è satura, e totalmente satura di industrie. In questa società, è necessario reinventare il rapporto fra l’uomo e la macchina. Ridefinire questo rapporto implica creare le condizioni giuste e vere di un “dialogo”. E’ proprio nel cuore di questo dialogo che si inserisce la ricerca linguistica di R. Maggi. Infatti, l’artista si interroga sulla natura che non può più rappresentare, tutt’al più la ricrea per frammenti di materia naturale e artificiale”. Per comprendere appieno i suoi lavori bisogna conoscere l’operazione “museo in casa” del 1980, in cui proponeva la “casa” svuotata da ogni mobile e suppellettile, dichiarando che era uno spazio quasi riabilitato al ruolo di Museo d’arte. Proprio da questa iniziale e fondamentale operazione, derivano tutti gli altri suoi lavori che accolgono frammenti di realtà, raccolti, conservati e rivitalizzati da un neon di luce industriale o da un laser tecnologico. Maggi, si affida ad una dialettica elementare e primaria che va a confrontare con la tecnologia e la sofisticazione; accostando il neon ai materiali primari li de-materializza e li concettualizza (l’arco della luna del 1975). Dice Jacqueline Ceresoli: una presenza silenziosa, in cui solo la vista – un raggio laser frantumato in tanti piccoli punti – può dare voce a tutti gli altri sensi isolati”. L’artista metropolitano, quindi, ha bisogno di recuperare i frammenti del reale e di immetterli nel circuito della memoria, così facendo, la scatola, l’installazione, diventa il luogo che archivia e conserva i dati raccolti, quasi una dimora della sopravvivenza. Questa immissione di elementi naturali e artificiali, in un rapporto continuo di intensa “interferenza” dove gli elementi naturali (il legno, la pietra, il fossile) convivono con elementi tecnologici (tubi al neon, plexglass, laser), creano uno strano sincronismo emozionale che diventa “cortocircuito” ad alta frequenza. Quello che crea Maggi è un universo privato che viene messo in vista, desideroso di essere conosciuto e che l’artista “generosamente” esibisce.

Sandro Bongiani – Retrospettiva Spazio Ophen Virtual Art Gallery
14 novembre 2009 – 10 gennaio 2010

Per essere comunità

“Finora è stata una vittoria. Stare insieme nelle piazze sta insegnando a tutti a ragionare in termini meno individualistici, a condividere, a sviluppare un senso di comunità”.
Queste sono le parole dell’attivista Vincent Wong, espresse in occasione della cosiddetta rivoluzione degli ombrelli. Il giovane studente diciassettenne è stato tra i primi ad occupare insieme ad altri studenti, con l’appoggio dei professori, la piazza centrale di Hong Kong nell’ottobre del 2014, contro il potere centrale della Cina chiedendo il suffragio universale. Nei giorni successivi, dopo i primi arresti si sono aggiunti alla protesta altre categorie, tra cui i sindacati e gli operai che hanno aderito con uno sciopero generale. La protesta è stata organizzata all’insegna delle pratiche pacifiste, alzando le braccia di fronte ai militari accorsi in piazza; ma dopo molti giorni ci sono state delle cariche della polizia con gas lacrimogeni e le nuvole di pepper spray (lo spray al peperoncino), contro cui i manifestanti si sono protetti con gli ombrelli. Ecco come gli ombrelli, che nell’antica India erano utilizzati per riparare e designare i personaggi importanti, ora sono divenuti simbolo estremo della protesta. Così altri ombrelli gialli sono stati aperti, nel gennaio del 2015, da un gruppo di venti deputati quando il Capo dell’esecutivo, filo pechinese, è entrato nel parlamento di Hong Kong. Ad aggiungersi a questi eventi possiamo ricordare anche il Movimento dei Girasoli di Taiwan. Tutti episodi che testimoniano della ricerca di indipendenza e della richiesta ad alta voce di riconoscere i propri diritti, creando momenti di difficoltà alla grande potenza della Cina, e allo stesso tempo si contrappongono alla sua predominanza economica e artistica in campo mondiale.
In questo clima si inserisce il rinnovato appuntamento veneziano del Padiglione Tibet, evento che prelude sempre ad una serie di iniziative che non si limitano alla finestra espositiva veneziana, ma che nei mesi proseguiranno in collaborazione con i diversi comitati nazionali e internazionali pro-Tibet.
Come già anticipato dal curatore Ruggero Maggi l’elemento simbolo sarà appunto l’ombrello, supporto su cui gli artisti potranno intervenire con le diverse tecniche rispecchianti le singole ricerche artistiche e poetiche; ma la particolarità sarà che gli stessi artisti dovranno accettare di far parte di un insieme. Le singole opere diventeranno un UNO nell’allestimento dell’installazione visibile all’interno e all’esterno della chiesa di Santa Marta di Venezia, sede che per il secondo anno ospiterà il Padiglione Tibet. Ed ecco allora che fanno eco ancora le parole di Vincent Wong: ognuno farà parte della causa non per un diritto limitato ad una categoria, ma per la libertà collettiva.
Nell’intento dell’operazione di riportare costantemente l’attenzione sulla condizione dei monaci buddisti e del Tibet, l’occidente impara a dialogare con gli elementi di un’altra cultura recuperando il loro originario valore; e nell’intervenire in un’unica installazione, con la motivazione di aiutare l’altro, recupera anche quei valori di comunità che molto spesso si sono dimenticati, soprattutto nel mondo artistico. Così che questa opera comunitaria si eleva verso l’alto come gli ombrelli sulla stupa, che nella simbologia tradizionale rappresenta il percorso verso il raggiungimento della mente illuminata. L’ombrello, che è uno degli otto simboli di buon auspicio, indica quindi in questo caso il superamento della sofferenza per il popolo sfrattato dal suo paese, ma allo stesso tempo il superamento della superficialità che avvolge il mondo occidentale. Laddove in un altro evento recente gli ombrelli sono divenuti un elemento puramente decorativo per le strade di una città.
“L’aiuto che la filosofia potrebbe dare a una generazione insoddisfatta, ansiosa e apprensiva potrebbe risiedere, – affermava George Collingwood – in un’asserzione ragionata del principio secondo cui non può esistere nessun male nelle istituzioni umane che la volontà umana non possa curare”. Potremmo allora dare la stessa funzione all’arte, facendo nostro quel compito che Collingwood affidava alla filosofia, in un periodo storico in cui mette in guardia le masse dei giovani che esaltavano il potere forte che avrebbe portato alla seconda guerra mondiale.
Per ritrovare così quella fiducia nel buon senso dell’uomo che ci parlava il filosofo inglese.

Lara Caccia
per Padiglione Tibet
progetto ideato e curato da Ruggero Maggi
Chiesa di Santa Marta, Venezia, 2015

RUGGERO  MAGGI

[…] Il cursum artistico di Ruggero Maggi si è svolto all’insegna di una sua personale ricerca, che lo ha portato dagli esordi condivisi negli ambiti democratici, trasversali e contigui della visual poetry, della mail art e dell’artist’s book, attraverso la sperimentazione installativa con il laser e l’ologramma, fino ad una sua personale interpretazione della “teoria del caos” applicata all’arte. Personaggio diagonale, si compiace di un vessillo senza insegne per amor di libertà. Amante dei materiali primordiali almeno quanto della tecnologia più avanzata, opera come artista, ordisce come teorico, trama come curatore e scrive con assoluta dimestichezza. Nel suo lavoro le questioni estetiche si confrontano quotidianamente con quelle etiche, definendo una linea di condotta espressiva e umana di grande intensità e autenticità. […]

Mauro Carrera

Padiglione Tibet: l’incontro di due culture.

Sovrapposizioni d’espressioni artistiche a spirito di fratellanza universale.
L’arte […] è una spugna […] deve assorbire e lasciarsi impregnare […].
Deve sempre essere in mezzo agli spettatori e guardare ogni cosa con una purezza, una ricettività, una fedeltà sempre più grandi.
Pasternak, Alcune posizioni

Uno dei fattori più importanti nel giudicare un’opera d’arte deve certamente essere quello di conoscere l’intenzione dell’artista. Il valore del lavoro dipende primariamente dalla qualità della sua intenzione e secondariamente dal successo della realizzazione tecnica di quell’intenzione. Ruskin diceva che non ci può essere arte senza comprensione. Se è così, la critica e l’apprezzamento devono essere basati su conoscenza ed esperienza: può esserci quindi posto per la sensazione e l’emozione istintiva? Alcuni popoli occidentali vogliono trovare come prima ragione, quella emotiva. In quest’ottica non c’è che mettersi, in umiltà, davanti all’opera d’arte con le emozioni che essa ha saputo risvegliarci. Alcune etnie orientali trovano che l’arte visiva sia una parte essenziale del loro modo di vita. Esplicativa in tal senso, per l’importanza determinante assunta nella vita spirituale e sociale della popolazione, è l’arte tibetana che ruota interamente attorno alla religione buddista, diffusasi nell’altopiano sotto la forma speciale del Lamaismo.
Oggi che cataloghi e libri d’arte abbondano oltremisura, può forse destare stupore la pubblicazione di questo volume che vede la promulgazione dell’arte tibetana; stupore destinato a rientrare ove si mediti sul criterio con cui esso è stato elaborato. Criterio di fatto agevolmente identificabile, improntato nella scelta curatoriale volta ad “istituzionalizzare” il Padiglione Tibet facendovi compartecipare artisti italiani e tibetani con volontà di unificare intenzione ed emozione al fine di comporre un’opera di divulgazione culturale e, insieme, di respiro ascetico. Per tanto il presente volume esula da ogni univoca visione delle due distinte estrazioni artistiche e quindi da ogni atteggiamento di parte e da ogni settarismo ideologico, ed è volto a fornire al lettore – collezionista o amatore o più semplicemente neofita desideroso di conoscere – uno strumento utile per penetrare nel complesso e variegato repertorio dell’arte italiana contemporanea combinata alla mistica visione tibetana per comprenderne le plurime filiazioni riunite nelle due distinte titolazioni “Archivio di Strutture – Mandala” e “Ruote della Preghiera”. Una vasta gamma di tipologie e di espressioni originate dalla fusione della sapiente erudizione artistica italiana con la forza profetica e divinatrice tibetana ad esprimere influssi caratterizzati da un’intensa spiritualità mai scevra di un’evoluzione stilistica che trascende ogni confine diventando veramente internazionale.

Giorgia Cassini
per Padiglione Tibet
progetto ideato e curato da Ruggero Maggi
Chiesa di Santa Marta, Venezia, 2013

Burqa: velo d’ombra o arma di difesa?

Il burqa è un’infamia, un sipario calato sul palcoscenico della vita che viola dignità e imprigiona sguardi, ma anche uno schermo, un modo per proteggersi, nascondersi e riflettere sul nemico; l’uomo dannatamente solo è vittima e carnefice di sé stesso.
Burqa è una parola araba che vuol coprire, basta indossarlo per capire cosa si prova, dai buchi davanti agli occhi filtra la luce diafana e tutte le cose si vedono da una “grata” a piccoli quadrati, come dietro le sbarre. La prospettiva è negata, non si può vedere né a destra e né a sinistra, si respira appena, e non si ha mai il piacere dell’immagine intera, è una tortura imbrigliare il guardare dietro a quel cappuccio forato all’altezza degli occhi. Dietro la “visiera” gli sguardi si muovono negli anfratti della visione, pensano immagini e fantasticano su estensioni esperenziali, il limite della visione altera i sensi, accentuando sensorialità inesplorate, il rischio è di perdere il lume della ragione e di scambiare i sogni per realtà, le sagome per corpi e le paure per verità, occultando lo sguardo si sprofonda nella caverna, consapevoli di scorgere solo ombre sul muro.
L’enigma è se l’uomo è prigioniero dello sguardo o imperatore delle ombre, poiché la vista può anche scorgere ciò che si pensa oltre al dato reale. Il velo è simbolo dell’allontanamento dal mondo esteriore, velare qualcosa indica un occultamento della verità, mentre “velato” significa misterioso, in ogni caso le ombre sono segni di una luce schermata, ma anche indefinibili entità autoreferenziali.
Alcune lingue definiscono l’immagine, l’anima e l’ombra con la stessa parola, la leggenda tramanda che chi non può vedere la propria ombra sia destinato alla morte, poiché è già entità immateriale, puro spirito che si aggira negli strati empirei inconoscibili.
L’installazione “Velo d’ombra” di Ruggero Maggi al di là delle simbologie interpretative svela il fascino della negazione, le sagome rivestite con il burqa attraggono e respingono lo sguardo, annullandosi in un’esigua e impalpabile proiezione di luce bianca.
Sono sagome ammantate dal fascino platonico, animazioni di idee che forse hanno accesso alle visioni di verità assolute, totem ricettivi, sensibilissimi catalizzatori e alternatori di sensi che non definiscono, che non dichiarano, ma si pongono come elementi fuorvianti, apparentemente senza campi visivi, ma poi, sotto si scopre l’inganno: il velo d’ombra conduce lo sguardo a vedere sé stessi e il trauma è fatale.
L’ombra interroga lo statuto dell’immagine partendo da un punto di vista opposto rispetto a quello della mimesis trionfante attraverso la fotografia. Si potrebbe dire che l’ombra è una “fotografia” primitiva, entrambe sono scritture fatte con la luce che manipolano l’immagine, portando gli artisti a sperimentazioni astratte. Christian Boltanski realizza installazioni con proiettori parastatici, usando con intento ludico le ombre, lo scopo è di creare simulacri effimeri in serie dall’effetto teatrale mettendo in scena la caducità delle cose.
In ogni caso il velo d’ombra proietta labirinti di demoni, strani orchi o luoghi mitici e celestiali, insidiandosi come tarli nell’atto della visione. Nell’ombra si muovono i servi dell’immaginazione che ci conducono nel giardino “mirabile” della visione dalle affabulazioni concettuali irresistibili.
Il buio è sempre complice: l’oscurità è l’utero dell’immaginazione. L’ombra è l’anfratto nero da cui si generano le rappresentazioni di sé e del mondo, una cesura tra l’immagine e l’altra, lasciando fantasticare suggestioni che condizionano lo sguardo degli osservatori e dei sognatori.
Dal buio nessun uomo può scampare, la vita nasce e muore là, nel pensiero dell’immagine, fantasticando sull’atto della creazione.

Jacqueline Ceresoli

da TESTUALE39

Gio Ferri

Letterale

Lesa sul Lago Maggiore, 18 giugno 2006

Caro Ruggero, come ti ho già detto la tua invasiva installazione con luce di wood nell’ampio spazio centrale della Galleria d’Arte Moderna di Gallarate (quasi una… Cappella Sistina della scrittura!) mi ha potentemente impressionato. Quella fluorescenza diffusa, accesa dall’ombra e spenta dal biancore della luce (splendida poetica ambiguità), mi ha coinvolto in un oltremondo di concettualità quadridimensionale. Brancolare nel buio e leggere l’in-leggibile nel tutto del vuoto ha spinto me, e (dalle reazioni che ascoltavo) i visitatori (pur essi, nel buio, fantasmatici) verso un abîme caotico eppure illuminante (paradossalmente questo è il lemma giusto), felicemente, seppure ossessivamente, spettacolare. Non plateale: spettacolare nel senso del latino spectare, vale a dire osservare al di là di ogni superficiale realtà, oltre la parete invisibile del banale quotidiano.

L’esaltazione del gesto scritturale non è mai stata tanto provocatoria, e insieme tanto suadente, anche rispetto a

molte opere tue e di diversi artisti contemporanei che negli ultimi decenni hanno lavorato con la luce, il neon, il laser…

Sovente si è trattato di opere piuttosto fredde e decorative – di scarso significato quando hanno cercato banalmente di scrivere con la luce, a volte semplicemente spaziando un aforisma, un detto, un verso. Qui, in questa tua Underwood, il discorso è diverso e ben più complesso.

Nel tentativo di farmi capire, in merito alle mie complicate sensazioni di fronte alla tua camera oscura della scrittura luminosa ma evanescente, devo trascrivere, sintetizzandola e parafrasandola con una certa utile approssimazione, una citazione (riportata da Rudy Rucher, matematico statunitense, in La quarta dimensione, Adelphi 1994) da un saggio del 1885 del filosofo Charles H.Hinton dal titolo Many Dimensions:

… Spesso ho pensato, viaggiando in treno, quando nelle oscure gallerie i ragazzi si curvano sopra fogli di carta malamente stampati per leggere orribili e ‘oscure’ storie, spesso ho pensato quanto sarebbe meglio se si dedicassero invece a quella che potrei chiamare la ‘comunione con lo spazio circostante e invisibile’, spazio non visto, appunto, ma sentito nel vuoto… Ne ricaverebbero un diletto, una poesia e un interesse infiniti… Eppure guardando pieno di curiosità proprio quelle scritture stampate, guardando sempre più a fondo negli intervalli fra bagliori e oscurità, ho visto che, nei tratti sbavati d’inchiostro e nell’opaco tessuto fibroso, ciascuna parte era definita, esatta, precisamente a quella distanza e non di più… Un tesoro di bellezza, una ricca varietà e ampiezza di forme esaltate dalla contrapposizione fra luce e ombra… In quei segni intricati e in quella carta spiegazzata c’è lo spazio stesso, in tutte le sue infinite determinazioni di forma…

Rucker commenta: “afferrando così l’unità del mondo”.

E mi è venuto in mente, ancora, l’insistito tentativo di cogliere il passaggio fra la luce e l’ombra nell’opera scritturale e critica di Roberto Sanesi.

Qui, in Underwood tu hai dipinto con la luce e l’ombra lo spazio quadridimensionale, invitandoci ad entrarvi.

E c’è qualcosa di demiurgico (non darti troppe arie!) in questo tuo lavoro. Cito anche la Genesi: Dio creò la luce, vide che la luce era bella, perciò la separò dalle tenebre. Quindi la luce e le tenebre convivevano. Come convivono qui in Underwood: un luogo originario, vissuto prima della separazione della luce dalle tenebre.

(Scritta a Ruggero Maggi nel ricordo di Underwood, intervento ‘site specific’, alla Galleria d’Arte Moderna di Gallarate dal 19 febbraio al 2 aprile 2006).

 

Il Caos: fremito del senso ascoltando il brusio del linguaggio

Caotica(arte) per Caotica(mente) è ciò che all’estasi, intesa come assorbimento contemplativo dell’impulso apollineo, si contrappone, nel dionisiaco, l’estasi intesa come rapimento e disfacimento della individuazione; alla esperienza del modellare si sostituisce l’esperienza dell’essere modellati. In altre parole, la soggettività della rappresentazione è vinta dall’unità aggregante dell’elemento naturale: non si ha più la condizione illusoria del sogno, in cui si emancipa la creatività formale dell’artista, ma quella dell’ebbrezza, della perdita di sé come individuo cosciente e della piena partecipazione alla vita di tutta la natura. È solo così che l’uomo si trasforma in opera d’arte avvertendosi parte del tutto, e lasciandosi plasmare da essa. In nessun modo “natura” può significare l’ordine necessario e causale della realtà materiale, e “naturalismo” il riconoscimento dell’appartenenza dell’uomo a quest’ordine o il principio filosofico che induce a comprendere ogni fenomeno. Natura è esattamente l’opposto: è caos, è «difetto di ordine, articolazione, forma, bellezza, sapienza», e naturalismo è riconoscimento di tale realtà. I due concetti di caos e di ordine descrivono, a prima vista, due situazioni opposte. In realtà i due aspetti coesistono: esiste dell’ordine nel caos e del disordine nell’ordine. Nelle mitologie antiche il caos è quasi sempre contrapposto al Cosmo, nel senso di universo disordinato il primo e ordinato il secondo. I concetti di caos e di ordine strutturato erano avulsi dalla fisica Ottocentesca ma la situazione cambiò notevolmente nel Novecento. Dagli studi sul caos venne fuori che, mentre i veri dati casuali rimangono dispersi in una confusione indefinita, il caos (deterministico e strutturato) attrae i dati in un ordine invisibile che attiva solo alcune possibilità, delle molte del disordine. Gli scienziati, studiando il caos, si accorsero che forse lo stesso nome non era adeguato. Il termine“caos”, a livello etimologico, è legato a “casualità”, ma tali processi caotici producevano splendidi edifici complessi senza casualità, strutture ricche, nonché belle. D’altra parte ci si accorse che l’ordine poteva e doveva coesistere con il disordine, essere ad esso complementare, per arrivare ai concetti di “order from noise” (ordine dal rumore) e al “caso organizzatore”. Potente strumento interpretativo della realtà, sembra essere ovunque il ruolo ricoperto dall’ordine, come ci insegna Giordano Bruno nel “De umbris idearum”: «il vero Chaos di Anassagora è una varietà priva di ordine. Così nella stessa varietà delle cose possiamo individuare un ordine mirabile, il quale, stabilendo la connessione dei supremi con gli infimi e degli infimi con i supremi, fa cospirare tutte le parti dell’universo nella bellissima figura di un unico grande animale (qual è il mondo), poiché una diversità tanto grande richiede un ordine altrettanto grande e un ordine tanto grande richiede una diversità altrettanto grande. Nessun ordine si ritrova infatti, dove non esiste alcuna diversità.» Tutta la scienza è nata per scoprire, descrivere, spiegare un ordine della natura, o forse per definire, inventare, costruire un ordine nella natura e ciò in tutto quanto ci circonda, quanto è esterno a noi. È così che il modello del discorso scientifico si propone come modello dell’ordine naturale, come paradigma interpretativo delle nostre percezioni degli accadimenti del mondo e un po’ alla volta diventa la nostra immagine del mondo, e dunque, in ultima istanza, il mondo stesso. Le suggestioni foucaultiane spingono alla fantastica utopia di una scienza diffusa nel corpo vivo dell’umanità che riesca a far convivere idee diverse, modi diversi di avvicinarsi alla realtà, ordini di discorso diversi, che perdano la loro stessa connotazione di ordine, una scienza che costituisca un tessuto variopinto e molteplice, come l’arte che per Beuys “è la scienza della libertà” giacché la base di ogni creatività, è la conoscenza vera e profonda delle leggi del mondo e solo a quel punto l’azione è davvero libera, e l’uomo libero riconosce di ogni azione le conseguenze e se ne assume le responsabilità. Occorre ascoltare con quello che Roland Barthes chiamava “il brusio della lingua”, in quel miracoloso frammento di scrittura che appunto così si concludeva: «Ed io interrogo il fremito del senso ascoltando il brusio del linguaggio, di quel linguaggio che è la mia Natura peculiare di uomo moderno».

Giulia Fresca
per “Caotica. 2014”
progetto ideato e curato da Ruggero Maggi
Chiesa di san Cristoforo, Lodi | Palazzo dei Convegni, Jesi

La Mail Art di Ruggero Maggi. La via di una globalizzazione possibile.

Ruggero Maggi ha presentato in varie occasioni ( al Foyer del Teatro Franco Parenti di Milano – mostra organizzata in collaborazione con Atelier 51 – alla Chiesa di S. Chiara di Vercelli ed alla On The Road Art Gallery di Gallarate) una delle più ricche raccolte di Mail Art composta dalle opere postali di oltre cinquecento artisti che rappresentano tutto il mondo. La personalità coinvolta in questo evento è uno dei nomi più noti e, storicamente rilevanti per questa corrente – anche se questo termine è impropriamente usato – uno dei fautori più attivi per la diffusione, lo sviluppo e la proliferazione di un network, come lui stesso lo definisce, di mail-artisti: Ruggero Maggi, che in questa occasione ha proprio offerto al pubblico un nucleo cospicuo del suo archivio.
Maggi, artista dalla personalità poliedrica e vulcanica, riesce a dedicarsi ai progetti più diversificati con un’energia ed un entusiasmo coinvolgenti e stimolanti, quasi travolgenti per chiunque possa poterne condividere il lavoro; proprio grazie a questa sua passionalità artistica, sottaciuta ad un saldo intellettualismo mai ostentato, è riuscito a diventare un punto di riferimento internazionale per la Mail Art e il suo archivio, in costante crescita, è un ricco contributo all’intendimento di cosa sia questa forma artistica di cui è, giustamente, esempio tangibile.
Maggi, in questo come in altri contesti, riesce sempre a lasciare una forte impronta personale al suo operato, al suo credo artistico; per lui il fattore umano è il denominatore comune di qualsiasi sua azione, di qualsiasi suo lavoro. Non deve essere mai tralasciato, mai offuscato, mai tradito. L’Arte Postale, nata negli Stati Uniti nella seconda metà del secolo scorso, per lui è innanzitutto una forma di libertà umana assoluta: in quest’ottica è diventato scrupoloso tessitore di contatti che, come una rete, si sono allargati dal suo studio a tutto quanto il mondo. Ha raccolto, riunito, fatto da tramite ad artisti di ogni dove attivando, o meglio mantenendo attiva, una forma di comunicazione quasi dimenticata nel nostro quotidiano.
Nell’era di una comunicazione globalizzata, telematica, informatica, dove l’istantaneità e l’immediatezza fanno perdere valore e senso al nostro stesso bisogno e desiderio, a volte pur inutile e superfluo, di comunicare, l’Arte Postale recupera una dimensione più attenta al valore dell’individuo e alla sua peculiare presenza nel contesto che lo circonda. Supera il confine di evento, di corrente artistica per allargare il suo orizzonte culturale in territori divenuti più ampi.
Il canale postale diventa una via per arrivare ovunque, in qualsiasi contesto, regione, nazione ma in un modo più personale ed autentico. Una lettera, un francobollo, un pezzo artistico: strumenti desueti nel mondo tecnologico attuale che tornano ad essere occasione per riqualificare il nostro stesso tempo, riconciliandoci con il nostro modo di comunicare. Il mail-artist diventa una tessera di un mosaico che si distribuisce nel mondo ridisegnandone ogni volta i confini e i tratti. Un’onda di piena inarrestabile e continua, che sfugge l’impersonalità di messaggi destinati ad essere fasci di elettroni sparati su un monitor, per essere invece segno del valore dell’individuo nella riscoperta qualificazione della globalità in cui siamo inseriti. Una sorta di globalizzazione del singolo, di autoidentificazione e di non-omologazione meccanica. Anche secondo questo principio, da sempre, il tratto distintivo dei mail artists è stato quello di avere una certa avversione alle forme, ai canali della patinata ufficialità artistica.
La libertà è data anche dall’intenzione, dalla consapevole scelta, di mantenersi estranei al circuito dell’arte ufficiale, a vantaggio di un’indipendenza totale. In uno scambio reciproco, le lettere viaggiano si spostano e la dinamica artistica che si crea è un brulicante fermento che investe tutti i continenti senza vincoli di scelte o esclusioni dettate dall’alto o dalla moda del momento.
La diversificazione delle esperienze, sociali, psicologiche, culturali, formative che contraddistinguono le singole personalità degli artisti, finiscono con lo smaterializzarsi, col liberarsi da specificità chiuse in e su sè stesse, a vantaggio di uno scambio inarrestabile e comune che vede, ora, l’Arte Postale, come epicentro dinamico di una globalizzazione possibile. Dalla quale nessuno, se epurato da pregiudizi, può essere escluso. L’impressione è che l’essenza sta tutta in una comunicazione qualificata: così, nella ridefinizione di una terminologia abusata, globalizzazione diventa il motore stimolante per un vero allargamento dei confini dell’intelletto umano.

Matteo Galbiati
Ottobre 2005

CONFINE MOBILE

«Quella linea dell’orizzonte è la nostra meta del sapere … il nostro confine ideale e quindi come tale irraggiungibile. Esso è quindi mobile e si avvicina o si allontana in funzione del nostro essere; è un confine che avvicinato ricostituisce la realtà mentre se allontanato da essa svanisce. L’artista ha compreso…» (Sandro Felletti)

Varcare la soglia per trovare nuovi confini: con il coraggio dell’Ulisse dantesco, ma senza l’hybris del superuomo, piuttosto nel tentativo di scoprire leggi che governino elementi ritenuti ingovernabili, nella consapevolezza dell’esistenza di una parte inconoscibile della realtà. Il confine mobile proposto da Ruggero Maggi è simile a quello che si pone – che dovrebbe porsi – lo scienziato nell’assumere nei confronti della realtà naturale quell’atteggiamento di apertura rispettosa, sensibile all’esistente. In tal senso la scienza si avvicina all’arte, alla sociologia, alla psicologia. In fondo, è ciò a cui giunge Mitchell Feigenbaum quando intervistato afferma: «In definitiva, per capire occorre cambiare rapporto. Si deve ricostruire in che modo si concepiscono le cose importanti che stanno accadendo (…) Quando lei guarda che cosa c’è in questa stanza – della roba là, una persona seduta qui, e delle porte – lei dovrebbe prendere i principi elementari della materia e scrivere le funzioni d’onda per descriverli. Beh, questa non è una cosa realizzabile. Forse Dio potrebbe farlo, ma non esiste alcun pensiero analitico in grado di comprendere un tale problema» . Allora lo scienziato si rende conto che un confine, benché mobile, esiste. Un limite posto dal caso? Maggi, con la sua lettura artistica delle leggi del caos – ossimoro colmo d’ironia- sembrerebbe indicare un altra via: là dove persino il caso mostra di possedere un proprio intimo, intrinseco, talora inconoscibile, sistema.
La scelta del campo d’interesse dell’artista è appassionante; suscita un’empatia paragonabile forse a quella che provò Dante per Ulisse, da cui il tono commosso e tragico delle terzine nel XXVI canto dell’Inferno. In fondo Ulisse quando spronava i suoi, ormai vecchi e stanchi all’ultima impresa non fece altro che cercare di vedere l’aspetto del mondo al di là della soglia. Fu un folle volo sì, ma non per sciocco orgoglio; spronato da virtute e canoscenza, Ulisse dimenticava la grazia: la questione del limite, suggerisce il poeta, risiede nella coscienza, non tanto nelle colonne d’Ercole, oltre le quali Odisseo trovò il caos. Dalla notte dei tempi il termine è gravato da un’accezione negativa. L’uomo percepisce il caos come elemento avverso alla vita, nella tradizione del vicino Oriente, in Grecia, in Cina, in Egitto, come nel mondo celtico, esso è l’antitesi del cosmos, il disordine scatenato dalla lotta delle divinità primordiali per il possesso della Terra e dei suoi abitanti. Ma non fu così per tutte le cosmogonie: nella cultura ebraica il caos non esprime negatività. Nella Bibbia non è altro che la condizione precedente la creazione del cielo e della terra, è descritto come tenebra e abisso sì, ma per mancanza di definizione, di luce; su di essi aleggia comunque lo spirito di Dio. Non c’è alcuna lotta per il creato, l’uomo stesso non è fatto come schiavo.

Anche l’etimo del termine greco chaos, se da un lato conduce al verbo spalancare, là dove richiama la voragine, l’abisso, esso può anche rimandare all’apertura mentale, condizione indispensabile per la ricerca; l’atteggiamento creativo dello scienziato che si volge alla vastità del reale filtrandola attraverso le proprie cognizioni, per cercare di rispondere, attraverso leggi e modelli matematici, ai grandi quesiti sugli accadimenti universali.
In tal senso, per la versatilità che le caratterizza, la scoperta delle leggi del caos non cessa di suscitare, a circa trent’anni dalle prime formulazioni teoriche, un entusiasmo e un fascino eccezionali. La capacità di scrutare il meccanismo arcano che presiede la formazione dei fiocchi di neve, l’evoluzione delle nubi, dei cicloni, il moto ondoso turbolento, le fluttuazioni delle masse, dell’economia o di popolazioni animali, o ancora eventi biologici come lo scatenarsi inconsulto del battito cardiaco, hanno interessato la scienza a partire dalla seconda metà degli anni ’70, nella ricerca di una possibilità di interpretazione di questi fenomeni secondo modelli matematici. Le peculiarità sfuggenti e spesso disastrose degli eventi caotici, hanno incentivato l’interesse di giovani scienziati, in varie parti del mondo. Trattandosi di una scienza che osserva la natura globale dei sistemi, il suo campo d’interesse è vastissimo. Benché non sia sempre facile ammetterlo nel mondo scientifico, l’approccio di natura sensibile alle variazioni di qualsiasi genere, ha costituito l’atteggiamento vincente per questa scoperta. Quando Feingenbaum meditava sulla natura delle nubi, un aspetto vago e dettagliato al contempo, che fino ad allora i fisici avevano trascurato, applicava alla propria osservazione quel genere di apertura mentale. Lasciava cioè alla propria sensibilità la capacità di comprendere ciò che un’ampia cultura specialistica gli impediva di interpretare. Ampliava così i confini della propria ricettività, permettendo ai fenomeni di mostrargli la via per una possibile lettura scientifica di un universo complesso. E guardando al di là della propria formazione trovava parallelismi di carattere estetico: «In un certo senso l’arte è una teoria sul modo in cui il mondo appare agli esseri umani. È ovvio che non conosciamo nei particolari il mondo che ci circonda. Il merito degli artisti è quello di essersi resi conto che ci sono solo poche cose importanti, e poi di vedere quali siano» . Tra le “poche cose importanti” per Maggi, c’è la teoria del caos. L’artista sa riconoscere la bellezza del fenomeno naturale anche là dove riesce a rendere visibili i frattali con un’idea semplice, senza ricorrere alle ingegnose costruzioni informatiche realizzate negli anni ’80 da molti artisti che trovarono nel caos una fonte d’ispirazione. Maggi trova la risposta in un duchampiano ‘ready made’, un oggetto comune come il foglietto riposizionabile gli offre una forma espressiva capace di proporre l’effetto di unità del molteplice tipica dei frattali. La sua idea rende comprensibile concetti complessi: mentre l’immagine d’assieme sulla parete è organizzata nella forma della nube, l’artista propone all’interno dei foglietti le figure che presiedono alla formazione delle nubi o dei fiocchi di neve, o di altre forme naturali. Nei frattali è la bellezza nascosta cui può giungere il sistema frammentato del mondo reale, arrivando ad eguagliare la preziosità di un ricamo. Sarà forse nella consapevolezza di non poter raggiungere tale perfezione, che Maggi ricorre alla quotidianità dei post-it e, con una buona dose d’ironia, si spinge a ‘frattalizzare’ una mucca, sezionando il mantello maculato secondo i tagli del macellaio per dedicare lo scamone a Benoit Mandelbrot, il filetto a Pablo Picasso, la guancia a Pierre Restany e così via. Là dove si riconosce l’unità nel genere: “animale” o, poniamo, “nube” si rileva altresì un’intrinseca differenziazione che a suo modo influisce sul risultato finale. Ma ciò che emerge è anche l’aleatorietà dell’intero sistema: come avviene nei fenomeni caotici una minima variabile può conferire all’immagine una mutazione generale. Il post-it è una forma frattale monocroma, una volta stampato con immagini frattali riceve un nuovo carattere. È una parte del sistema-immagine formato da unità singole composte fra loro, eppure è labile nella sua posizione organizzata: la sua natura mobile lo rende duttile alla creatività, l’artista può trovare il criterio per farlo interagire altrettanto efficacemente all’interno di un diverso sistema di foglietti.

Così noi, immersi nei meandri di un labirinto caotico di cui ignoriamo le leggi, proviamo una irresistibile attrazione empatica per le forme regolari nascenti da un disordine apparente. Una simile spinta creativa dà vita all’attesa di ogni giorno, nella consapevolezza che uscire dal caos è lotta quotidiana. Forse per questo la preghiera ebraica del mattino recita: “Dio rinnova ogni giorno l’opera del principio”.

Maria Laura Gelmini

M. Feigenbaum, geniale matematico citato da J. Gleick in Caos. La nascita di una nuova scienza.
J.Gleick, Caos. La nascita di una nuova scienza, Biblioteca scientifica Sansoni, Milano 1989, p.186
J.Gleick, op. cit. p.187
Coniato da Benoit B.Mandelbrot nel 1975, il termine ‘frattale’ si riferisce alle innumerevoli forme naturali le cui figure matematiche hanno dimensione frazionaria, e non intera come nelle ordinarie figure geometriche (ad es. le rette, che hanno una dimensione, i piani due, etc.).
Il grande critico francese (1930-2003) era giunto all’arte del caos attraverso Fluxus. È stata molto ammirata l’installazione allestita in suo onore da Maggi (Miart 2004, stand del Milan Art Center) utilizzando i mobili della stanza dell’hotel Manzoni abitata dal critico per più di vent’anni, con opere d’arte su post-it alle pareti.

In un battito d’ali

Come leggiadre farfalle di carta, migliaia di foglietti hanno occupato i muri e gli arredi della Camera 312. Uno accanto all’altro, ordinati come le squame della coda di una sirena, i piccoli e sottili riquadri si sono impossessati delle superfici delle cose, vanificandone la forma e mimetizzandone la presenza. Tuttavia, tra quel mare giallo, si raddensano qua e là colonie di colori e di segni, nebulose di pensieri e di ricordi; si disegnano geometrie irregolari e approssimative, isole dai perimetri elementari, contorni innocenti da quaderno a quadretti. Da uno di questi ammassi prende forma anche il profilo di un uomo. Come un fantasma, l’effige pare affiorare da lontane memorie, da luoghi remoti e silenziosi: è Pierre Restany. A lui è simbolicamente dedicata quest’insolita stanza: la sua provvisoria “casa” milanese, momentaneamente trasferita sui canali della laguna. In questa temporanea dimora, le migliaia di postit, attaccati da artisti diversi, come le preghiere nei templi buddisti, sono la discreta (ma sentita) invocazione di una moltitudine a non dimenticare, a non perdere neppure la più piccola delle idee, né i pochi centimetri di vita e di storia faticosamente conquistati. E’ l’offerta, e allo stesso tempo la richiesta, di un popolo che sussurra la sua supplica e la sua penitenza. Ma, la precarietà e la provvisorietà di quei fogli e di quella camera inquietano: basterebbe un soffio per scompaginare quel mosaico; basterebbe un battito d’ali per disperdere quella miriade di appunti, per spezzare la dolce poesia di un ricordo, la commozione di quell’omaggio. Basterebbe un nonnulla e quella preziosa manciata di secondi andrebbe irrimediabilmente perduta, travolta dall’indifferente eternità del mondo.

Lorella Giudici
per “Camera 312 – promemoria per Pierre”
progetto a cura di Ruggero Maggi
52.Biennale di Venezia, 2007

Connessioni ideali

Nell’ex protettorato britannico monta la protesta circa la libertà di scegliere i candidati al ruolo di governatore. Giovani studenti di Hong Kong, scesi in piazza per manifestare la volontà di libere elezioni contro il controllo delle candidature da parte cinese, si difendono dagli spray urticanti e lacrimogeni con uno strumento di uso quotidiano e ne fanno elemento-oggetto di protesta, ricordando la lezione di Mao “un’ immagine vale più di mille parole”.
Le immagini di ombrelli, sorretti aperti in piazza, vengono subito diffuse in tutto il mondo e la protesta prende il nome di “umbrella revolution”.
Gli ombrelli, permeati di una drammaticità intrinseca del disagio sociale in Cina, divengono supporti dove l’arte contemporanea occidentale incontra e sostiene l’arte sacra Tibetana. Una dialettica tra arte e impegno sociale, etico e ideologico, attraverso una serie di interventi in una pluralità di stili e ricerche differenti, ombrelli-poemi e ombrelli-opere realizzati sullo stesso campo d’indagine, la stoffa degli ombrelli, evocheranno l’ ombrello cerimoniale uno dei simboli presenti nello stupa.
Ruggero Maggi chiama a raccolta artisti contemporanei per un’azione corale a favore della libertà di un popolo, della sua identità, dei suoi simboli e della propria spiritualità. Una ricerca artistica tesa all’unione e conoscenza di culture differenti con una precisa relazione del fenomeno artistico con il fenomeno spirituale, dove la spiritualità possa portarci a guardare oltre il confine territoriale determinando un’ideale connessione.
Il padiglione Tibet crea il suo segno che esclude tutto quel che non riguarda l’autocoscienza centrata, una divisione tra ciò che è possibile – l’arte- da ciò che è accaduto – la storia- , molti degli artisti che si sono cimentati nella sperimentazione di un linguaggio dall’alto valore sociale, nel corso delle edizioni, hanno elaborato processi visuali differenti in relazione con lo spazio, singole opere in un’istallazione collettiva di estremo fascino e suggestione.
Seguendo le tracce di Walter Evans-Wentz, antropologo e scrittore americano, affronteremo un ideale viaggio attraverso Europa, Arabia e India per approdare ai confini del Tibet sulle più alte vette del pianeta, la scoperta di una cultura dove l’opera d’arte serviva principalmente come icona, intermediario tra l’uomo e la divinità,
-tongdol- (mothong-grol), liberazione (spirituale) per mezzo della visione (della divinità), in relazione con l’arte e la cultura occidentale. Una complessa e delicata operazione di conoscenza e scoperta del repertorio dell’arte contemporanea italiana contaminata dalla mistica visione tibetana, leggerne i segni e decifrarne i codici a sostegno di un popolo che lotta per la propria libertà.

Alexander Larrarte
per Padiglione Tibet
progetto ideato e curato da Ruggero Maggi
Chiesa di Santa Marta, Venezia, 2015

Ecce ovo

Ruggero Maggi è artista poliedrico che si è avvalso nel suo percorso creativo di molti mezzi espressivi. Il pensiero alla base del suo operare è agire sulla realtà attraverso la manipolazione e le mise-en-scène degli oggetti, per suscitare in chi osserva una riflessione critica e quindi un possibile cambiamento.
La quotidianità e la banalità dell’oggetto d’uso sono quindi riscattate da un processo simbolico e metalinguistico che ne fa intuire il significato altro e che colloca l’artista fra i discendenti di Dada, di cui conserva la carica eversiva, ironica e spesso ludica, e i surrealisti. Per Maggi l’arte è soprattutto comunicazione, e non a caso negli anni ’70 è stato uno degli esponenti più rappresentativi della Mail Art, un formidabile network del tempo per raggiungere migliaia di persone. Oggi è l’installazione multimediale la forma espressiva che meglio esprime la finalità del suo lavoro che, partendo dalla riflessione sull’arte, è approdato in anni recenti alla teoria del caos. Se la creatività è alla base della vita l’arte nasce dal caos, solo in apparenza ammasso informe e confuso, ma in realtà dotato di leggi proprie. All’origine del tutto c’è la cellula e nella cellula il patrimonio cromosomico che Maggi ha rappresentato con grande efficacia nella riproduzione plastica di un genoma frutto del lavoro corale con altri artisti.
All’origine del tutto c’è l’uovo, la cellula più macroscopica. Ed è proprio iniziando dall’uovo che l’artista esprime il suo pensiero sul riscaldamento globale e lo fa lanciando un grido d’allarme. Ma nessun catastrofismo, nessuna fine del mondo. Solo uova nel nido che a causa del gran caldo nascono cotte, anzi fritte. L’autocombustione è l’effetto più devastante e pauroso del global warming, ma l’artista non fa appello al senso di paura, bensì all’ironia e alla razionalità. E ottiene l’effetto di porre l’attenzione sulla gravità del problema con tocco leggero, con la levità di invisibili fili che scendono dall’alto mostrando nidi, autentici nidi, e al posto delle uova che vi si dovrebbero annidare, immagini fotografiche delle stesse cotte al tegamino. Quasi un divertissemant, una commistione fra realtà e finzione, fra oggetto e immagine, che nell’arte convivono senza contraddizione, perché come nel gioco tutto si anima e diventa vero.
Con l’installazione Ecce ovo, che contamina lo spazio in ogni punto, lo spettatore partecipa all’azione metaforica, come succede in “Camera 312 – promemoria per Pierre”, presentato dall’artista alla 52° Biennale di Venezia, in cui l’effetto totalizzante è ottenuto con la proliferazione coprente oggetti e spazio circostanti, di gialli post-it. L’installazione presentata a Vertigo rimanda anche per alcuni aspetti di rilevanza sociale al lavoro installativo di Maggi sulla fame nel mondo, e dell’Africa in particolare, in cui l’arte era pane e si vendeva a peso. L’espressione ecce ovo, mediante la sua assonanza con ecce homo, d’altra parte, richiama alla mente, al di là dell’aspetto ironico e concettuale dell’operazione, la passione di Cristo, a sottolineare un possibile sacrificio della terra a causa della cecità e dell’avidità dell’uomo. Nonostante il legame con la terra e l’universo sia una costante del lavoro dell’artista, tuttavia la tecnologia compare sempre a fugare il sospetto di un nostalgico ritorno alla natura tout-court, sotto forma di raggi laser o di luce di wood che al buio rende visibili i disegni graffiti con appositi inchiostri sui muri della Civica Galleria d’Arte Contemporanea di Gallarate e qui assume l’aspetto, ormai familiare, del video a significare un’arte meticciata, in cui i mezzi espressivi si coniugano mescolandosi fra di loro e dando luogo a nuovi linguaggi. La trasmigrazione, che è l’effetto della diffusione dei mass-media, avviene quindi all’interno dell’arte e all’esterno, mettendo in comunicazione forme espressive di paesi lontani in tempo reale. La virtualità, forma di realtà veicolata dai media, nasconde però, fra le mille opportunità, un pericolo insidioso: la perdita di contatto con il reale, preludio al solipsismo e alla mancanza di relazione. L’aver messo in atto un processo che ridesta la sensorialità assopita attraverso il tatto, l’udito (i gusci d’uovo sparsi sul pavimento, calpestati dal pubblico, producono un suono/rumore), la vista (con effetto immersione nell’opera), la razionalizzazione di un evento possibile, significa mettere al centro dell’arte la vita e l’uomo nella sua totalità.
E’ quanto fa da anni Ruggero Maggi con risultati artistici di notevole spessore che lo collocano fra i sensori più sensibili del nostro tempo.

Mimma Pasqua  2008

Padiglione Tibet

I numerosi artisti presenti, come in uno scrigno contenitore non solo di tesori ma di suggestioni, speranze, desideri, hanno costruito, ognuno con il proprio linguaggio, unico e insostituibile, un affascinante percorso ideale in un territorio unico in cui l’uomo ha giocato senza sconti la sua partita con la libertà, una libertà misurata con un metro diverso da quello turbato dell’Occidente.

Il Tibet è forse l’unico “altrove” che ci avvicina a una comprensione profonda di una delle culture spirituali più importanti d’Oriente. Unico per tradizioni, storie e leggende presenti nella sua stessa vita quotidiana e radicate anche in Occidente. Unico per la sua anima vulnerabile, il suo coraggio, la sua radicalità. Unico per l’esempio che offre di rifiuto dell’ambiguità morale che tutto pervade e tutto scolora. Unico perché continua a esercitare un fascino irresistibile.

Cristina Rossi

per Padiglione Tibet

progetto ideato e curato da Ruggero Maggi

Palazzo Zenobio, Venezia, 2017

La camera dell’eterno ritorno

L’affetto e il riconoscimento di tanti per Pierre Restany, così emotivamente materializzato in questa installazione, sono una viva testimonianza dell’intenso amore per l’arte che lo ha caratterizzato. Amore appassionato e senza limite che lo portò a fare infinite esperienze e amicizie in vari luoghi del mondo. Un mondo di forti sfumature e stimoli, tanto variabili e mutevoli come in un caleidoscopio: una voragine di profili e sentimenti dove si mischiano in tale misura le tensioni del simbolo e la realtà, la natura e la civiltà, dell’incipiente e il visibile, che – ci arrischiamo a pensare – doveva ancorarli, con i suoi cinque sensi, in uno spazio stabile fuori di sé per poterli riconoscere dentro di sé. Questa marea di sguardi attenti e allusioni che oggi ricoprono le pareti della camera 312 profondamente costituiscono, nel senso più letterale, le pareti stesse di quella camera. Come ci segnala Mircea Eliade, l’istituzione di uno spazio sacro dove si rivive nel presente una scena mitica fuori dal tempo, è la risposta archetipica dell’uomo al suo terrore della storia, del divenire e della dissoluzione nella moltiplicità. E la vita tutta di Restany è stata, in ognuno dei suoi profusi dettagli, un inno glorioso alla storia – in questo caso, dell’arte, e attraverso essa, dell’uomo – e alla teofania della libertà. Per questo, l’eterno ritorno al monotono spazio di una stessa camera, alle sue stesse pareti, allo stesso ambito sicuro per conoscenza, sia come esorcismo all’universo palpitante che lui stesso invocava e celebrava, sia come rifugio davanti al passo vertiginoso di quella marea universale, ce lo fanno sembrare, per questi stessi motivi, così più vicino e riconoscibile nella nostra modesta umanità. Il patriarca mitico, sovraumano e tanto meritatamente adorato diventa così quello che sempre è stato: nostro fratello, lo specchio di quello che possiamo, e per quello stesso dovremmo, aspirare a essere.

Massimo Scaringella
per “Camera 312 – promemoria per Pierre”
progetto a cura di Ruggero Maggi
52.Biennale di Venezia, 2007

Padiglione Tibet

Esistono rivoluzioni silenziose che oppongono al fragore del mondo la gentilezza di forma e di senso. Non si tratta di una resistenza immediata e violenta, piuttosto di una costante, delicata, eppur visibile fede nella luminosità che appartiene al cuore umano e sopravvive nello spazio al riparo dalle ombre.
È la storia a creare i suoi simboli e sono i simboli a raccontare la storia. Vicende come quelle di Hong Kong dimostrano che i simboli sono frequenze dinamiche, per nulla statiche, costantemente arricchite da ciò che accade.
Tra le molteplici forme simboliche che costellano il mondo della storia culturale condivisa c’è anche l’ombrello, un simbolo antichissimo, sacro, che appartiene alle culture del bacino del mediterraneo così come in quelle sorte nell’area centro asiatica.
L’ombrello: elemento che protegge, difende, ripara, crea ombra e fende la pioggia. Un elemento strutturale importante dello stupa, il tempio buddista, nobile immagine della mente illuminata, diventa impulso per condurre ancora una volta una preziosa riflessione artistica e spirituale chiamata “Padiglione Tibet”. L’ombrello è elemento che irradia, si apre, proietta le energie all’esterno. E un ombrello diventa emblema di resistenza passiva, posto a protezione dalle energie negative, dalle intemperie della mente individuale e collettiva.
La regalità del cuore passa spesso attraverso il linguaggio dell’arte, ed è l’arte, ancora una volta, a parlare di un intero popolo, a ribadire la nostra appartenenza a una radice comune. Certi che la sacralità del simbolo e dell’azione condivisa possa contribuire alla propagazione e ricezione di un messaggio di karuṇā, compassione, e prajñā, saggezza. Per ricordarci che se lo spazio è sacro, anche il tempo lo è. E non è più il tempo dell’attesa, ma della rivoluzione gentile, in grado di penetrare nel cuore umano rischiarandolo dalle ombre della non conoscenza.

Giuliana Schiavone
per Padiglione Tibet
progetto ideato e curato da Ruggero Maggi
Chiesa di Santa Marta, Venezia, 2015

UNITA’ NELLA DIVERSITA’

Il Padiglione Tibet e il Padiglione Armenia a Palazzo Zenobio per la 57esima Biennale
Dalla data di fondazione che ricorreva nel 2010, il Padiglione Tibet ideato da Ruggero Maggi e sostenuto da artisti ed intellettuali di tutte le nazioni, ritorna a Venezia alla Biennale del 2017.
Negli anni precedenti avevo già dato un mio contributo critico a questo incredibile progetto e per quanto sia felice di offrire nuovamente la mia collaborazione al Padiglione Tibet , sono rammaricata dalla triste riflessione che dopo tanti anni, la situazione politica di questo popolo non è cambiata.
Ed è per questo che non voglio parlare della negazione d’identità alla quale il Tibet sembra essere stato condannato dalla comunità internazionale, ma al contrario vorrei soffermarmi sulla costante e imperitura presenza di questo Padiglione che nonostante tutto continua ad esserci raccogliendo sempre più consensi dal pubblico e dalla stampa.
Quest’anno per un caso fortunato di eventi, il Padiglione Tibet è ospitato a Palazzo Zenobio della Congregazione dei Padri Armeni di San Lazzaro.
E’ così che le drammatiche storie di due popoli, due splendide civiltà che arrivano dall’Oriente e che entrambe (seppur in epoche diverse) hanno subito soprusi e violenze, s’incontrano grazie all’Arte. Quello che si respira a Palazzo Zenobio dove al piano nobile si trova il Padiglione Armenia e al piano terra il Padiglione Tibet, è un clima di solidarietà che si basa sul dialogo instaurato dal coro di voci di tutti gli artisti che vi partecipano.
Senza solidarietà non potranno mai esserci ponti, poiché la benevolenza verso l’altrui diversità è l’unica strada possibile per uscire dai propri confini e abbracciare il mondo.
Non c’è vera ricchezza senza gli altri, ma solo caparbia ostentazione di se stessi e del potere arrogante di chi governa che impoverisce i singoli individui e le loro nazioni.
In questo particolare momento politico che l’Europa sta vivendo, la presenza dei due Padiglioni dell’Armenia e del Tibet nello stesso luogo, in Italia, a Venezia è una conferma di quel fondamentale principio di “unità nella diversità” dal quale si è formato il Sacro Romano Impero e molti secoli dopo, la nostra giovane Europa da sempre terra di accoglienza, democrazia e libertà.

Roberta Semeraro
Venezia, 18 maggio 2017

Un demone dell’installazione

Ruggero Maggi è un artista che sfugge agli incasellamenti e alle definizioni di comodo. E non soltanto perché, ancora giovanissimo, si staccò subito dall’oggetto in sé, quadro o scultura, quale fatto estetico. Anche nell’ambito, ormai collaudatissimo, delle installazioni, nel quale sostanzialmente agisce, si rivela un globe-trotter della fenomenologia espressiva, un navigatore libero e rapace, un pirata dalla sensibilità multidirezionale e persino entusiasmante in talune sue spontanee contraddizioni.

Nel 1992 l’artista è vittima di un incidente automobilistico, ne esce ferito mentre il parabrezza della macchina è abbondantemente lesionato. Il risultato, appena superato lo shock? Il parabrezza viene esposto, inalterato, con un semplice surplus estetico-emotivo: un neon che lo attraversa orizzontalmente. Ed ecco il titolo dell’opera: “Caro Piero, forse forse quella sera pensavo troppo a te”. Didascalia completata con l’indicazione dei materiali: “parabrezza, sangue e neon”. Sì, in effetti, se di affinità o di raccordo si vuole parlare, il personaggio giusto da richiamare è proprio Piero Manzoni. Tant’è che, volendo tentare una sintesi del modo di operare di Maggi, riterrei opportuno parlare di arte comportamentale. Ma non comportamentale-concettuale, bensì comportamentale-oggettuale-installativa.

Infatti, sulle idealità del “caro Piero” si innestano, opportunamente filtrate e direzionate, influenze di Arte Povera per il modo come l’oggetto trovato viene trasferito subito non già in un oggetto esteticamente teso (vedi Schwitters, ad esempio), ma in una “messa in situazione” eticamente impegnata. In altra maniera, attraverso modi meno “déracinés” rispetto al poeta di Soncino, ogni opera di Maggi viene per così dire dalla sua “carne”, è – ovviamente, l’analogia è solo ideale e parallela – come la “merde” in scatola. E così dalla componente etico-simbolica (Manzoni) si passa alla componente etico-realistica (l’operazione installativa di Maggi). Un’operazione cruda, priva di orpelli. Un’asciuttezza che si apprezza ancor di più quando, nell’usare “new media”, come neon, ologramma, laser o altro, la naturale spettacolarità di questi materiali viene controllata fino a livelli minimali. Anche perché tali “immateriali” molto spesso colludono o si fondono con materiali tradizionalissimi quale il legno o la fotografia con il suo contributo evocativo.

Il primo incontro con Maggi è stato mediato dalla corrispondenza, come usava un tempo. Credo sulla fine degli anni ’70 egli mi inviava del materiale relativo a una sua produzione connessa con l’Amazzonia, da dove probabilmente era appena tornato. E a questo proposito mi aveva pensato in quanto allora, con Pierre Restany, ci si occupava di “Natura Integrale”, rivista-laboratorio tesa alla rieducazione sensoriale e all’ecologia della sensibilità. Cito questo fatto perché credo che nelle opere di questo demone dell’installazione (se Re Mida trasformava tutto quanto toccava in oro, il Re Maggi trasforma tutto in installazione) ci sia, senza nulla togliere alla mobilità ideativa, un rigore etico di tipo fondamentale, come scaturente da una esperienza di inflessibilità emblematica quale una natura terribile quale l’Amazzonia può trasmettere.

Carmelo Strano

Mandala dell’universo

La percezione del mondo, dell’universo cosiddetto esteriore, è soggettiva per l’individuo che è, appunto, colui che percepisce. In senso generale mandala significa “centro” o “contenuto interiore”, è racchiuso in un cerchio e rappresenta anche questo universo. Descritto nella tradizione Abhidarma, il mandala viene offerto nelle pratiche preliminari del Vajrayana, che nel buddhismo della cultura indo-tibetana deriva dal Mahayana quando questi ricorre agli “espedienti salvifici” che permettono di raggiungere l’Illuminazione in poche se non addirittura in una sola vita. Questa rappresentazione, sul piano straordinario del Vajrayana, ha invece il significato di quintessenza di tutte le cose. Da ciò ne consegue che il praticante, nel momento in cui medita con la visualizzazione di questa immagine, supera la semplice percezione della realtà fenomenica del mondo così come appare all’occhio profano e riesce a raggiungere il suo “centro” che è la mente di saggezza dei buddha, la realtà del dharmadhatu percepita dagli esseri illuminati.
Il palazzo quadrato con quattro porte a forma di T, inscritto in un cerchio bordato di vajra e fiamme, è la rappresentazione tibetana classica del mandala, mentre le varianti fanno riferimento al tantra che di volta in volta viene preso in considerazione nelle iniziazioni e nei sadhana, che in pratica sono dei metodi usati per il conseguimento della realizzazione e nuclei centrali e fondamento di ogni rito tantrico. Questo palazzo è visibile in forma grafica bidimensionale nei thanka, dipinti su tela, generalmente circondati da broccato, arrotolabili per poter essere trasportati agevolmente in occasione di un qualsiasi spostamento. Un altro modo di creare questa immagine è quello usato dai monaci, ritualmente, in occasione di una iniziazione, con sabbia di vari colori, e poi distrutta con la dispersione nell’acqua di un lago o di un fiume dopo averla raccolta in un’urna. Esistono però testimonianze tridimensionali eclatanti, di grandi dimensioni, di cui conosciamo l’esistenza passata solo dalle fonti storiche, come l’università buddista di Odantapuri in India, distrutta dalle invasioni musulmane del XII secolo, mentre di altre abbiamo ancora testimonianza. Queste ultime sono costitute, per esempio, da edifici come monasteri (a Samyé, Tibet centrale) o come il grande stupa di Borobudur a Giava.
I quattro punti cardinali del palazzo corrispondono a quattro colori, bianco a est, giallo a sud, rosso a ovest e verde a nord, ma possono anche cambiare a seconda della deità e se la rappresentazione è bidimensionale e appesa, in basso di fronte all’osservatore ci sarà l’est, a sinistra il sud, l’ovest in alto e il nord a destra, nel mandala di sabbia l’est è rivolto verso il praticante.
È forse irriverente porsi di fronte al mandala e alla sua creazione, e lasciare che la nostra mente di occidentale, anche se praticante, lasci che il pensiero, per una volta non disciplinato, si sposti sull’arte? Dobbiamo correre il rischio e cercare un ponte di passaggio, pensando per esempio all’arte gestuale e quasi rituale di Jackson Pollock che nel gocciolamento circolare dei colori ci rimanda alla cultura ritualistica e apotropaica dei nativi americani, alla Spiral Jetty di Robert Smithson, destinata a essere modificata dalla forza della natura e quindi con l’idea di impermanenza come caratteristica fondante originaria, ma anche alla perfezione formale di un qualsiasi Stone Circle di Richard Long, sovraccarico di energie cosmiche.
Nel mandala una realtà esoterica è rappresentata in maniera simbolica, bidimensionale, per diventare poi architettura sacra, mentre, con un processo inverso, l’arte occidentale da rappresentazione della realtà tangibile, in certi casi diventa una tangibile e poi, negli ultimi esiti, intangibile. È questa la rappresentazione di un pensiero visibile in un progetto che è l’opera stessa, come avviene abitualmente nell’arte concettuale. La tangenza culturale visiva tra oriente e occidente, tra dominio della mente e creatività liberata non risiede in una tensione estetica, c’è il momento in cui nell’arte classica la bellezza significa equilibrio delle forme come contenuto morale e il bello viene fatto coincidere con il buono, mentre all’interno del percorso dissacrante della modernità il percorso è tutto all’interno della conoscenza: soffermandosi su quello che si conosce e non su quello che si vede, su quello che si sente e non su quello che l’occhio percepisce. Tanto che questo modo di procedere sposta la rappresentazione dal retinico al filosofico e tocca la stessa gamma del brutto e del deforme. Pensiamo a Cézanne, a Matisse, al Cubismo, e così via. C’è un continuum significante, che crea un collegamento possibile tra la cultura buddhista e parte della cultura occidentale, di processi e contenuti che si esprime non sempre all’interno della stessa logica del procedere e non risiede negli stessi luoghi della mente ma evidenzia un bisogno o una radice diramata, se così si vuol dire, che per Guenon rappresenterebbe la prova di una matrice primigenia comune alla tradizione esoterica di molti popoli.
Quando S.S. il Dalai Lama parla di etica del terzo millennio, si riferisce a una etica laica, quindi condivisibile da tutti gli esseri umani, religiosi praticanti e non. Allo stesso modo, nelle creazioni visive, è possibile riconoscere dei segni, dei colori che ci appartengono e sono condivisibili se non da un punto di vista strettamente culturale, per lo meno da un punto di vista umano. L’elemento formale veicola significati palesi, intenzione e progettualità, ma l’autore è sempre strumento espressivo metalinguistico: trasforma e trasporta quello che ha a disposizione dentro di sé e fuori di sé. È la visione ragionata che accoglie la possibilità che ci viene offerta, per una seppur remota, eppure non impossibile, illuminazione o per un semplice frammento di luce.

Elisabetta Bacci e Roberto Vidali
per Padiglione Tibet
progetto ideato e curato da Ruggero Maggi
Chiesa di Santa Marta, Venezia, 2015

Underwood

Nell’opera fondamentale della mitologia greca, la Teogonia di Esiodo, il Caos è la figurazione iniziale, seguita poi da Gaia (Terra) dal Tartaro e da Eros. Si dice subito dopo che dal Caos nacquero Erebo e la Notte e che dalla loro unione nacquero l’Etere e il Giorno. Il termine “Caos”, derivato da “spalancarsi”e “aprirsi”, viene qui utilizzato con l’accezione di “abisso” e “baratro”; il Caos è infatti descritto come tenebroso e ad esso è riferibile il senso di una grande voragine, quella forse che separa il cielo dalla terra. Il Caos inoltre è sempre collegabile in un rapporto di dipendenza con l’oscurità, la Notte: “Dal Caos nacquero Erebo e la nera Notte”, scrive Aristotele (…), riferimento significativo dato che l’oscurità come fonte e origine delle cose sembra essere un elemento emblematico nella mitologia primitiva; si ritrova nella cosmogonia orfica e anche in molti miti non greci.
La preminenza della Notte, dell’oscurità come origine delle cose si coglie come primo dato sensibile nella grande opera site specific di Ruggero Maggi, per la quale la frontiera tra due condizioni di luce diverse, la luce tradizionale a incandescenza che illumina vuote pareti espositive e la luce di Wood che rivela l’essenza dell’intervento pittorico, è data proprio dal buio, dell’oscuramento, senza il quale l’opera non sarebbe.
Si tratta, ovviamente, di una frontiera la cui origine risiede nel movimento, nel passaggio, nel trascorrere da una condizione ad un’altra; dall’assenza e dal silenzio dello spazio bianco che accoglie il visitatore, allo stupore di immagini, di segni, di scritture e graffiti fluorescenti, rivelati improvvisamente dal Wood. Dal superamento del confine emerge un ordine nascosto, più inquietante ma ben più coinvolgente e denso di richiami significativi, suggestioni, alterazioni. Emerge il Caos.
Proprio la scritta Caos è al centro dell’opera, è il cuore pulsante da cui segni, scritture e immagini hanno origine, concettualmente ed anche visivamente.
Per cominciare Maggi non ha scelto un segno grafico qualunque ma ha ingrandito, trascinato e fatto esplodere l’immagine di copertina del testo Caos. La nascita di una nuova scienza di James Gleick (BUR, 2000), testo guida per Maggi e per chiunque affronti oggi la teoria del Caos.
“Dove comincia il Caos si arresta la scienza classica – scrive nel prologo Gleick – Finché il mondo ha avuto fisici che investigavano le leggi della natura ha infatti sofferto di una speciale ignoranza, sul disordine presente nell’atmosfera, nel mare turbolento, nelle fluttuazioni delle popolazioni di animali e piante allo stato di natura, nelle oscillazioni di cuore e cervello. L’aspetto irregolare della natura, il suo lato discontinuo e incostante, per la scienza sono stati dei veri rompicapo o peggio mostruosità. Ma negli anni Settanta alcuni scienziati, negli Stati Uniti e in Europa, cominciarono a trovare una via per orientarsi nel disordine. Erano matematici, fisici, biologi, chimici, tutti alla ricerca di connessioni tra diversi tipi di irregolarità (…). Ora che la scienza lo sta cercando, pare che il Caos sia presente dappertutto (…)”.
La teoria del Caos dunque nasce quando la scienza classica non ha più mezzi per spiegare gli aspetti irregolari e incostanti della natura.
Se nella scienza classica il Caos era, per definizione, assenza di ordine, oggi è inteso come ordine complesso dove le regole dell’antica idea di armonia hanno lasciato il posto a sistemi dinamici, non deterministici, partecipi al tempo stesso di ordine e disordine, equilibrio e non equilibrio.
La nuova visione della natura oscilla dunque tra condizioni vincolanti e libertà tra loro dinamicamente convesse.
Tutto questo significa da un lato trovare nuove risposte agli interrogativi e allo sguardo critico sul mondo; dall’altro, nel campo specificatamente artistico, approdare a immagini e a interventi consapevoli delle prospettive aperte dalla scienza e dunque mettere in discussione, uno dopo l’altro, tutti i fondamenti del sapere e dell’arte ereditati dall’età moderna.
Metterli in discussione, non rifiutarli a priori. In questa logica si muove con lucidità Ruggero Maggi, assumendo su di sé e nella propria opera tutta la forza generatrice che il Caos aveva nell’antichità e le infinite potenzialità aperte dalla Teoria del Caos, non regola, non legge ma fulcro e forza di creazione. Ho già fatto notare che in Underwood l’attrattore è la stessa scritta Caos che esplodendo, dilaga sulle pareti, sui pilastri, sul soffitto dando luogo a forme frattali che, con un procedimento identico allo zoom, potrebbero proseguire all’infinito.
Come tutte le forme frattali, anziché perdere di riconoscibilità nel dettaglio, ingrandite, e dunque modificate, si arricchiscono di nuovi particolari e conducono la mano di Maggi (come lo sguardo dello spettatore) verso nuove e imprevedibili immagini.
Sì, perché anche l’opera di Ruggero non è pianificata e progettata tutta a priori, secondo regole e schemi. Si muove piuttosto con andamenti imprevisti secondo dinamiche nascoste, non preordinate, inseguendo i suggerimenti dettati dallo stesso lavoro. Dunque una Teoria del Caos non semplicemente enunciata ma profondamente vissuta da Maggi e, direi, anche da me stessa. Scrivere di un’opera mentre questa sta ancora affiorando con tutte le imprevedibilità del caso è infatti essere già dentro a una particolare visione del mondo, a un processo non deterministico dove il disordine diventa poi ordine.
Il lavoro è veramente a stretto contatto: partiamo da un progetto, lo modifichiamo fino a giungere ad altro. I confronti sono serrati, senza scontri ma anche senza finzioni.
Ho chiamato Ruggero Maggi a intervenire nel museo partendo dall’esposizione della prestigiosa collezione permanente dedicata alla mail art e alla poesia visiva. Maggi, si sa, è un maestro e un precursore in questo campo, come artista e come curator.
[…] Chiedo a Maggi un progetto site specific che possieda le caratteristiche della mail art, la leggerezza, l’ironia, l’uso della parola e dell’immagine fuse insieme, la capacità di trascorrere tra concezioni estetiche diverse giungendo ad una visione dinamica eppure unitaria, senza, necessariamente il supporto della cartolina e della sua spedizione.
Ed ecco Underwood, ambiente plurisensoriale, dove la luce di wood permette di andare oltre al nulla, di superare l’assenza e di scoprire l’ under wood, il sottobosco, ciò che non si vede nell’immediato ma che c’è, esiste, è ben presente. Di scoprire, insomma, tutta la storia artistica di Maggi dagli anni Settanta ad oggi, la sua ricerca linguistica e la sua poetica, articolata ma nel contempo unitaria.
Non mi riferisco, per questo specifico intervento, alla combinazione tra elementi tecnologici e elementi primari che, di norma, caratterizza la natura linguistica dell’artista.
In Underwood infatti la dialettica della materia è davvero ridotta al minimo: luce a incandescenza, luce di wood, medium pittorico fluorescente e la tridimensionalità degli stessi spazi.
Mi riferisco invece a icone centrali nell’immaginario di Maggi, qui riunite a costituire quasi una summa del suo pensiero: l’impronta stilizzata di un uomo sdraiato a terra, le ali di una farfalla; la Mucca caotica, il volto di Einstein, le figure di Alice o di una rana; la tavolozza tecnologica e poi scritte, commenti, citazioni, segni che si disperdono e si rincorrono ruotando tutti attorno alla scritta Caos.
Ogni intervento di Maggi ha le sue radici nel passato e la sua proiezione nel futuro: nel 1988 Maggi viene invitato a tenere in Giappone l’azione performativa Progetto ombra, in memoria delle vittime dell’atomica. Da quell’esperienza la sagoma di uomini e donne sdraiate a terra, piena o vuota, bidimensionale o tridimensionale, diventa un motivo ricorrente nei suoi lavori, non tanto come ripetizione di un gesto già visto quanto piuttosto come segno significante che emerge, in occasioni e lavori diversi, portando con sé tutta la propria carica evocativa. Lo stesso avviene in Underwood, dove un’intera parete accoglie la sagoma umana dentro la quale scorrono segni e parole che suggeriscono situazioni, riflessioni, pensieri attorno alla natura dell’uomo e alla teoria del Caos.
Analogamente la rappresentazione grafica di una mucca suddivisa nei suoi tagli di carne e “dedicata” a grandi uomini dell’arte, della scienza, della filosofia, non è invenzione nuova ma viene da una grande scultura tridimensionale realizzata da Maggi, la Mucca caotica, trasformata in Underwood in segno grafico e riproposta dunque quale icona di se stessa.
Senza entrare nel merito di ogni particolare e di ogni scelta iconografica organizzata nel racconto-non racconto di Underwood, ciò che conta è cogliere nell’ambiente di Maggi non una narrazione preordinata e univoca quanto piuttosto la presenza di infiniti nuclei semantici che si schiudono improvvisamente per rivelare, nella meraviglia dell’inaspettato,un mondo quasi sempre nascosto ai nostri occhi.

Emma Zanella  (direttrice Museo MAGA di Gallarate).

  • Testi critici di Pierre Restany,  Donatella Airoldi, Giosuè Allegrini, Rolando  Bellini, Sandro  Bongiani, Lara Caccia, Mauro Carrera, Giorgia Cassini, Jacqueline Ceresoli, Gio Ferri, Giulia Fresca, Matteo Galbiati, Maria Laura Gelmini, Lorella Giudici, Alexander Larrarte, Mimma Pasqua, Massimo Scaringella, Giuliana Schiavone, Roberta Semeraro, Carmelo Strano, Elisabetta Bacci e Roberto Vidali, Emma Zanella.

LE  INTERVISTE:

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INTERVISTE/ In conversazione con Ruggero Maggi
ROBERTO VIDALI
12 NOVEMBRE 2019

La vita artistica di Ruggero Maggi è stata plasmata dalla curiosità del mondo circostante. A 22 anni aprì una galleria d’arte multimediale: il Milan Art Center. La ricerca, la sperimentazione, il neon, il laser, l’olografia, l’incontro inconsapevole con la Poesia Visiva, i libri d’artista e l’incredibile mondo della Mail Art furono i suoi interessi di quegli anni.

Se penso alla tua storia vedo tre strade importanti che si intersecano nelle vesti di autore e promotore: la prima strada è senza dubbio il tuo lungo rapporto intercorso con Restany…

Conobbi Pierre negli anni ‘70. Accompagnavo un artista fiorentino amico mio che, avendo appuntamento con Restany, ma non conoscendo Milano, mi chiese di accompagnarlo all’Hotel Manzoni, residenza milanese di Pierre. Dopo una visione della documentazione portata dall’artista e incuriosito dalla mia presenza, gli dissi che ero appena tornato da un viaggio in Perù e che ero stato da poco nell’Amazzonia peruviana. Amazzonia fu la parola magica che fece scattare un immediato contatto spirituale: anche lui era un grande amante e conoscitore della Foresta amazzonica e del suo mondo. Da allora ci incontrammo numerose volte e sempre, immediato, scattava il ricordo di quell’amore comune che ci ha profondamente legato. Quando, una decina di anni fa, gli chiesi per la prima volta se avesse potuto o voluto scrivere qualcosa sul mio lavoro, non ebbe esitazioni e ne scaturì quel testo Più vero di Natura che si è rivelato fondamentale per la mia ricerca. Dopo la sua scomparsa ho pensato di rendergli omaggio con un progetto non solo a lui dedicato, ma su di lui incentrato: “Camera 312 – promemoria per Pierre” presentato anche alla Biennale di Venezia nel 2007 all’interno di uno spazio in cui le pareti furono avvolte da fluttuanti Post-it gialli e dove fu esposto anche l’arredamento originale della camera 312 dell’Hotel Manzoni in cui Pierre soggiornò per oltre trent’anni.

Il secondo punto nodale del tuo percorso artistico è incentrato sulla mail art e sulla piccola editoria d’artista…

L’Arte Postale mi accompagna dal 1975. La Mail Art non è solo un banale scambio di lettere o di cartoline, ma ha da sempre rappresentato un esplosivo esempio di deflagrante creatività. L’Arte Postale è stata ed è ancora per me una meravigliosa avventura! Nel 1975 iniziai a lavorare anche su piccoli oggetti a cui davo la forma di libri… pagine come opere d’arte, pagine che non si sfogliano e fissate nel tempo. Nello stesso periodo fondai anche un particolare archivio/biblioteca Non solo libri che raccoglie più di un migliaio di monotipi realizzati da artisti di tutto il mondo.

Infine il progetto del Padiglione Tibet, ultimo e attuale nodo della tua avventura artistica…

Padiglione Tibet è un’idea del 2010: da allora rappresenta un ponte tra culture, fra arte contemporanea occidentale e iconografia tibetana. Un progetto nato per non dimenticare una cultura millenaria che la Cina vorrebbe distruggere… per restituire al Tibet la dignità di una nazione di diritto. L’accostamento di due semplici parole: “Padiglione” e “Tibet” che, in occasione della biennale veneziana, assumono un significato particolare di identità geo-politica rendendo utopicamente il Tibet un paese autonomo. Mi piace pensare a Padiglione Tibet come a un sogno che ha lasciato il segno ma, come diceva Kubrick, i sogni non sono mai solamente sogni.

Parliamo ora della tua ricerca sulla teoria del Caos…

Ho iniziato ad interessarmi alla teoria del Caos già negli anni ‘80 e nel ‘98 creai e organizzai quello che credo si possa considerare il primo vero evento d’arte contemporanea dedicata a tale argomento: Caos italiano in simultanea con specifiche sezioni in tre gallerie milanesi. Permettimi una autocitazione tratta da Fratello frattale che scrissi per tale occasione: “Il caos va oltre la conformazione prettamente fisica della nostra vita e pervade la stessa coscienza umana, per regolare, in una successione di eventi in apparenza casuali, l’intera esistenza. La nostra stessa vita potrebbe quindi ritenersi uno schema frattale molto complesso in espansione sia a livello fisico che metafisico, sia temporale che spaziale”. Possiamo rappresentare questa evoluzione spazio-temporale come una linea-vita che si propaga su diversi livelli, su vari possibili strati esistenziali (come per esempio nel film Sliding doors), come una frattura su una lastra di vetro o in un arido terreno.

Ci racconti qualcosa sulle tue installazioni con il laser e il neon?

Ho sempre considerato la luce come elemento primario di ricerca, come reale materiale-sorgente di strutture, di schemi, di segni e linee. Nei primi anni ‘70 le prove con la luce neon che accostavo alla dura roccia delle incisioni della Val Camonica o alla fibrosa sostanza del legno, e poi il laser che sfiora e legge la rugosità dei materiali e gli studi sull’interferometria che mi portarono all’olografia con i primi film 3D realizzati nel ‘79.

E riguardo alla luce wood, peraltro usata alla GAM di Gallarate?

Nel 2006 fui invitato da Emma Zanella, direttrice dell’allora GAM di Gallarate (ora MAGA), a realizzare un’installazione site-specific che possedesse ironia, uso della parola e dell’immagine. Fu un periodo molto particolare e intenso: immerso nella penombra del museo, lavorando con il solo wood che irradiava lo spazio di una luce irreale, metafisica, mi impegnai a dipingere direttamente sulle pareti del museo con una speciale vernice fluorescente (ma trasparente alla luce normale) segni che altrimenti non sarebbero stati percepiti dall’occhio. Fu un’esperienza unica. Emma scrisse sulla presentazione del catalogo: “Ed ecco Underwood, ambiente plurisensoriale dove la luce di wood permette di andare oltre al nulla, di superare l’assenza e di scoprire l’under wood, il sottobosco, ciò che non si vede nell’immediato ma che c’è, esiste, è ben presente”.

Progetti per il 2020?

Per il 2020, oltre a progetti in fieri (per me “the art is the project”), prevedo la pubblicazione di una monografia, il restyling dei miei siti e la riorganizzazione dei miei archivi.

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La Biografia di Ruggero Maggi

Dal 1973 si occupa di poesia visiva e libri d’artista (Archivio Non Solo Libri); dal 1975 di copy art e arte postale (Archivio Amazon); dal 1976 di laser art, dal 1979 di olografia, dal 1980 di X-ray art e dal 1985 di arte caotica sia come artista – con opere ed installazioni incentrate sullo studio del caos, dell’entropia e dei sistemi frattali – sia come curatore di eventi: “Caos italiano” 1998; “Caos – Caotica Arte Ordinata Scienza” 1999 – 2000; “Isole frattali” 2003, “CaoTiCa” 2004, “Attrazione frattale” 2006, “Caos e Complessità” 2009, “Caos, l’anima del caso” 2010, “Caotica.2014” Lodi e Jesi.

Tra le installazioni olografiche: “Una foresta di pietre” (Media Art Festival – Osnabrück 1988) e “Un semplice punto esclamativo” (Mostra internazionale d’Arte Olografica alla Rocca Paolina di Perugia – 1992); tra le installazioni di laser art: “Morte caotica” e “Una lunga linea silenziosa” (1993), “Il grande libro della vita” e “Il peccatore casuale” (1994), “La nascita delle idee” (1993) esposta nel 1995 al Museo d’Arte di San Paolo (BR).

Suoi lavori sono esposti al Museo di Storia Cinese di Pechino ed alla GAM di Gallarate. Ha inoltre partecipato alla 49./52./54. Biennale di Venezia ed alla 16. Biennale d’arte contemporanea di San Paolo nel 1980.

2006 realizza “Underwood” installazione site-specific per la Galleria d’Arte Moderna di Gallarate.

2007 presenta come curatore il progetto dedicato a Pierre Restany “Camera 312 – promemoria per Pierre” alla 52. Biennale di Venezia.

2008 presenta come curatore il progetto “Profondità 45 – Michelangelo al lavoro” sul rapporto Arte -Tecnologia. Nel 2008 a Villa Glisenti (BS) ed all’Art Centre della Silpakorn University di Bangkok, per un simposio artistico italo-thailandese dedicato alle problematiche del riscaldamento globale, realizza l’installazione “Ecce ovo”.

2009 cura l’installazione site-specific collettiva “Prima o poi ogni muro cade” all’interno di PLAZA: OLTRE IL LIMITE 1989-2009 XX Anniversario della caduta del Muro di Berlino in Galleria del Corso a Milano; evento successivamente presentato a Villa Pomini a Castellanza (VA) e Spazio Luparia a Stresa.

2010 “GenerAction – un promemoria per le generazioni” progetto di Mail Post.it Art presso la Galleria di Arti Visive dell’Università del Melo – Gallarate.

2011/2013/2015/2017 presenta a Venezia con il Patrocinio del Comune di Venezia Padiglione Tibet, progetto presentato successivamente alla Biennale di Venezia, al Museo Diotti di Casalmaggiore (CR), palazzo Ducale di Genova e presso la Biblioteca Laudense di Lodi.

2014 PadiglioneTibet partecipa alla Bienal del Fin del Mundo in Argentina.

2016 “TERRA/materiaprima” progetto di Mail Art presso la Galleria di Arti Visive dell’Università del Melo – Gallarate.

2016 presenta Padiglione Tibet al Castello Visconteo di Pavia.

2017 presenta la 1 Biennale Internazionale di Mail Art a Venezia – Palazzo Zenobio

2018 Padiglione Tibet partecipa alla Vogalonga (Venezia)

2018 installazione “Erosioni in pinzimonio” – Poetry and Pottery Un’inedita avventura fra ceramica e poesia visiva – CAMeC centro arte moderna e contemporanea La Spezia

2018 installazione CaraPace – Museo Tecnico Navale – La Spezia

2019 “Onda Sonora” libro collettivo – V Biennale del Libro d’artista – Napoli

2019 ARTNIGHT Venezia – Padiglione Tibet – videoproiezione 2011.2019. Storia di un padiglione per un paese che non c’è – Magazzini del Sale, Reale Società Canottieri Bucintoro

2019 riceve il Premio alla carriera – PREMIO ARTE IN ARTI E MESTIERI 2019 – XIX EDIZIONE – Fondazione Scuola Arti e Mestieri “F. Bertazzoni” – Suzzara (MN)

2020 “#GlobalViralEmergency / Fate Presto” L’arte tra scienza, natura e tecnologia – Spazio Ophen Virtual Art Gallery – Salerno

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Link Utili:

http://www.camera312.it
http://www.padiglionetibet.com
http://www.ruggeromaggi.com (nuovo sito in costruzione)
maggiruggero@gmail.com
320.9621497

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Antologia critica aggiornata

da scaricare:   – Antologia Critica e Biografia di Ruggero Maggi.

a cura di Sandro  Bongiani Arte Contemporanea

ANTOLOGIA CRITICA DI COCO GORDON

 

ANTOLOGIA CRITICA DI COCO  GORDON

ANTOLOGIA CRITICA
CRITICAL ANTHOLOGY

 

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CRITICAL EXCERPTS

Testi in Italiano e in Inglese
Mostre personali e antologiche
Biografia in Italiano e Inglese
Mostre Collettive

Pag. 61

Viene presentata un’antologia di scritti e saggi critici  e una aggiornata biografia  aggiornata al 2020 per una lettura più chiara e corretta del messaggio estetico dell’artista  americana Coco Gordon.

It is presented an anthology of critical writing and essays to faciliate a clearer and more accurate reading of the aesthetic message of the artist Coco Gordon.

 

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ARTE E  CRITICA D’ARTE / COCO  GORDON

Antologia dei testi critici su Coco Gordon è visibile su:

 

COLLEZIONE  BONGIANI  OPHEN  ART  MUSEUM  DI  SALERNO

Sandro Bongiani Arte Contemporanea

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VISITA  LA ROOM DEL MUSEO BONGIANI ART MUSEUM   DI  COCO GORDON   A  CURA  DI  SANDRO  BONGIANI